Lo tsunami della crisi sulle imprese
A gennaio ne sono sparite 350

Pessimi risultati anche nel primo mese dell'anno, dopo un biennio da incubo per il tessuto micro-imprenditoriale. All'orizzonte però i primi segni di ripresa. Cavallini (BprM): "Tornano gli investimenti e gli ordini per le realtà più strutturate. I veri problemi sono edilizia e occupazione." Taddei (CGIL): “Tocchiamo ogni giorno con mano la disperazione. Siamo all'allarme sociale”

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(Foto d'archivio)

(Foto d’archivio)

di Marco Ricci

Se il 2014 era terminato malissimo per le imprese maceratesi, con un saldo negativo di oltre 630 aziende che aveva riportato la provincia di Macerata indietro di quindici anni  (leggi l’articolo), non è andato affatto meglio nel mese di gennaio. Dopo i primi 31 giorni dell’anno si conta infatti un’ulteriore perdita di 351 imprese, con il settore delle costruzioni e sopratutto con quello agricolo che continuano a mostrare i risultati peggiori. Gennaio è stato sempre il mese con i numeri più duri per via di scadenze contabili che rendono sfavorevole posticipare chiusure aziendali imminenti. Se a gennaio 2013 si era registrato un saldo negativo di oltre 260 imprese attive, a gennaio del 2014 il crollo era stato ancora più vistoso, con quasi 450 imprese in meno. Il 2015 si apre dunque con un risultato intermedio, segno che l’onda della crisi economica non è affatto terminata.

L'andamento del numero di imprese attive nel maceratese, nelle Marche e in Italia

L’andamento del numero di imprese attive nel maceratese, nelle Marche e in Italia

Se da un lato tutto ciò  può essere dovuto al ritardo con cui la crisi ha colpito le Marche rispetto al resto del paese, altri segnali lasciano pensare a una crisi tutta nostra, in particolare della piccola imprenditoria. Dal 2010, infatti, la provincia di Macerata ha visto la perdita di oltre il 6% delle sue imprese, un risultato peggiore di quello registrato a livello regionale (-4.5%), con la media italiana che invece ha lasciato sul campo il 3.5% di attività. Numeri che esprimono come la crisi maceratese e marchigiana non sia solo figlia della congiuntura economica, come illustra bene il grafico a fianco. Se l’Italia si attesta oggi su un numero di aziende paragonabile agli anni precedenti la crisi, le Marche e il maceratese stanno affrontando invece una caduta libera che ha portato il territorio a raggiungere numeri inferiori a quelli del 2000, cioè a oltre 15 anni fa.

Ferdinando Cavallini, direttore generale della BprM

Ferdinando Cavallini, direttore generale della BprM

E’ dunque il tessuto economico fragile e parcellizzato della micro impresa, quell’imprenditoria che per lungo tempo ha rappresentato il tessuto della Provincia,  ad essere colpito anche in un momento in cui si vedono le prime luci dell’alba. “I primi segnali di uscita dalla crisi ci sono – ci ha spiegato infatti Ferdinando Cavallini, direttore della Banca della Provincia di Macerata – e sono dovuti alle realtà più strutturate e a quelle che esportano. Il Micam non sembra essere andato male e ci sono buoni risultati dal calzaturiero. Dal nostro punto di osservazione – ha proseguito il dg – vediamo il ritorno della richiesta di credito per gli investimenti e per le attività di produzione. Anche la meccanica sta ricevendo nuovi ordini. I veri problemi, oltre alla micro-imprenditoria a cui si devono questi brutti risultati sul numero delle imprese attive, sono l’edilizia e l’occupazione. E’ difficile, con livelli di crescita che oscillano intorno allo zero, immaginare per il lavoro un’inversione di tendenza nel breve periodo. Ho paura – ha concluso Cavallini – che per l’occupazione sarà da aspettare il prossimo anno, a meno che le imprese non siano in attesa della ratifica del Jobs Act per assumere con le nuove regole.”

Daniel Taddei

Daniel Taddei

Davanti a questi numeri e in particolare davanti ai problemi occupazionali, Daniel Taddei, segretario provinciale della Cgil di Macerata, parla di una situazione da vero e proprio allarme sociale nel maceratese, nonostante il tema sembri non troppo interessare la politica e le istituzioni. “Abbiamo interi settori che sono spariti – ci ha spiegato – dal mobile alle costruzioni. Nel 2014 il numero di ore di cassa integrazione  si è impennato di quasi il 70% rispetto al 2013 e solo nei nostri uffici, nel mese di gennaio, abbiamo trattato oltre 159 pratiche tra licenziamenti e mobilità. Le politiche nazionali e locali – ha proseguito Taddei – si sono rivelate assolutamente inefficaci, con l’abbandono del territorio da parte delle associazioni di categoria e la perdita di punti di riferimento. Ogni giorno – ha concluso il segretario Cgil – tocchiamo con mano la disperazione delle famiglie. Sono gli effetti di una crisi che non è solo economica ma sociale, una crisi purtroppo avvolta nel silenzio. Siamo al limite della disgregazione sociale e nessuno sembra rendersene conto. E penso in particolare alle famiglie che non hanno una casa di proprietà o che convivono con un parente disabile. Persone che disperate si rivolgono a noi ma a cui molto spesso non sappiamo dare risposta.”



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