Nel rapporto annuale del comandante dei carabinieri Marco Di Stefano sulla criminalità in provincia ci sono buone notizie che nel pieno di una dura crisi economica non mi aspettavo. Infatti, malgrado i tagli di mezzi e di personale imposti all’Arma dalla “spending review” e malgrado l’acuirsi del disagio sociale che spesso è causa di aggressioni contro le persone e il loro patrimonio, nel 2012 e rispetto al 2011 i reati erano già scesi da 12.793 a 11.650 e nei primi quattro mesi di quest’anno c’è stato, rispetto allo stesso periodo del 2012, un ulteriore calo, da 3.546 a 3.113: molte meno rapine (13 contro 38) e furti in calo del 6 per cento.
Di notizia, però, ce n’è un’altra, e di pessimo segno: la crescente diffusione dello spaccio e del consumo di droga – “allarmante”, la definisce il colonnello Di Stefano – e in particolare la conferma stavolta ufficiale di un fenomeno (gli articoli su Cm di Giuseppe Bommarito, che fra l’altro presiede una onlus intitolata a suo figlio Nicola, vittima della droga, lo stanno presagendo da tempo) che fa rabbrividire: la penetrazione, di hashish e marijuana ma può esserci qualcosa di peggio, fra i ragazzini, o quasi bambini, di dieci-undici anni, che sono appena usciti dalle elementari. Il rapporto non fornisce dati e può anche darsi che casi di questo genere non siano numerosi. Però ci sono. E bisogna prenderne atto. Domanda: come porvi rimedio? Oltre a intensificare le indagini sullo spaccio, i carabinieri hanno effettuato incontri nelle scuole e in collaborazione con gli insegnanti sono entrati in contatto con oltre mille alunni di prima media. E iniziative simili sono in corso anche da parte di altri soggetti, istituzionali o di volontariato associativo. Tuttavia sorge spontanea una seconda domanda: basterà?
Purtroppo il problema sta a monte, riguarda le famiglie e ancor più lo stile di vita dell’intera società, caratterizzata da un individualismo che nell’affermarsi della persona del singolo si alimenta di competizione, imitazione, emulazione, esibizione. Giusto, quindi, affrontarlo e battersi con ogni possibile mezzo come in una guerra, ma si sappia che dall’altra parte c’è qualcosa che rischia di rivelarsi ben più forte degli apparati di sicurezza, del codice penale e delle misure repressive che ne conseguono, perché – ripeto – il nemico sta in un vero e proprio costume generale, in una vera e propria visione “ideologica” dell’esistenza: fare da sé, ignorare le regole, distinguersi, sentirsi diversi dagli altri, all’insegna di un liberismo non solo economico – e ne conosciamo i danni – ma anche etico.
E chi sono questi bambini che s’impasticcano? Soltanto vittime degli spacciatori? O anche vittime di troppe ore passate da soli a giocare con la playstation, a entusiasmarsi, sempre da soli, per gli eroi violenti dei cartoni animati, a sognare fughe notturne in discoteca, a maturare, dentro di sé, il disprezzo per i divieti e il desiderio di trasgredire? E, quando guardano gli spot televisivi, chi vedono scegliere, in famiglia, la marca dell’auto, la polizza contro gli infortuni, i detersivi più potenti, gli indumenti più “in” e gli alimenti più appetitosi? Bambini, bambini. In applicazione di un precoce e diseducativo protagonismo e in omaggio a una scala di valori dominata dal denaro, il che li induce ad aspettarsi dai genitori “paghette” sempre più sostanziose per non esser considerati
“inferiori” dai compagni. Una dose di hashish costa circa dieci euro: ci si può arrivare.
Lo stile di vita, appunto. E il pensiero mi corre al proibizionismo contro la fabbricazione, l’importazione e la vendita di sostante alcoliche deciso nel 1919 dal governo degli Stati Uniti nella convinzione non peregrina che la dipendenza dall’alcol fosse causa di gravi danni sociali. A mano a mano, poi, si scoprì che la proibizione non solo non frenava l’alcolismo ma fortemente ne incrementava la clandestinità moltiplicando a dismisura gli affari delle organizzazioni criminali (basti dire che al famosissimo boss Al Capone venne accertato un reddito di oltre un miliardo di dollari attuali). Così, nel 1933, il presidente Roosevelt abrogò quella legge e da allora non esiste film o telefilm americano i cui “divi” non si facciano, in ogni momento, bevute di whisky, vodka, gin. E non credo che in quella società susciti scandalo se pure gli undicenni ne mandano giù, magari di nascosto, qualche sorso. Meglio l’alcol proibito o meglio l’alcol libero? La risposta è un’altra: si faccia, tutti, un esame di coscienza sul nostro stile di vita.
Sarei dunque favorevole alla liberalizzazione delle droghe? Non mi si fraintenda. Rendendomi conto che la mia è un’utopia, mi limito a dire che se non prende campo un diverso “modus vivendi” (più responsabile, più solidale, più consapevole del futuro delle nuove generazioni, più aperto al dialogo interpersonale nelle città, nei quartieri, nelle scuole e soprattutto nelle famiglie, che non di rado sono anch’esse malate di individualismo, coi singoli componenti chiusi ciascuno in se stesso) la guerra, che certamente va fatta, rischia di risolversi in una sconfitta. C’entra anche la politica? Certo. C’entra anche l’informazione? Certo. E c’entra la modernità, che pure ha tanti aspetti positivi. Ma l’individualismo portato agli eccessi – io, io, io – può sfociare in penosissime e autodistruttive tragedie, come – caso limite – è accaduto ad Ercolano, dove un commerciante si è ucciso dandosi fuoco perché il sindaco, in applicazione di una delibera d’interesse comune, non gli concedeva uno spazio riservato per esporre la propria merce sul marciapiede davanti al negozio.
E, da ultimo, si dia una letta a “Zero zero zero”, il libro di Roberto Saviano il cui titolo si riferisce al nome che in gergo si dà alla cocaina purissima. E’ la denuncia degli stratosferici guadagni fatti col commercio della droga dalla ‘ndrangheta, dalla camorra e da altre organizzazioni criminali di matrice italiana. Un “fatturato” di vari miliardi di euro, che pone questa “industria” ai primissimi posti dell’economia nazionale. Saviano cita, fra gli altri, due casi – modesti, se vogliamo – che dimostrano la profonda e radicale capillarità dello spaccio: a Melito i carabinieri hanno scoperto un deposito di cocaina, marijuana e hashish dentro una statua di Padre Pio, e a Marano un giovane, brillante e insospettabile laureato in scienze politiche ed economiche nascondeva nel garage e nel sellino dello scooter 76 chili di cocaina, che, tagliati e venduti , gli avrebbero fruttato 15 milioni.
Le dimensioni dello spaccio, insomma, sono enormi e stanno crescendo. Ma da che cosa dipende l’offerta di un qualsiasi prodotto se non anche dalla domanda di chi intende consumarlo? Tempo fa un’indagine della Finanza nell’hinterland calzaturiero rivelò che l’offerta degli spacciatori poteva contare sulla domanda di centinaia di professionisti, negozianti, esponenti politici e piccoli e medi imprenditori. Lo stile di vita, appunto. E adesso,in tutta la provincia, dal mare ai monti, nella domanda di droga stanno entrando perfino i bambini. E questo, signori, è terribile.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Caro Liuti, gli amministratori degli enti locali stanno per rinunciare alle auto blu. Ma che c’entra, mi dirai. C’entra perché ogni auto blu ha bisogno di uno o più autisti per essere guidata. D’altronde non si possono licenziare gli autisti. Allora mandiamoli davanti alle scuole, lì dove si spaccia: un piccolo ma secondo me concreto suggerimento. Diamo anche un premio, si capisce, per chi riesce ad acciuffare gli spacciatori!
Analisi profonda e puntuale.
Complimenti !
Il VERO problema è l’ipocrisia. So di genitori che coprono i figli perché non si sappia che sono tossici. Invece di aiutarli li rovinano, ma fuori noo, non si deve sapere, non se ne deve parlare.
Nelle scuole idem. Come fanno un bidello o un insegnante a non vedere certi giri, certi comportamenti? Li vedono eccome, ma fanno finta di niente, perché sennò poi ci va di mezzo “il buon nome della scuola”… 🙁
IPOCRITI!
Grazie, Giancarlo, per il tuo intervento, che rafforza la battaglia che Cronache Maceratesi sta combattendo da tempo con coraggio, ed andando in direzione opposta alle tesi “politicamente corrette”, contro la diffusione delle droghe.
Condivido in pieno il tuo intervento. Vorrei solo aggiungere che la battaglia contro la droga, oltre ad una battaglia culturale più vasta che riguarda l’individuazione dei valori più significativi che possono dare un senso alle nostre esistenze, si può e si deve combattere su due fronti: riducendo la domanda (e qui la prevenzione, che ormai va fatta a partire dall’ultimo anno delle scuole elemantari, è fondamentale) e riducendo l’offerta (e qui l’intervento repressivo delle forze dell’ordine è altrettanto fondamentale).
Tutto sarà però inutile, o comunque darà scarsi risultati, se non emergerà in tutti i livelli della nostra società civile, politica, istituzionale, religiosa, la consapevolezza del’enorme gravità del problema, frutto di anni ed anni di complice e/o cieca sottovalutazione.
un mesetto fa sull’ennesimo articolo dell’arresto dello spacciatore di turno, leggevo commenti quasi a ridicolizzare che acciufare di qua..acciuffare di la piccoli spacciatori non serviva a nulla, e la cosa più aggiaciante era leggere la superficialità di certi commentatori,di sicuro tutti giovani, quasi a sostenere che tutto sommato fumare farsi le canne prendere pastiche non era poi cosi grave. Non centra nulla con la droga, ma sempre di ragazzini si tratta; a Matelica ieri una rissa tra adolescenti per storie di donne (cosi sembra) ragazzini dai 14-15 ai 20. Ragazzi cresciuto troppo in fretta, col mito della sigaretta a 15 anni in bocca e dall’attegiamento da grandi subito. Ieri ho visto un grupetto di ragazzini proprio cosi, età media 15-16 anni credo…con atteggiamento da spavaldi, pieni di se, sicuri di loro stessi. Piu grandi di quello che sembravano. In fondo sono solo adolescenti, ma queste nuove generazioni stanno crescendo tropo in fretta, saltando l’adolescenza, crescendo col mito del denaro, e della trasgressione ( non voglio generalizzare, ma io noto questo). noi 40-50 enni, facevamo le festicciole, ci si inamorava a 15 anni, si scherzava, si giocava, ma poi tutti a casa, a 15-16 anni a una certa ora si va a casa!!! E per fortuna non c’era internet e queste maledette tecnologie che stanno distruggendo queste nuove generazioni che ade sempio, per gioco riprendono la compagna di classe in attegiamenti osè e poi inconsavevolmente mettono su internet, magari anche ricattando la compagna ecc ecc…..insomma cavolate simili che non ci si rende conto poi della gravità del gesto compiuto. Spero che queste siano le minoranze dell’intera generazione di adolescnti, ma sul discorso specifico droga, perchè non si mettono cani antidroga davanti a ogni discoteca? o scuola? o bar? si scoprirebbero troppe cose brutte? Quante cose fiuterebbero questi cani??
Caro El Dindo, i cani bisognerebbe metterli in tanti altri luoghi: ospedali, tribunali, studi di architetti, avvocati,ingegneri………dilaga la piaga e coinvolge tutto, ma allora dov’è la crisi economica se questi consumi aumentano.
I poveri cristi che non hanno più lavoro non la comprano questa roba e sono costretti a fare spesa al discount e a risparmiare anche sul caffè.
Una buona fetta di chi è “arrivato” e guadagna bene ha questi altri tipi di problemi.
E’ l’Italia a due velocità di oggi.
Preferisco stare con quelli che arrancano e lottano ogni giorno per cercare di far quadrare i conti, ti senti vivo, e non hai bisogno di aiutini di vario genere per superare le battaglie della vita.
MMMmmmmmmmm….
Oggi farsi le canne, impasticcarsi, bere solo per il gusto di andare fuori di testa è “la moda”, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi.
Ma un paio di ceffoni a casa no???
Oppure il problema sono i genitori??
Parlarne va bene .. ma non serve , si dovrebbe fare. Forse si parla solo per moda? Mi faccio una domanda, si da sempre molta colpa ai genitori, come dai commenti scritti, ma è cosi? Non potrebbe essere anche colpa di chi segue i bambini fin dall’infanzia e mi riferisco a scuole insegnanti ecc.. che forse dicono molte cose ma fanno molto poco, tanto poche che dire cultura e quasi una vergogna. Ora fare accuse è molto facile e sciocco ed incolpare chi? Prima di tutto chi si droga sa benissimo a cosa va incontro ed è una scelta personale della sua vita, che si deve rispettare, anche se la fine della corsa della droga e la morte non solo fisica, quindi a mio avviso si dovrebbe lavorare fin da piccoli ad far capire bene cosa è realmente. Mi domando chi impone gli stili di vita, mi riferisco ai mas media tv cinema musica in fondo sono loro che fanno tutto questo, lottiamo per imparare un giovane a vivere e dall’altra parte ci insegnano a vivere in modo spregiudicato, MA PERCHÉ? Nessuno combatte il problema alla radice? Noi giriamo intorno al problema ma in realtà l’insegnamento di questi mezzi sono potenti e hanno forza basterebbe controllarli, bhhhe forse il controllo non si può fare perché tutto questo non è a caso ma un bel disegno, io credo che non entri attraverso una valigetta la droga…. Ci vorrebbe un treno merci per accontentare tutti e non solo …. Lavoriamo alla radice e non sopra, non sarà mai possibile debellare una piaga, fa comodo distruggere le coscienze soprattutto dei giovani.
Secondo me il problema esiste perchè “culturalmente” non viene sentito come problema.
Quando si manifesta è sempre e solo un problema del singolo che, sapendo che la società in cui vive (ipocrita) tenderà ad isolarlo con disprezzo, cercherà di nascondere.
La stessa società però inneggia a comportamenti pericolosi, con messaggi comunicativi eloquenti (film, telefim e video musicali dove si inneggia al bere e allo “sballo” di una sera, con la conseguenza al massimo di sentirsi rincoglioniti la mattina). Poi (e qui c’è l’ipocrisia) si parla dei danni dell’uso di alcool e droghe e delle relative dipendenze. Ma i due messaggi hanno forza completamente diversa, e il primo (decisamente più forte) batte il secondo.
Se guardiamo film e telefilm fino agli anni ’80 c’era sempre qualcuno con la sigaretta accesa. Poi c’è stata una forte campagna contro il fumo e ora c’è sempre qualcuno con il bicchiere in mano (o anche altro). E alla festa di fine scuola è “grande” solo chi si ubriaca. La mattina dopo sta male ma al pomeriggio tutto è passato e sta in forma come prima. Mai una volta che viene mostrato un problema di dipendenza e dei realtivi danni. Non si può, è scabroso e sconveniente, e bisogona tutelare i bambini (ipocriti!!!!). Ma quello che non si mostra equivale a dire, a livello comunicativo, che non c’è.
Per questo motivo credo che parlarne va bene ma non basta: bisogna demolire quella comunicazione che ogni giorno non fa altro che far passare messaggi opposti. Pretendere che venga rappresentato tutto il problema, fino alle estreme conseguenze (non deve finire bene se non si vanifica il messaggio, e deve essere la norma affinchè venga preso sul serio) nei telefilm dedicati ai ragazzi e alla famiglia, anche e soprattutto in prima serata. E non confinare la cosa in programmi dedicati, dove il messaggio che passa alla fine è solo “sì ma è un caso particolare, a me non succede”.