di Alessandro Feliziani
Le Marche fanno meglio dell’Italia complessivamente considerata, ma l’indice della produzione industriale è stato inferiore alle previsioni, con perdite occupazionali che hanno interessato tutti i principali comparti e pesanti aumenti della cassa integrazione guadagni. La perdita dei posti di lavoro nell’industria è stata parzialmente compensata solo da un aumento di occupati nei servizi. Si deve alle esportazioni, per altro nei paesi extraeuropei, se l’industria manifatturiera marchigiana, che da sola copre la quasi totalità delle esportazioni della regione, registra risultati migliori della media nazionale.
Questo il quadro dell’economia industriale nelle Marche del 2012 che emerge dall’annuale rapporto del Centro studi di Confindustria Marche elaborato – come avviene ormai ininterrottamente dal 1993 – con il supporto di Banca Marche. Dalle numerose analisi e tabelle riportate nel voluminoso dossier presentato nel corso di un incontro a Iesi (Centro direzionale Fontedamo di Banca Marche), risulta che: fatto 100 la produzione industriale nel 2005 – dopo il massimo di 105,2 nel 2007 – l’indice, che era leggermente risalito nel 2010 e 2011 dopo il picco negativo del 2009 (91,1), nel 2012 è nuovamente calato a 92,2. Si tratta comunque di quasi dieci punti in più rispetto all’indice nazionale, sceso pesantemente alla fine dello scorso ano a 82,7. In termini percentuali la flessione nelle Marche è stata del 3% rispetto l’anno precedente, risultato decisamente migliore di quello nazionale (-6,5%).
“L’industria manifatturiera marchigiana, nel 2012 – si legge nel rapporto di Confindustria – ha sperimentato il perdurare di un difficile quadro congiunturale che ha interessato in particolare il mercato interno. A determinare una situazione di marcata difficoltà, che ha colpito le imprese in maniera generalizzata tra i vari settori, hanno contribuito sia le condizioni difficili sul fronte della liquidità e del credito, sia soprattutto le previsioni sul reddito e sull’occupazione”. La contrazione della produzione ha riguardato tutti i settori manifatturieri. Il calo del 3% è pertanto la media tra il -1,1 del settore gomma e plastica e il -10% dei cosiddetti “minerali non metalliferi”, comparto che comprende l’industria del vetro, dei materiali per l’edilizia (cemento, calcestruzzo, inerti, ecc), prodotti abrasivi e simili. Tra questi due valori negativi estremi si collocano l’alimentare (-1.7), l’industria meccanica (-1,9), del mobile (-2,5), la produzione calzaturiera (-3,6), il tessile-abbigliamento (-3,7).
Siccome la produzione cresce solo se la domanda è sostenuta, vale a dire se il mercato consuma il prodotto, andiamo a vedere il comportamento dei vari comparti produttivi dal punto di vista dell’attività commerciale.
Sul mercato interno le vendite sono diminuite del 6,6% rispetto al 2011 e il calo del volume d’affari con la clientela italiana ha interessato tutti i comparti: dal 12,8% del settore minerali non metalliferi al -2,4% dell’industria della gomma e plastica. Per la meccanica il mercato nazionale si è ridotto dell’8,3%, per la calzatura del 6,8%, per il tessile-abbigliamento del 4,7%, per il mobile del 5,9.%.
Discorso diverso, per fortuna, si può fare per il mercato estero. L’industria manifatturiera marchigiana nel 2012 ha fatto registrare un valore complessivo di esportazioni superiore a dieci miliardi e 322 milioni di euro; cifra questa che rappresenta ben il 98,9% di tutto l’export regionale.
Nella media del 2012, l’attività commerciale sull’estero ha mostrato una crescita delle esportazioni del 6,6%. Un valore molto superiore alla media italiana che è stata del 3,7%.
A proposito dell’export va fatta, però, una diversificazione importante. L’incremento delle esportazioni della regione, infatti, è sostanzialmente dovuto ai mercati extraeuropei. Fuori dei confini dei 27 Paesi dell’UE l’export ha segnato a fine 2012 un +12,8%, mentre i mercati dell’Unione Europea hanno registrato un aumento dell’1,5%. Rispetto al 2011, il peso delle esportazioni extra UE è salito al 42,5% (40% nel 2011). Sensibile la differenza tra mercato UE ed extraUE per l’industria manifatturiera della provincia di Macerata che ha visto incrementi di appena lo 0,6% in Europa e del 12,1% negli altri Paesi.
Nella graduatoria dei primi 20 paesi di destinazione delle esportazioni marchigiane mantengono le prime quattro posizioni la Francia (+1,9%), la Germania (+6%), il Belgio (+6,1%) e la Russia (+15,9%). Spiccano i risultati di Albania (+64,6%), Stati Uniti (+40,3%), Emirati Arabi Uniti (+35,8%), Hong Kong (29,2%) e Cina (+21,7%).
A livello settoriale, andamenti positivi superiori alla media regionale si registrano per prodotti petroliferi (+52%), autoveicoli (+19,5%), prodotti in legno e sughero (+18,7%), prodotti alimentari (+13,8%), prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (+11,4%), macchinari ed apparecchi (+11,2%), prodotti tessili (+10,1%), articoli farmaceutici (+10%), metalli di base e prodotti in metallo (+6,4%), computer, apparecchi elettronici e ottici (+6,2%). Aumenti inferiori alla media regionale sono stati registrati da articoli d’abbigliamento (+5,8%), articoli in pelle e calzature (+4,9%), carta e prodotti in carta (+4,8%), mobili (+4,7%), sostanze e prodotti
chimici (+3,7%), articoli in gomma e materie plastiche (+0,8%).
I ricercatori di Confindustria hanno anche analizzando le esportazioni regionali in un arco temporale più ampio (dal 2004 al 2012), ed hanno notato che “il livello raggiunto nel 2012 è ancora al di sotto del picco toccato nel 2007, anno precedente la crisi e ormai di nuovo superiore al livello del biennio 2004-05. Si è ridotta al -17,1% la distanza dal valore di massimo registrato nel 2007, mentre è salito al 29% il recupero dal minimo registrato nel 2009”.
E quali sono le previsioni per l’anno in corso? Sulla base dei primi rilevamenti di questi mesi, la ricerca della Confindustria regionale – condotta da Marco Cucculelli (coordinatore), docente dell’Università Politecnica delle Marche, insieme ad Alessandro Iacopini dello stesso ateneo e a Gloria Ciarpella dell’associazione industriali – prevede per il 2013 un livello economico ancora abbastanza debole, soprattutto a causa del permanere di un’elevata incertezza della domanda interna.
Migliori, pertanto, le previsioni per le imprese di maggiore dimensione e più aperte ai mercati esteri, “per le quali – scrivono i ricercatori – le dinamiche di mercato sembrano orientate al permanere di condizioni più vivaci”. A livello di comparto, le previsioni migliori, pur se con percentuali contenute entro il 2%, riguardano la meccanica, il mobile, la plastica e la calzatura.
L’indagine affronta anche altri aspetti economici ed in particolare quello del mercato del lavoro che è la principale “spina nel fianco” in questa difficile congiuntura. Sui dati relativi all’occupazione, rinviamo ad un articolo apposito.
(Segue approfondimento sul mercato del lavoro)
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