di Alessandra Pierini
«Ringrazio prima di tutto quelli che mi sono accanto in questa mia totale difficoltà e in un periodo pesantissimo e difficile della mia vita. Io non ho per nessun motivo dato fuoco all’archivio, i fatti accaduti sono estranei a me, sia questi che gli altri che mi vengono addebitati. La mia condizione psicologica e fisica è allo stremo e mi sorreggo solo con il conforto dei familiari e con la speranza che la verità venga alla luce. Sono stato sempre affezionato al mio ufficio, per me il sostitutivo della famiglia come alcuni colleghi possono testimoniare. Per questo mi difenderò e combatterò fino all’ultimo e allo stremo insieme ai miei legali, non potendo umanamente più sopportare l’onta di tale peso». Sono queste le prime parole del dipendente comunale sul quale si sono concentrate le indagini della Procura della Repubblica di Macerata dopo il rogo che lo scorso 11 agosto ha distrutto un terzo dell’archivio dell’Urbanistica del Comune di Macerata (leggi l’articolo).
L’uomo, G. G., 59 anni, fratello di un politico maceratese, lavorava nel settore Urbanistica ma è stato poi trasferito negli uffici dell’Ambiente, “non per motivi punitivi” precisano dall’ufficio personale dell’ente, e l’ultimo giorno di lavoro aveva salutato i colleghi con una amara lettera dove non mancava una decisa nota polemica. Il pomeriggio dell’incendio, il dipendente, ancora oggi in malattia, era stato visto fuori dalla sede comunale di viale Trieste e nei giorni scorsi ha anche ricevuto un avviso di garanzia per diversi incendi d’auto scoppiati lungo viale Trieste.
Tutti elementi, questi, che oltre ad alimentare sospetti nei suoi confronti, sono stati interpretati dagli investigatori come indizi a suo carico, tanto che la sua stanza in Comune è stata sequestrata. I legali del dipendente comunale Federico Valori e Aldo Alessandrini, da parte loro, difendono il loro assistito e dichiarano che non è un piromane ma un capro espiatorio. Secondo gli avvocati, l’uomo si sarebbe recato nella sede di viale Trieste per recuperare un documento sanitario che gli è necessario e che aveva lasciato in ufficio, ma non sarebbe riuscito ad entrare. Tra l’altro non avrebbe le chiavi dell’archivio che è stato trovato aperto nè avrebbe potuto evitare di far scattare l’allarme che invece è stato trovato spento. Non reggerebbe neanche il collegamento con la denuncia per altri incendi dolosi visto che, in base alle dichiarazioni di Alessandrini e Valori, questa è stata determinata da testimonianze poco credibili.
Certo un elemento fondamentale per ricostruire l’intera vicenda è sapere da quali pratiche si è sviluppato l’incendio e se il fuoco,stranamente partito dall’alto, è stato appiccato in maniera casuale o per distruggere delle pratiche in particolare.
Intanto le indagini proseguono incessantemente e si stanno valutando tutte le ipotesi possibili per ricostruire una vicenda che ha segnato la città di Macerata.
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