Una rivista che si rivolge all’intero panorama artistico-culturale italiano ed internazionale. Si chiama “Rrose.”, è nata nel maceratese per iniziativa dell’associazione culturale per le arti visive, musicali e sceniche “Rrose Sélavy” di Tolentino e già nel suo primo numero vanta firme prestigiose. La nuova pubblicazione, un “unicum” nel panorama editoriale, è stata tenuta a battesimo con una conferenza stampa di presentazione nella sede delle Provincia, a Macerata, dall’assessore alla cultura, Massimiliano Bianchini, dal direttore editoriale Massimo De Nardo e dal disegnatore Mauro Cicarè, uno degli autori presenti nel primo numero insieme a Gillo Dorfles, Annamaria Testa, Enzo Mari, Vittorio Zincone e molti altri. “Rrose.” si occupa di creatività, dalle arti visive (pittura, scultura, installazioni, performance, fotografia, illustrazione, street art, video arte) al design (industrial design, architettura, scenografia, moda). Sono previsti cinque numeri l’anno (48 pagine, più copertina), di cui quattro ad uscita bimestrale ed uno trimestrale. La tiratura è di 2.500 copie per i numeri bimestrali e di 5.000 copie per il trimestrale. Il direttore responsabile è Alessandro Feliziani; la redazione si avvale del coordinamento editoriale di Chiara Gabrielli e l’impaginazione – anch’essa ovviamente espressione di creatività – è curata da Paolo Rinaldi. La rivista (formato chiuso 23×27) è stampata dalla Tipografia S.Giuseppe di Pollenza in quadricromia, su carta Fabriano da140 g. Nella copertina del primo numero figura un’opera dell’artista Bruno Ceccobelli. Altra particolarità di “Rrose.” è il prezzo: zero euro. La rivista, infatti, è gratuita è viene inviata a: librerie, gallerie d’arte, università, associazioni culturali, negozi, assessorati alla cultura-turismo-commercio (Comune, Provincia, Regione), giornali, radio, televisioni, singoli cittadini, destinatari indicati dagli inserzionisti. L’assessore provinciale Bianchini ha sottolineato con estremo favore la nascita di questa rivista che “con il suo apporto culturale di altissimo livello può dare alla creatività uno spazio che molto spesso è difficile trovare”. “Rrose.” verrà fatta conoscere – ha annunciato il direttore editoriale De Nardo – anche attraverso il sito internet (www.rroseselavy.org) e lo spazio facebook dell’associazione Rrose Sélavy. Sono previste iniziative culturali (e la presenza della redazione in specifiche manifestazioni) nelle quali far conoscere la rivista al pubblico.
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A spiegare l’origine del nome “Rrose.”, con doppia erre iniziale e il punto finale, è stato Massimo De Nardo. “Rrose Sélavy è il nome con il quale Marcel Duchamp, forse il più innovatore fra gli artisti del Novecento, definito il “padre” del dadaismo, firmò alcune sue opere (ready-made). Nel 1924 Man Ray lo fotografò vestito con abiti femminili: “Rrose Sélavy alias Marcel Duchamp” scrisse Man Ray sulla foto. Questo celebre ritratto è oggi conservato al Philadelphia Museum of Art. Molti titoli delle opere di Duchamp nascono da giochi di parole. Rrose Sélavy si legge come Eros c’est la vie. È lo stesso Duchamp a raccontarlo al giornalista e critico d’arte Pierre Cabanne: «Volevo cambiare la mia identità e dapprima ebbi l’idea di prendere un nome ebraico. Io ero cattolico e questo passaggio di religione significava già un cambiamento. Ma non trovai nessun nome ebraico che mi piacesse, o che colpisse la mia immaginazione, e improvvisamente ebbi l’idea: perché non cambiare di sesso? Da qui viene il nome di Rrose Sélavy. Oggi suona abbastanza bene, perché anche i nomi cambiano col tempo, ma nel 1920 era un nome sciocco. La doppia “R” ha a che fare con il quadro di Picabia Oeil Cacodylate esposto nel cabaret “Le Boeuf sur le Toit” e che Picabia chiedeva a tutti gli amici di firmare. Credo di aver scritto “Pi Qu’habilla Rrose Sélavy”».
“La frase che Duchamp scrisse sul quadro di Picabia – precisa il direttore editoriale di Rrose. – suona foneticamente come Picabia l’arrose c’est la vie. Si aggiunge quindi a Eros c’est la vie l’espressione Arroser la vie, cioè “berci sopra, fare un brindisi alla vita”. Anche questa – sottolinea De Nardo – è creatività. Sottile ironia, che manda in frantumi la banalità del linguaggio, nella vita, nell’arte. Per questo ci piace un bel po’.
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