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Parte la corsa all’oro nero
Il mare di Civitanova a rischio trivelle

Lungo la costa maceratese, dove già si trovano le piattaforme Sarago Mare 1 e A potrebbe intensificarsi l'attività estrattiva.

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Mappa_Petrolio_Italia_Legambiente.0000000643-219x300   di Alessandra Pierini
La corsa all’oro nero riguarda anche la costa maceratese. Il nostro mare sembra essere ricco di petrolio e questo non può che attirare l’attenzione delle compagnie petrolifere le quali,  passato lo shock per la tragedia del Golfo del Messico dove lo scorso anno una piattaforma esplose riversando in mare 780 milioni di litri di greggio, tornano alla carica  nei mari italiani e non risparmiano neanche la costa maceratese. Stando infatti a quanto riportato da Legambiente nel dossier “Un mare di trivelle”, curato da Giorgio Zampetti, Stefano Ciafani e Angelo Di Matteo, tra le aree marine a rischio di future trivellazioni c’è anche quella di Civitanova Marche per una superficie di 567 chilometri quadri.
Civitanova non è un’area nuova  per l’attività estrattiva: se nei mari italiani oggi operano 9 piattaforme per un totale di 76 pozzi, da cui si estrae olio greggio, due di queste sono localizzate di fronte la costa civitanovese. Si tratta  di Sarago Mare 1 e Sarago Mare A, due piattaforme per l’estrazione di idrocarburi. Sarago Mare 1 si trova a 4 chilometri dalla costa, è alta 10 metri rispetto al livello del mare e profonda 12. Sarago Mare A si trova a 3 chilometri dalla costa ed  è alta 30 metri sul livello del mare. E’ l’Edison l’operatore che le gestisce. Nel 2009, complessivamente, hanno prodotto più di 108 mila tonnellate di greggio e ben 98 mila nel 2010.

SARAGO-MARE-ASecondo il dossier di Legambiente, pubblicato all’inizio del mese di agosto sono 117 le nuove trivelle che minacciano il mare e il territorio italiano, grazie ai permessi di ricerca di idrocarburi rilasciati  fino ad oggi. Tra questi c’è anche quello rilasciato all’Eni per un’area di ricerca di 429 chilometri quadri proprio di fronte la costa marchigiana, tra Ancona e appunto Civitanova Marche.  Tra le altre aree a rischio anche il mare delle isole Egadi in Sicilia e le Tremiti, in Puglia.  «Sono 25 i permessi di ricerca rilasciati al 31 maggio – si legge nel documento –  per trovare idrocarburi sui fondali marini, per quasi 12mila kmq a mare, pari a una superficie di poco inferiore alla regione Campania: 12 riguardano il  canale di Sicilia, 7 l’Adriatico settentrionale, 3 il mare tra Marche e Abruzzo, 2 in Puglia e 1 in Sardegna. Le aree di mare oggetto di richiesta (istanze) di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di Taranto, e 1 nell’Adriatico settentrionale». Questo vuol dire che in futuro la situazione potrebbe anche peggiorare nel caso in cui nuove autorizzazioni dovessero essere accordate.

SARAGO-MARE-1-225x300Sempre nel dossier di Legambiente si legge: «La forsennata ricerca al petrolio nostrano che vede in corsa soprattutto le compagnie straniere – che hanno presentato il 90% delle istanze di ricerca – che hanno trovato nell’Italia il nuovo Eldorado, viste le condizioni molto vantaggiose per cercare ed estrarre idrocarburi, come sostengono le società stesse. Ma il gioco, come ripetiamo da anni, non vale la candela: secondo il Ministero dello Sviluppo economico le riserve stimate sono 187 milioni di tonnellate (di cui 11 a mare), che agli attuali tassi di consumo – che nel 2010 ammontavano a 73,2 milioni di tonnellate – verrebbero consumate in soli 30 mesi, cioè in 2 anni e mezzo. La ripresa delle trivellazioni non ha senso neanche sotto il punto di vista occupazionale. Stando alle stime di Assomineraria si prevedono infatti 100 miliardi di euro di risparmio nelle importazioni di greggio, spalmati su 25 anni, e la creazione di 34mila posti di lavoro. Molto più rilevante sarebbe invece il vantaggio che il nostro paese potrebbe ottenere indirizzando gli investimenti in campo energetico non sui settori tradizionali e sulle fonti fossili ma sull’efficienza e sullo sviluppo delle energie rinnovabili».



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