Nell’ambito delle iniziative di “Sferisterio Cultura” si terrà domani (venerdì 29 luglio) alle ore 18 nel cortile di Palazzo Buonaccorsi un incontro nel corso del quale verrà ricordato “Luciano Pavarotti allo Sferisterio con una testimone d’eccezione”. Interverrà infatti con Stefano Gottin di Banca Marche nonchè appassionato melomane anche la prima moglie del celebre tenore Adua Veroni che tenterà di ricostruire e ripercorrere il questo rapporto alternandosi con gli intermezzi musicali della banda Salvadei Brass.
Intanto stamattina Mina Gregori, la più importante critica d’arte italiana, è interventuta agli aperitivi culturali. “Sono partita dalla Callas perché sono una sua grande ammiratrice, una donna che ha espresso cantando la sua forza drammatica”. Mina Gregori ha parlato della gestualità barocca e del celebre soprano, risultato di un lavoro che, ha affermato la Gregori, “nasce da uno studio sul Seicento fiorentino, uno studio di ambiente compiuto però a ritroso partendo appunto dalla bravissima cantante”.
Sempre di arte, ma declinata secondo altre discipline, si parlerà domani agli Aperitivi culturali che si faranno in due. Infatti, oltre all’appuntamento delle 18 al Buonaccorsi, si terrà il consueto incontro mattutino delle 12 agli Antichi forni, che sarà dedicato all’opera illustrata “La storia di Rigoletto”, curata e scritto da Carlo Scheggia e illustrata da Cecilia Tamburini. Al tavolo dei relatori anche la professoressa Paola Nicolini, docente di psicologia dello sviluppo all’Università di Macerata, ed Eleonora Sarti, presidente dell’associazione La Fabbrica delle Favole, realtà consolidata a livello nazionale, punto di riferimento nell’editoria per ragazzi.
Il libro illustrato fa parte di un progetto promosso dal Gruppo Esserci comunicazione, patrocinato dall’associazione Sferisterio e dal Comune di Macerata, che punta a promuovere l’opera verso i più piccoli, con un linguaggio a loro congeniale, e parte dal presupposto che si può parlare di tutto ai bambini, la cosa importante è come si racconta. Indispensabile, in questa azione, la collaborazione di chi si occupa di editoria per ragazzi e di chi, come le professoressa Nicolini studia lo sviluppo e l’evoluzione del comportamento umano. Il testo, fedele al libretto originale di Rigoletto, è stato editato da Simple edizioni e ha la prefazione di Enrico Girardi, penna del Corriere della Sera e considerato uno dei più noti critici di opera lirica a livello italiano. Proprio in questo periodo, le tavole illustrate, che fanno parte del libro, sono in mostra per tutta la durata della stagione lirica al ristorante Kitchen’n’art, in centro storico a Macerata.
Per quanto riguarda invece Pavarotti l’associazione Sferisterio cultura con l’appuntamento di domani sera vuole rendere omaggio al grande artista italiano che ebbe un forte legame con lo l’arena maceratese. Pavarotti, infatti, la prima volta che venne in città fu nel 1971, nel pieno della sua carriera. Fu scritturato per la Lucia di Lammermoor, anche se, dopo tutto il periodo delle prove, dovette rinunciare all’esibizione. Tornò tre anni più tardi, quando si esibì in un Rigoletto rimasto celebre negli anni per il grande successo riscontrato. Nel 1975 ripeté il bagno di folla con Il ballo in maschera.
Ballo in maschera (leggi l’articolo) che torna in scena domani (venerdì 29 luglio) alle ore 21. L’opera che ha inaugurato la 47° edizione dello Sferisterio Opera Festival (replica 5 agosto) con la direzione di Daniele Callegari, regia scene e costumi di Pier Luigi Pizzi, il disegno luci di Sergio Rossi. Interpreti: Stefano Secco (Riccardo), Marco Di Felice (Renato), Viktoriia Chenska (Amelia), Elisabetta Fiorillo (Ulrica), Gladys Rossi (Oscar), Alessandro Battiato (Silvano), Dario Russo (Samuel), Antonio Barbagallo (Tom), Raoul D’Eramo (un giudice), Enrico Cossutta (un servo d’Amelia).
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COSì MACERATA SI INNAMORO’ DI BIG LUCIANO
(Articolo uscito su Cronache Maceratesi il 26 giugno 2010)
di Mario Battistini
Allo Sferisterio Luciano Pavarotti è stato protagonista di tre stagioni liriche memorabili. Erano gli Anni Settanta e a Macerata si erano già esibite, a partire dal 1967, alcune delle più acclamate <ugole d’oro> del tempo: Mario Del Monaco, Antonietta Stella, Tito Gobbi, Giuseppe Di Stefano, Cornel Mc Neil, Carlo Bergonzi, Birgit Nilsson e Franco Corelli. Dopo di loro, di anno in anno, sono calate in città altre <stelle> del melodramma internazionale. Qualche nome? Marilyn Horne, Renato Bruson, Sesto Bruscantini, Montserrat Caballé, Piero Cappuccilli, Alfredo Kraus, José Carreras, Placido Domingo. E, appunto, Luciano Pavarotti. Il fior fiore della lirica mondiale. <Macerata ha un passo spedito e può inserirsi con pieno merito nel ristretto novero dei teatri musicali più apprezzati dal pubblico>, scriveva allora Duilio Courir sul <Corriere>.
Luciano Pavarotti fu scritturato la prima volta nel 1971 per <Lucia di Lammermoor> insieme con Renata Scotto (e scusate se è poco…). Le prove vanno avanti per giorni e giorni in un clima di autentico entusiasmo in città. Ma la <generale>, per via della pioggia, viene spostata al <Lauro Rossi>. Pavarotti è in forma smagliante e manda in visibilio orchestrali e spettatori che a centinaia sono accalcati in platea e nei palchi. <Sarà un grande spettacolo, una Lucia storica>, commenta il direttore artistico Carlo Perucci. Ma il giorno della <prima> allo Sferisterio arriva la brutta sorpresa. A mezzogiorno Luciano Pavarotti comunica che non potrà cantare perché colpito da improvvisa laringite.
Fra gli addetti ai lavori dilaga lo sconcerto. Che si fa? Non si sa dove sbattere la testa. Qualcuno ricorda che è presente in città Franco Corelli, impegnato in quei giorni nel cast di <Bohème>. Perucci si rivolge a lui e lo prega di sostituire Pavarotti. Corelli non dice di no, ma è disposto a coprire solo il primo atto di <Lucia> per evitare il rinvio dell’opera, poi si pensasse a qualche altro sostituto. E’ una soluzione che non piace. Perucci si mette allora al telefono per cercare cantanti disponibili e alla fine scova a Napoli il tenore Carlo Bini, il quale, appena rientrato da una gita a Capri, accetta e si mette subito al volante di una Bmw, arrivando in tempo a Macerata per l’inizio dell’opera. Ma quando lo speaker, alle 21 esatte, annuncia al pubblico che Pavarotti e non può cantare, scoppia il finimondo. <Vergogna>, <Ridateci i soldi> gridano gli spettatori arrivati da ogni parte d’Italia. Fioccano fischi e insulti per una buona mezz’ora. Quando gli animi si placano lo spettacolo prende il via senza ulteriori sussulti e arriva al termine addirittura fra gli applausi. Il tenore Carlo Bini ha funzionato meglio del previsto, ma al suo fianco Renata Scotto ha fatto mirabilie, firmando una esibizione di inarrivabile belcantismo, che strappa applausi interminabili e da stadio nella celebre aria della <pazzia>.
Luciano Pavarotti si fa perdonare per il forfait del ’71 e torna allo Sferisterio nel 1974 per <Rigoletto>. Con lui, altro protagonista dell’opera è l’americano Sherrill Milnes, baritono di rara bellezza e potenza vocale. Alle prove, una sera, Pavarotti stecca l’acuto finale de <La donna è mobile> e i molti spettatori presenti si mettono le mani sui capelli, ricordando i fatti di <Lucia> di tre anni prima. <Oddio, qui finisce male anche stavolta>. Ma è lo stesso Pavarotti che tranquillizza tutti. <Niente paura, ho solo scherzato, sto benissimo>, assicura il tenore rivolto alla platea. Proprio vero, le recite ufficiali saranno addirittura trionfali, tanto che i famosi loggionisti di Parma, terribili censori dei tenori, fanno confezionare gagliardetti e bandierine con la scritta <Sferisterio 1974 – Un Rigoletto da ricordare>.
L’anno dopo (1975) Luciano Pavarotti torna a Macerata per il <Ballo in maschera>, l’opera verdiana che forse il grande tenore di Modena ha amato più delle altre. Il successo, anche stavolta, è enorme e in teatro c’è un tifo da Coppa dei campioni. Al termine di quella stagione lirica Pavarotti si lasciò andare ad alcune considerazioni: <Lo Sferisterio è qualcosa di meraviglioso. Non esiste al mondo un teatro all’aperto dotato di palchi e con una acustica così perfetta. E vi consiglio di non chiamare arena questo luogo. L’arena è uno spazio dispersivo, lo Sferisterio è un vero teatro>.
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