di Gabor Bonifazi
Capitò di trovare sul banco di un mercatino di paese un santino commemorativo dove è riportato un breve curriculum di P. Sigismondo Damiani, un frate guardiano di S. Liberato (Sarnano/ San Ginesio) che sembra uscito dalle pagine de “Il nome della Rosa”. Il martirio è ricordato anche con una lapide apposta nel portico del convento: infatti il fraticello originario di Ripatransone venne ucciso il 9 maggio 1944 da alcuni partigiani slavi che lo avevano accusato di collaborazionismo. Questo avvenimento precede la liberazione di Macerata avvenuta il 30 giugno, che in realtà fu dovuta ad un ripiegamento dei tedeschi. Riteniamo giusto, alla fine dei soliti riti triti e ritriti e dei miti demandati ad una retorica autocelebrativa, ricordare un martire per contribuire così a scrivere una pagina di storia dimenticata. Ecco il necrologio, scritto da una mano pietosa nel verso del santino, in memoria del francescano trucidato dopo un processo sommario:
Riscattò dal demanio lo storico convento di S. Liberato con cinque ettari di bosco, impegnandosi a pagarlo col proprio lavoro e risparmi.
Fece la strada camionabile dal Vallato a S. Liberato colle sue braccia, aiutato dai devoti del Santo.
Costruì l’artistico pavimento della chiesa di S. Liberato, con le pietruzze variopinte, cercate sulla montagna e levigate a pietra pomice, con le sue proprie mani.
Restaurò il convento e la chiesa di S. Liberato, facendo egli stesso da muratore, acquistando attrezzature e materiali da costruzione con le libere offerte dei suoi parenti e devoti del Santo.
Molte altre opere aveva in animo di compiere per valorizzare l’eremo di S. Liberato, pur conservando lo stile naturale e francescano del luogo.
Ma soprattutto il pensiero di P. Sigismondo fu quello di valorizzare spiritualmente e misticamente il Santuario di S. Liberato: e il popolo vi accorreva soprattutto per ritemprare lo spirito!
Infine è bene ricordare che il P. Sigismondo Damiani fu tenente cappellano degli Alpini, in prima linea, nella prima guerra mondiale 1915 – 1918.
Nel 1949 la Corte di Appello del Tribunale di Macerata processò tre partigiani della banda di Piobbico del comandante Janko indicati come autori dell’omicidio: Luka Popovich, Rade Radovich e Luigi Cuccui. Gli slavi ritornarono a casa, il Cuccui ritornò in carcere per precedenti reati.
Narrano gli autori di “Sarnano 1944” che “l’11 marzo 1954, la Corte di Assisse di Appello di Ancona conclude con una condanna il processo penale contro il sardo Luigi Cuccui e lo slavo Luka Popovich, colpevoli di aver causato, in concorso fra loro mediante colpi di arma da fuoco, la morte di Padre Sigismondo Damiani…”.
Quindi, al di là delle nostre modeste opinioni, la storia va lasciata agli storici e non ad un approssimativo fascismo e antifascismo, che continua a contrabbandare una guerra civile in generiche fazioni contrapposte: partigiani e nazifascisti, che si scontrano quasi come fossero cow-boy e indiani in un film di guerra americano.
Un’ultima considerazione: come mai c’erano tanti slavi sulle nostre montagne?
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La risposta sugli slavi sulle nostre montagne all’epoca dei partigiani è semplice erano prigionieri di guerra usciti (“evasi”) dai campi di concentramento della zona.
Che fu Guerra Civile, anche se la stragrande maggioranza della popolazione stremata restava alla finestra in attesa della fine, credo che sia fuor di dubbo.
Lo stesso accadde in Francia, in Jugoslavia, in Belgio, in Cecoslovacchia.
Però non si può certo contrabbandare una contrapposizione, tra chi liberava e chi voleva tenerci in catene, come fosse lo stesso.
I fascisti ed i repubblichini di Salò erano alleati dei nazisti, non i partigiani.
Nel 2008 ci hanno provato in Parlamento a far passare una legge (fortunatamente poi ritirata) in cui si cercava di riscrivere la Storia e si metteva sullo stesso piano coloro che morirono per ridare all’Italia la Libertà e coloro che invece questa Libertà volevano negarla.
Che poi in un clima di guerra ci siano stati processi sommari, uccisioni facili, condanne a morte date con leggerezza è indubbio.
Ma è anche vero che qui in Italia, solo pochi anni dopo la fine della Guerra, si fece di tutto per far finta che nulla fosse accaduto.
In Francia epurarono 10.000 persone che collaborarono con i nazisti…. In Italia gli epurati (pochissimo tra l’altro se paragonati alle altre nazioni dove vi era stata collaborazione con i nazisti) dopo pochissimo tempo tornarono ai loro posti (anche cdi incarichi importanti come Prefetti e Questori) come se nulla fosse accaduto.
mi stupisco sempre di come un giornale online che dovrebbe garantire un’informazione libera ed in qualche modo “imparziale” come Cronache Maceratesi possa dare spazio a personaggi che si permettono di mettere sullo stesso piano fascisti e partigiani, che ridisegnano la storia a loro (pericoloso) piacere, che senza vergogna dichiarano che “tra di noi ci si definiva in maniera meno retorica con un saluto romano e con un semplice: CAMERATA!” (dal commento di Gabor Bonifazi sull’articolo dedicato a Crucianelli).
Provo tristezza e vergogna a leggere queste cose
Gentile Palazzini,
non mi sembra di aver messo sullo stesso piano fascisti / partigiani bensì la vulgata schematizzazione partigiani/ nazifascisti! Infatti nel nostro territorio operarono formazioni partigiane che presero i nomi dei luoghi (Piobbico, Serrapetrona, Chigiano, la Nicolò del mitico Ten. Augusto Pantanetti ma anche del Cln come la Nembo, il II Corpo d’armata polacco comandato dal gen. Anders e altri reparti di altre nazioni. Tra nazifascismi annoveriamo il Battaglione M “IX Settembre”, la GNR e un reparto di Alpinjäger.
Certo che chi si riempie la bocca di libertà di stampa non dovrebbe censurare le opinioni altrui. Infine non ho nulla di cui vergognarmi! A 17 anni mi iscrissi alla Giovane Italia, l’organizzazione del Movimento sociale. Fu la mia e ultima tessera di partito. Correva l’anno 1966.
Certo di aver fatto chiarezza chiudo con il primo messaggio (15 maggio 2006) da Presidentedella Repubblica di Giorgio Napolitano: “Ci si può ormai ritrovare, superando vecchie laceranti di visioni, nel riconoscimento del significato e del decisivo apporto della Resistenza, pur senza ignorare zone d’ombra, eccessi e aberrazioni.”
La schematizzazione è necessaria in quanto è più facile da capire, anche perchè negli ultimi 40 anni si è cercato in tutti i modi di riabilitare chi, dopo l’8 settembre 1943, è sceso in campo con gli aguzzini nazisti.
Quindi epr farla estremamente semplice, affinchè tutti possano capire senza alcuna possibilità di fraintendimento, da una parte c’era chi ha combattutto per liberare l’Italia (tra cui anche le formazioni partigiane), dall’altra parte c’era chi voleva tenerla ancora in catene (tra cui le formazioni fasciste).