«Essere donna l’ho sempre considerato un fatto positivo, una sfida gioiosa e aggressiva. Qualcuno dice che le donne sono inferiori agli uomini, che non possono fare questo e quello. […]; Che cosa c’è da invidiare agli uomini? Tutto quello che fanno, lo posso fare anch’io. E in più, so fare anche un figlio».
Joyce Lussu, Padre, Padrone, Padreterno. Breve storia di schiave e matrone, villane e castellane, streghe e mercantesse, proletarie e padrone, Mazzotta, Milano, 1976.
Joyce Lussu è una donna, nonostante il nome possa confondere. Di marchigiano ha poco, a dire il vero, sono i suoi genitori infatti ad essere nati nelle nostre terre ma sarà il suo modo di fare che tanto si avvicina a quello dei marchigiani concreti, fermi nelle loro idee e dalla grande coerenza o sarà quella Margareth Collier, sua nonna che in “La nostra casa dell’Adriatico” ha così ben descritto i marchigiani, pur con spirito molto critico e sottolineandone impietosamente i difetti o sarà ancora l’appellativo di “Sibilla del Novecento” che la accomuna a una figura tipica delle nostre montagne, qualunque cosa sia comunque la sentiamo particolarmente vicina e legata ai nostri luoghi.Joyce Salvadori Lussu è nata a Firenze nel maggio del 1912, con origini familiari anglo-marchigiane e proprio nelle Marche è vissuta per molti anni prima di trasferirsi a Roma a Casa di suo figlio Giovanni. La madre Giacinta Galletti, con padre romano e madre inglese, aveva sposato Guglielmo Salvadori, professore dell’Università di Firenze, studioso di filosofia e traduttore del filosofo positivista Herbert Spencer. Attivi antifascisti, i suoi genitori furono costretti nel 1924 ad allontanarsi da Firenze, dopo aver subito una brutale aggressione e un pestaggio. Si spostarono in molte città italiane ma poi decisero di intraprendere, con i due figli, la strada dell’esilio in Svizzera. Qui Joyce e suo fratello Max vivono un’adolescenza libera, ricevendo un’educazione cosmopolita ed anticonformista. Studia filosofia ad Heidelberg e si laurea prima in lettere alla Sorbona, poi in Filosofia a Lisbona. Dal 1933 al 1938, dopo l’avvento del nazismo, intraprende rischiosi viaggi in Africa, e comincia a comporre le sue prime raccolte di poesia, apprezzate anche sulla ‘Critica’ di Benedetto Croce. Tornata a Parigi nel 1938, Joyce Salvadori va a Ginevra per incontrare clandestinamente ‘Mr. Mill’ – nome partigiano di Emilio Lussu, fondatore del Movimento di Giustizia e Libertà e del Partito Sardo d’Azione. A lui Joyce doveva consegnare i messaggi segreti che gli avevano spedito i confinati di Ponza. Joyce aveva 26 anni ed era bellissima. L’amore tra i due fu immediato e le loro vite rimasero unite in un tenero rapporto coniugale di forte intesa intellettuale e politica. Promotrice dell’Unione Donne Italiane, milita per qualche tempo nel Partito Socialista Italiano e nel 1948 fa parte della direzione nazionale del partito; preferirà, tuttavia, tornare ad occuparsi di attività culturali e politiche autonome, insofferente di vincoli e condizionamenti d’apparato. A Joyce Lussu è stata consegnata la medaglia d’argento della Resistenza come staffetta partigiana. Ma la sua battaglia politica è continuata durante tutto il secolo sul terreno della scrittura, impegnandosi per la conquista dei diritti civili nelle culture più emarginate, come quella del popolo Curdo. Di questo popolo in particolare, ha rivelato il dramma, non solo affiancando la lotta del movimento di liberazione, ma anche attraverso l’opera di traduzione da lei fatta nel 1964 del più grande poeta turco: Nazim Hikmèt, diffondendone la fama in Italia ed all’estero. L’intenso lavoro di traduttrice della poesia di avanguardia in Africa ed in Asia è durato oltre un decennio, con ripetuti viaggi in molti paesi anche lontanissimi che l’hanno relazionata in amicizia con diversi personaggi importanti della cultura e della politica internazionale. Ma Joyce Lussu si è adoperata soprattutto a comunicare con il mondo giovanile perché conoscesse la storia che lo ha preceduto. Lei sapeva – e lo ripeteva spesso – che solo una vera consapevolezza educa alla responsabilità morale per orientare le scelte politiche più opportune e giuste per il futuro. E’ morta a Roma il 4 novembre 1998, all’età di 86 anni, lasciando oltre 20 opere scritte sui temi che più l’hanno coinvolta e interessata alla vita.
Joyce Lussu è una donna che ha creduto fermamente nella femminilità come ricchezza e ha utilizzato le sue doti e potenzialità per lasciare una traccia positiva e incancellabile del suo passaggio nel mondo. Una figura che dà coraggio a quante, oggi, si trovano a lottare a volte per motivi più futili o in situazioni di particolare disagio, coraggio di imporsi e di lottare per ottener che qualcosa cambi.
In questi ultimi anni, dopo la morte di Joyce (1998), alcuni piccoli gruppi di donne stanno cercando di non disperdere il suo impegno civile e umano, approfondendo i molti testi che ci ha lasciato e studiando la sua straordinaria biografia. Joyce Lussu è stata sicuramente una delle donne più importanti del nostro Novecento, ma paga lo scotto della sua femminilità e forse anche di un marito eccellente: per questo una pesante rimozione l’ha praticamente cancellata sia dai libri di storia che da quelli di storia della letteratura. Come se non bastasse i suoi testi meravigliosi e attualissimi non vengono ristampati e sono ormai introvabili.
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