Paolo VI alla chiesa di San Paolo
dove sarebbe stato Wojtyla

Il Beato fu a Macerata per cinque giorni, dal 6 al 10 settembre 1933, quale componente della commissione pontificia inviata per il Congresso regionale eucaristico. Una lapide ed una foto testimoniano nella chiesa quella presenza

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La chiesa di San Paolo in piazza della Libertà

La chiesa di San Paolo in piazza della Libertà

di Maurizio Verdenelli

La foto è bradisismica. Nel senso che appare e scompare a periodi alterni ben determinati dell’anno. Ed è preziosa documentando un personaggio ed un periodo di grandissima rilevanza storica. Scompare ed appare, dicevamo, la foto insieme con i paramenti sacri allorché la chiesa di San Paolo viene periodicamente riconsegnata dall’Università degli Studi, che la utilizza come auditorium ed aula, alla Curia (in particolare alla Confraternita del Santo Sepolcro) in occasione del Venerdì Santo, e al Comune sopratutto nel periodo estivo quando diventa sede di mostre e rassegne d’arte in contemporanea con la stagione lirica. La foto, in bianco e nero, ben incorniciata e perfettamente conservata, ritrae il futuro Beato Paolo VI alla San Paolo. Sì,  è stata scattata proprio nella storica chiesa del ‘600 in piazza di Libertà, proprietà di Diocesi e Comune. Nel grande santuario realizzato dai Barnabiti su progetto del milanese Ambrogio Mazenta, non ancora ridotto a deposito (durante la guerra) e gli uffici sacri non erano ad intermittenza, il fotografo -Carlo Balelli?, molto probabilmente- ha ritratto con altri prelati maceratesi e marchigiani colui che sarebbe diventato papa Paolo VI e da domenica scorsa, Beato con una solenne concelebrazione da parte dei due pontefici: Francesco e Benedetto XVI. Correva l’anno 1933… e parliamo dell’allora monsignor Giovanni Battista Montini che soltanto da pochissimo aveva lasciato l’incarico, amatissimo, di Assistente ecclesiastico della Federazione Universitaria dei Cattolici italiani (FUCI) che aveva detenuto sin dall’inizio degli anni ’20. Il papa Pio XI -salito a soglio pontificio battendo la concorrenza del cardinale maceratese Pietro Gasparri- lo aveva inviato a Macerata quale membro della commissione pontificia in occasione del Congresso eucaristico regionale che si era tenuto del capoluogo per cinque lunghi giorni, dal 6 al 10 settembre: esattamente 81 anni fa. Mons. Montini, al pari degli altri componenti della Commissione inviata da Roma, aveva alloggiato nel seminario vescovile, mangiando alla mensa del grande edificio di via Cincinelli.

lapide paolo vi

 

La foto, di gruppo a conclusione del Congresso, ritrae monsignor Montini con gli altri prelati maceratesi e marchigiani proprio sul grande altare della San Paolo; un cerchietto intorno al viso lo indica. Una lapide, all’altezza dell’ingresso che collega la chiesa/auditorium alla sede centrale dell’Università , ricorda l’evento: a collocarla, il 24 marzo 1968, la Diocesi e il Comune di Macerata. Sotto la lapide la foto, ‘testimoniata’ da un robusto chiodo e dall’impronta appena più chiara del resto del muro. Foto  puntualmente rimossa da qualche settimana in coincidenza con il ritorno degli studenti. Nell’immagine il volto del futuro papa e Beato, dietro alla sua leggendaria composta ieraticità mostra un po’ di stanchezza e forse un segno della tensione interiore che in quei mesi doveva avergli certamente provocato l’uscita dalla Fuci. Ma andiamo per ordine.

Al centro don Giovanni Battista Montini all'epoca della visita a Macerata (foto Fuci)

Al centro don Giovanni Battista Montini negli anni ’20 (foto Fuci)

 

Il Beato Montini era diventato assistente nazionale (presidente Righetti) della Federazione degli universitari cattolici, sin dai primi anni 20, rivoluzionando presto l’intero movimento e creando all’interno della stessa Fuci quello che ora gli storici definiscono la formazione della prima ‘coscienza universitaria’ negli atenei italiani. Così avvenne anche per Macerata che segna tuttavia in quell’anno del congresso eucaristico marchigiano, l’inizio di una svolta, di una chiusura epocale con l’uscita del futuro papa. In quel 1933, infatti, Giovan Battista Montini – pur stimatissimo da Pio XI- fu costretto a dimettersi. La Fuci, già profondamente estranea al dominante regime fascista, aveva attirato su di sé per l’apertura mentale e culturale che apportava la lezione del suo assistente ecclesiastico, il ‘sospetto’ e le polemiche degli ambienti retrivi e conservatori dell’educazione tradizionale ancora nel seno della Chiesa. E nell’abbandono di quell’assistente così modernista non furono certo estranei i Gesuiti.

Paolo VI

Paolo VI

Montini aveva formato generazioni di studenti e tra questi un giovane pugliese che avrebbe fatto molta strada: Aldo Moro per il quale, 45 anni dopo Macerata, avrebbe implorato la liberazione: “Uomini delle Brigate Rosse…”. Quante suggestioni in questa terra dove Moro che amava e di cui fu ospite molte volte! Ricordiamo, ad esempio, Serravalle di Chienti, per qualche giorno assurta poi alle cronache come una nuova Gradoli per il concomitante caso della renault rossa di Filippo Bartoli e del medico personale dello statista, il prof. Giuseppe Giunchi, sindaco del paese. E quante suggestioni a Macerata dentro e fuori la San Paolo! Nel ’31 Montini e -passando per lo ‘spazio di un sorriso’ di papa Luciani- il suo diretto ‘erede’: Giovanni Paolo II° di recente canonizzato. Proprio dal sagrato della stessa chiesa di piazza della Libertà, il 19 giugno papa Wojtyla aveva annunciato la sua volontà di recarsi in Cina ‘sulle orme di padre Matteo Ricci’ esortando inoltre i maceratesi a meritarsi l’appellativo di ‘Civitas Mariae’. Due grandi papi, ora agli onori degli altari, ed una chiesa ormai a prevalenza aula universitaria che certo non sarebbe dispiaciuto a colui che per una dozzina d’anni era stato il rivoluzionario ri-fondatore della Fuci italiana. Due grandi santi ed una chiesa.  E pure un ponte. Quello di Villa Potenza che il 10 ottobre scorso è stato intitolato a Karol Wojtyla il quale, ancora in quella stessa giornata del ’93, in quella stessa zona bagnata dal fiume consegnò la croce al pellegrinaggio Macerata-Loreto dicendo a don Giancarlo Vecerrica: “Quando vorrei camminare questa notte con noi”. “Ma ,si vedeva bene, la malattia cominciava a farsi largo in lui…”. Ponte san Giovanni Paolo II°, dunque, ma per un noto motore di ricerca web che ancora lo indica nella mappa come ‘ponte della Farfalla’, il fantasioso appellativo che chi scrive gli diede interrogandosi soprattutto sul ritardo dei lavori nei mesi scorsi che ne hanno finalmente preceduto l’apertura e successivamente l’inaugurazione dell’aerea struttura.



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