
Irene Ortolani
di Alessandro Luzi
Violenza sulle donne, domani la giornata internazionale, in provincia tra chi sta in prima linea per aiutare le vittime c’è Irene Ortolani, coordinatrice delle case rifugio dell’associazione Il Lume, ha spiegato di cosa si occupano le strutture, facendo un quadro sulla situazione riguardo la violenza sulle donne nel Maceratese. A guidare l’associazione è il presidente Luca Doria.
Cosa sono le case rifugio?
Sono delle strutture in cui le donne si rifugiano quando hanno necessità di allontanarsi da una situazione di pericolo. Le donne possono rimanere per 6 mesi, prorogabili in accordo con i servizi sociali, con cui c’è una forte collaborazione. Collaborazione che abbiamo anche con l’Ambito sociale territoriale ed i Comuni della provincia.
Quante case rifugio gestite?
In provincia gestiamo due realtà: una ha 5 posti, un’altra 4. Siamo in fase di autorizzazione per una terza casa rifugio da 4 posti. Poi c’è un’altra struttura gestita dalla cooperativa Il Faro.
Quante persone avete ospitato?
Da settembre 2024 fino ad oggi abbiamo ospitato 15 donne e 12 minori. Praticamente una donna fa denuncia, viene poi collocata in una casa di emergenza e da lì i servizi sociali prendono in gestione il nucleo familiare e se lo ritengono opportuno mandano la persona vittima di violenza in una casa rifugio.
Ospitate principalmente donne italiane o straniere?
Soprattutto straniere perché, a differenza delle donne italiane, sono sole e non hanno una rete di supporto. In particolare arrivano dall’Asia, soprattutto dal Pakistan e dal Bangladesh. Sono soprattutto donne giovani. Vanno dai 18 fino ai 50 anni. E’ capitato qualche caso dove hanno un’età più avanzata ma è più raro.
Che percorso fanno nelle vostre strutture?
Una volta che arrivano da noi, offriamo subito protezione perché hanno paura. Poi, attraverso il nostro personale formato da due operatrici e una psicologa, iniziamo a ricostruire un percorso di autodeterminazione e di renderle autonome.
In che consiste?
Cerchiamo di trovare loro un lavoro e una casa. Poi garantiamo anche un supporto psicologico con un colloquio una volta a settimana che si svolge con la nostra psicologa. Serve un lavoro per ritornare ad una presa di consapevolezza in modo che possano riprendere in mano la loro vita. E noi le aiutiamo a ricostruire la situazione. Noi operatrici ci siamo dal lunedì al venerdì per 8 ore, le persone condividono degli spazi insieme ma ognuna ha la propria stanza.
Che tipo di violenza subiscono in particolare?
Soprattutto le donne che arrivano da noi subiscono una violenza psicologica e verbale. Soprattutto ricevono insulti, offese, vengono sminuite. Poi ricevono anche minacce o si sentono dire cose come che se denunciano le tolgono i figli. Alcuni dicono loro anche che non sono capaci di lavorare e non contano niente. Ci sono dei casi anche di violenza fisica ed economica ma questi episodi si verificano meno. Ci sono poi i minori che subiscono la violenza assistita.
Di cosa si tratta?
Quando assorbono la violenza di una figura di riferimento come il padre, verso un’altra figura di riferimento come la mamma. Non si tratta quindi di una violenza diretta ma di episodi a cui assistono involontariamente.
Quali sono le difficoltà principali delle donne vittima di violenza?
Hanno soprattutto difficoltà nel trovare casa. Per questo capita che chiedono di allungare la permanenza da noi. È difficile che trovino un’abitazione perché le agenzie immobiliari chiedono tante garanzie e spesso loro hanno contratti part time e hanno in carico anche la gestione di minori. Abbiamo presentato questo problema ai Comuni e stiamo cercando delle soluzioni.
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