
Il consigliere regionale Romano Carancini
Dopo la sentenza di assoluzione di ieri in Corte d’appello dell’avvocato Giuseppe Bommarito, interviene l’avvocato Romano Carancini, ex sindaco di Macerata ed ex consigliere regionale, che al processo era parte civile. Il procedimento, arrivato al secondo grado dopo l’appello presentato dallo stesso Carancini (la sentenza di ieri ha confermato l’assoluzione in primo grado), nasceva da una denuncia presentata dall’ex sindaco per tre articoli scritti da Bommarito su Cronache Maceratesi e legati alla vicenda della costruzione delle piscine di Fontescodella a Macerata.

L’avvocato Giuseppe Bommarito
Riportiamo integralmente la nota di Carancini. «Giuseppe Bommarito è stato assolto dal Tribunale di Macerata, sentenza ieri confermata in Corte di Appello, non con formula piena, e quindi non “perché il fatto non sussiste”, bensì perché “il fatto non costituisce reato”. In concreto, ciò vuol significare, pur in attesa delle motivazioni della Corte d’appello alla quale anche la Procura Generale aveva chiesto la condanna, che le frasi erano state offensive, ma che l’imputato non è punibile perché la sua condotta godrebbe della “scriminante” (giustificazione) del diritto di critica politica riconosciuto ad esso. Naturale conseguenza di tale formula assolutoria è che l’atto illecito posto in essere da Giuseppe Bommarito nei confronti di Romano Carancini, seppur non punibile penalmente, resterebbe “punibile” civilmente (su tale aspetto c’è il giudicato perché l’imputato non ha proposto impugnazione incidentale sulla sentenza del Tribunale che lo aveva assolto “perché il fatto non costituisce reato”, decisione invece impugnata sia dalla Procura che dal sottoscritto)».

L’avvocato Gabriele Cofanelli ha difeso Bommarito
L’ex sindaco continua parlando proprio delle piscine: «Non intendo ritornare sull’ossessione personalistica di Giuseppe Bommarito nei miei confronti, che resta un suo problema. Ma non si può fare a meno di osservare che tale ossessione si è casualmente dissolta riguardo gli attuali ritardi della realizzazione delle piscine, peraltro programmata e approvata dalla precedente amministrazione, ma ancora ferma dopo 5 anni. A me è sufficiente solo dire che la giustizia, attraverso le Procure di Macerata e della Procura Generale della Corte di Appello di Ancona, ha pienamente riconosciuto la fondatezza della richiesta di tutela della reputazione personale e della mia famiglia, chiedendo entrambe la condanna dell’imputato Giuseppe Bommarito, sia in primo che in secondo grado (i cui motivi personalistici di natura economica a reale fondamento della menzionata ossessione ben emergono dalle carte del processo, ove le si voglia consultare) e che, come anche emerso nel processo, ed ammesso più volte pure dallo stesso imputato, nessun illecito è stato mai commesso dall’amministrazione, né in senso burocratico (amministrativo e contabile) e men che meno in senso penale. Infatti, la decisione di querelare, peraltro insolita rispetto agli attacchi feroci che ho subito da più parti negli anni della mia consiliatura, non è dipesa da altro se non dalla necessità di tutelare soprattutto la mia famiglia, oltre che l’amministrazione e la giunta che guidavo, dal linciaggio mediatico che abbiamo subito e che ha tracimato, talvolta, in esplicite accuse di disonestà personale».

L’avvocato Paolo Giustozzi
Sulla vicenda interviene anche l’avvocato Paolo Giustozzi, legale di Carancini. Due i punti, uno sul procedimento di Corte d’appello, e il secondo relativamente ad un commento all’articolo. «Leggo (in un commento in calce all’articolo, ndr), con innegabile disappunto – scrive l’avvocato -, che mi sarei macchiato di scorrettezza deontologica per aver omesso di avvisare Bommarito dell’intendimento del mio assistito, allora sindaco di Macerata, anch’egli stimato avvocato così come sua moglie Betty Torresi, di sporgere querela per gli attacchi offensivi subiti, a livello personale e nel ruolo di primo cittadino Maceratese», il legale sottolinea che il codice deontologico dell’Ordine «prevede l’obbligo di informativa al collega verso cui si voglia agire in giudizio, nel solo caso in cui si promuova la causa per fatti attinenti all’esercizio della professione. Situazione che evidentemente non riguardava affatto l’imputato in quanto è accusato di aver pubblicato articoli diffamatori nella sua veste di pubblicista, assiduo collaboratore del suo giornale, e quindi totalmente al di fuori dal ruolo di avvocato e dell’esercizio di prestazioni professionali. A tacere del fatto che la querela è atto personalissimo della parte che non ritengo legittimi l’avvocato che assiste la persona offesa in quella fase, a preannunciarne la presentazione al collega, in tal caso venendo meno ai propri doveri di fedeltà e riservatezza verso il proprio assistito».
Sul processo in Corte d’appello: «non solo vi è stata l’impugnazione del procuratore di Macerata, ma che anche la stessa Procura generale di Ancona ha concluso per la riforma della sentenza di primo grado e quindi per la condanna dell’imputato, peraltro di fronte ad una statuizione circa la natura diffamatoria delle frasi incriminate, contenuta nella sentenza del Tribunale di Macerata, (“non si discute della offensività delle frasi, almeno con riferimento à quelle riportate ai capi 1 e 2 da ritenersi accertata…”) che non è stata fatta oggetto di impugnazione da parte dell’imputato è divenuta inoppugnabile, in punto della materialità del reato e della offensività delle accuse propalate ai danni dell’ex sindaco. La formula “perché il fatto non costituisce reato”, lo puntualizzo per chiarezza dei lettori che non sono tecnici del processo penale, ormai immodificabile a favore dell’imputato, presuppone che un determinato comportamento, pur rientrando nei fatti nella descrizione di un reato, non è sanzionabile se rappresenta l’esecuzione di un diritto riconosciuto dalla legge (nella specie la critica politica) ritenuta dal Tribunale in modo certo “, a torto o a ragione a seconda dei diversi punti di vista, prevalente rispetto all’onore della persona offesa Carancini, purtuttavia indiscutibilmente leso dai fatti dalle condotte per le quali la Procura ha esercitato l’azione penale nei confronti di Bommarito. Comunque, si valuterà dalle motivazioni per capire se sarà ritenuta percorribile ed utile la via del ricorso in Cassazione per scoprire se ha ragione la Procura Generale che ha insistito per la condanna, oppure la Corte d’Appello».
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Come consigliera comunale ho sempre creduto che rappresentare i cittadini significhi difendere con coerenza i loro diritti e i valori democratici su cui si fonda la nostra comunità. La libertà di stampa e di parola sono principi irrinunciabili, strumenti essenziali per garantire trasparenza e verità. In questo contesto, l’avvocato Giuseppe Bommarito ha dimostrato un’elevata professionalità e un profondo senso di giustizia, portando avanti con determinazione un’azione fondata sulla correttezza e sul diritto di informare. Il suo impegno è un esempio concreto di come la libera informazione, esercitata con rigore e responsabilità, resti una delle più alte espressioni della democrazia.”