
L’Aliena
di Marco Ribechi
Debutto nazionale di “Aliena”, il Lauro Rossi due volte pieno è uno scrosciare di applausi. Ha catturato il favore del pubblico maceratese il debutto assoluto del nuovo spettacolo dei Kataklò, ideato per celebrare i 30 anni di attività della compagnia della coreografa Giulia Staccioli. In programma il 30 e 31 ottobre, l’evento, che ha praticamente registrato due sold out, ha travalicato i confini della danza offrendo 70 minuti di forte impatto visivo, visionario e metamorfico così come è lo stile ormai conosciuto in tutto il mondo dei Kataklò.

Un viaggio nel tempo e in luoghi fantastici capaci di superare gli schemi interpretativi del pubblico per offrire qualcosa di inatteso, di nuovo, sia dal punto di vista della visione che da quello dell’utilizzo e dei movimenti dei corpi, ovviamente protagonisti assoluti della narrazione. I danzatori statuari e muscolosi, plasmati da anni di atletismo, sfidano la gravità, ma non lo fanno per esibire la perfezione; al contrario, “Aliena” è un inno toccante a chi si sente fuori posto, a chi è “diverso”. Corpi che si fondono, si plasmano, si sovrappongono rimodellando costantemente e offrendo una costante visione dell’insolito, a volte armonico a volte abnorme, esplorando sempre il confine tra la forma e il contenuto in un’estetica che rifiuta la perfezione ma che, al contrario, ricerca la bellezza proprio nella deformità, nel difetto che però si armonizza col tutto.

Quattordici quadri compongono la trama di “Aliena” partendo da una sorta di nascita, di parto, forse più mentale che reale. Infatti l’appuntamento si apre con un enorme telo pulsante che ricorda una materia informe, forse una cellula, da cui fuoriesce appunto l’aliena, su tacchi vertiginosi, capelli lunghissimi ma al tempo stesso di aspetto goffo e grottesco. Da qui in poi ogni quadro è una sorta di funzione dell’anima con cui l’individuo può sviluppare i propri dubbi e mettere alla prova le proprie certezze. Quindi dopo il cambio di pelle dell’uomo moderno, muscoloso e plasticamente finto e omologato, si passa alla liberazione dei corpi attraverso cadute, perdite di equilibrio e riconquista dello stesso.

Esseri mutanti, strambi e crisalidi sono i protagonisti di queste trasformazioni accompagnati da suoni altrettanto variabili spesso ricollegabili a danze o ritmi etnici, dall’asia all’Africa passando per il Medio Oriente, come a voler riunire la differenza in una identità culturale transgeografica. Anche il tempo viene attraversato per riportare nel finale lo spettatore alla contemporaneità, dopo che l’Aliena si è liberata della sua maschera e si è mostrata per quel che è. Come in un sogno l’atmosfera onirica dello spettacolo apre a differenti interpretazioni, non c’è una definizione esatta così come l’alterità può essere espressa in infinite variabili e sfumature tutte però riconducibili alla natura umana di cui l’alterità fa inevitabilmente parte.

Una menzione speciale va alle musiche di Gp Cremonini capaci di amalgamarsi alla perfezione con i movimenti imprevedibili dei sei danzatori in scena. I costumi di Olivia Spinelli contribuiscono a creare l’effetto straniante della visione mentre l’uso sapiente dell’illuminazione non rende necessaria alcuna scenografia se non quella creata dai corpi e dalle loro ombre.
Uno spettacolo ambizioso che mostra una profonda maturità artistica, assegnando alla danza l’arduo compito di interpretare la modernità non solo come narrazione lineare ma come strumento di espressione tout court, travalicando i limiti dello spettacolo per farsi opera d’arte. Lunghi e sentiti gli applausi del pubblico che ha affollato il teatro uscendo pienamente soddisfatto dell’intensa serata.
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