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La Ue in ritardo,
il Matelica Doc resta Verdicchio

VINO - L'iter per la trasformazione della denominazione da quella del vitigno a quella del territorio slitta ancora a causa delle procedure burocratiche dell'Unione europea: verosimilmente si dovrà aspettare fino alla seconda metà del 2026. Un peccato in un'annata eccezionale per quanto riguarda la vendemmia, come ribadisce l'enologo della cantina Belisario Roberto Potentini: «Una delle migliori dell'ultimo decennio, ma nel bel mezzo di una tempesta perfetta sul fronte del mercato»

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Matelica vista da un vigneto di Verdicchio

di Monia Orazi

Il Verdicchio di Matelica può attendere: non cambierà nome, per il momento. Avrebbe dovuto diventare Matelica Doc, dal vitigno al territorio. Ma il vino bianco tra i più premiati d’Italia deve attendere il via libera dell’Unione europea. L’annuncio arriva dal mondo dei produttori e lo conferma l’enologo Roberto Potentini: per tempistiche burocratiche legate all’Unione Europea non è stato possibile procedere con la pubblicazione del disciplinare di cambio nome. Sarà quindi necessario attendere almeno il prossimo anno per la modifica ufficiale.

La modifica del disciplinare di produzione del Verdicchio di Matelica, con l’obiettivo di dare più rilievo al territorio rispetto al vitigno, è stata approvata in Italia la scorsa primavera. Il 16 maggio 2025 è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la proposta di modifica ordinaria e il 24 giugno 2025 è stato emanato il decreto ministeriale, pubblicato l’8 luglio. Il successivo 14 luglio 2025, la domanda italiana è stata trasmessa all’Unione europea. Da quel momento è partito l’iter comunitario: un esame preliminare di ammissibilità (circa due mesi), una valutazione di merito della Commissione che può durare fino a sei mesi, quindi la pubblicazione nella Gazzetta Ue. Solo in assenza di contestazioni si arriva alla registrazione finale, con l’atto pubblicato nella Gazzetta Ue. In condizioni normali, i tempi totali oscillano tra i 12 e i 18 mesi: perciò la denominazione “Matelica Doc” difficilmente potrà diventare ufficiale prima della seconda metà del 2026.

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Roberto Potentini, enologo della cantina Belisario

Intanto, sul fronte produttivo, la stagione è stata positiva. «Questa è una delle vendemmie più belle degli ultimi 10 anni, ricchissima dal punto di vista viticolo, ma purtroppo molto povera dal punto di vista del mercato – spiega Potentini – si sta vivendo un momento difficile sia per i dazi americani sia per la chiusura del mercato russo. A questo si aggiungono le sanzioni irrigidite in alcuni Paesi europei, dove sono previste pene severissime per chi guida dopo aver bevuto anche un solo bicchiere di vino. Si sta diffondendo una campagna mondiale contro l’alcol, in cui il vino viene spesso equiparato a superalcolici, quando dal punto di vista organolettico e qualitativo non c’entra nulla».

Il risultato è un calo nei consumi, aggravato dall’impoverimento del ceto medio. «Il vino viene percepito come un bene superfluo, di cui si può fare a meno. Siamo in una fase di tempesta perfetta, in senso negativo. Basti pensare che quest’anno la vendemmia in Italia ammonta a 47 milioni di ettolitri, ma di questi ben 40 milioni risultano in giacenza: è come se fossimo un anno avanti. A questo quadro di difficoltà si aggiungono i blocchi all’ampliamento delle superfici vitate e la riduzione delle rese, circa dieci quintali per ettaro. Ma i veri problemi ignorati in Italia sono due: da un lato un’illegalità che si perpetua da trent’anni, con l’uva da tavola che finisce nel vino da supermercato, con l’eccedenza vinificata illegalmente, fenomeno che altera il mercato; dall’altro una deroga concessa in alcune regioni come Puglia, Lazio, Romagna e Veneto, dove si producono 400 quintali ad ettaro. Queste pratiche alimentano un sistema di “vigneti fantasma”, che acquistano l’uva in eccesso prodotta da altri, mettono a rischio la credibilità del settore e penalizzano chi lavora correttamente. Una volta questo circuito produttivo riguardava solo i vini di bassa qualità, quelli in brick per intenderci. Oggi invece va ad alimentare anche il sistema dei vini a denominazione di origine controllata». La situazione attuale del mercato colpisce soprattutto i vini rossi, mentre i bianchi, come quelli marchigiani, resistono meglio, spiega l’enologo. «Le Marche sono messe meno peggio di altri territori, sia perché i prezzi si sono mantenuti più stabili, sia perché i vini bianchi risentono meno di questi fattori» aggiunge l’enologo. A pesare, però, è stata anche un’estate povera di turismo: «Dal lunedì al venerdì gli stabilimenti balneari della nostra regione erano vuoti. Ormai un calice di vino al ristorante costa meno di quanto i ristoratori paghino la bottiglia. Il risultato è un ulteriore impoverimento dei consumi».

Il sindaco di Matelica Denis Cingolani sottolinea l’eccezionalità della stagione: «Questa è stata una vendemmia davvero irripetibile. La vendemmia 2025 è una delle più straordinarie degli ultimi 10 anni. Veniamo da annate difficili, come il 2023, quando la peronospora ha distrutto dal 70 all’80% della produzione a Matelica, e nel 2024 c’erano stati alcuni strascichi. Quest’anno, invece, la produzione è eccezionale e siamo proprio nel cuore della raccolta, in cui viticoltori e produttori vedono i frutti del loro impegno. Ma questo ci lascia un po’ di amaro in bocca: sarebbe stata la prima vendemmia in cui il nostro vino si sarebbe dovuto chiamare non più con il nome del vitigno, ma con quello del territorio, Matelica Doc».

Cingolani ricorda come l’iter sia partito già da alcuni anni: «Il percorso è iniziato nel 2021 e il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 maggio scorso. Lo abbiamo annunciato durante il Matelica Wine Festival, ma l’Unione Europea non ha terminato l’iter burocratico che avrebbe reso la decisione codificata e legalmente valida. Attendiamo ora che si concluda il percorso: finalmente dalla vendemmia 2026 potremo chiamare il nostro vino Matelica Doc. La scelta di valorizzare il nome del territorio è stata fatta per esaltarne la vocazione e per tutelare il vino dal rischio di riproducibilità al di fuori dei confini della Doc, che comprende otto comuni della Sinclinale camerte».



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