Edoardo Bennato
di Leonardo Giorgi
(foto di Massimo Zanconi)
È una notte magica, anche se Un’estate italiana stasera non la canta. Italia Novanta appartiene al passato remoto, in particolare per uno che indietro ci ha sempre guardato poco. Dà un solo avvertimento:«Questo non è un comizio». Visti i tempi, che sollievo. Edoardo Bennato lo urla stasera a Macerata dal filmato introduttivo che anticipa il concerto che chiude sia l’estate che la stagione di Sferisterio Live+ (a proposito di notti magiche, non è caduta nemmeno una goccia di pioggia durante la rassegna, nonostante le date perlopiù fissate a settembre).
Bennato si erge come perfetto anti-politico, poiché, assicura, «promette solo la verità». Verità che «Carlo Collodi aveva già trovato 150 anni fa» dice il cantautore napoletano prima di eseguire i brani dalla versione aggiornata e completa di Burattino senza fili, con tanti ‘personaggi’ aggiunti negli anni. «Collodi aveva già descritto in Pinocchio i protagonisti dei vari telegiornali che vediamo oggi. Il gatto e la volpe, Mangiafuoco, ci sono proprio tutti».
E la verità del rock and roll, musica «per coltivare i dubbi e non barricarsi nelle certezze», supera tutte le possibili fantasie. Dopo l’apertura di Abbi dubbi, in effetti, arriva l’inno senza tempo di Sono solo canzonette.
Chiamale canzonette Bennato, chiamale come vuoi, ma visto che siamo in tema di magia, è difficile non rimanere meravigliati nel vedere teste bianche e nipoti al fianco cantare le stesse parole. Il gatto e la volpe, L’isola che non c’è. Raramente lo Sferisterio ha abbracciato così tante voci diverse che toccano le stesse note. E se è vero che la magia non è altro che qualcosa di inspiegabile, lo è anche il fatto che c’è stato un momento in cui queste canzonette non esistevano. Le ha scritte quel Peter Pan coi jeans e gli occhiali da sole che stritola gli accordi sopra il palco. Poi, quei testi, se li è fatti rubare da bambini, genitori, zii e nonni di ogni generazione.
Sono tutti lì, sotto il palco, con gli occhi incollati a quell’omino che non ha paura di Mangiafuoco; che rinfaccia a Pinocchio la malsana idea di diventare come uno di noi; che ha sempre preferito essere brigante che re; che per 15 minuti lascia il palco per far divertire i suoi musicisti in un medley tributo alla storia del rock che va dai Cream a Santana, dai Pink Floyd ai Led Zeppelin; quell’omino lì che ha passato tutta la vita a fare facce brutte con capitan Uncino.
Lo stesso Uncino che – probabilmente – gli ha spifferato le indicazioni per l’Isola che non c’è. Facile fino a quando bisogna andare dritti fino al mattino, ma dopo? Se la strada non la trovi da te? Magari chiedi a quello con la chitarra, quello che per un attimo ha interrotto il concerto solo per chiedere scusa al pubblico, «perché ho sbagliato l’armonica, come nei miei peggiori incubi». Chiedi a lui, ma non prima che abbia finito di raccontare la sua storia: «Ho fatto gavetta partendo da Napoli, suonando ovunque per nove anni, anche a Civitanova, città paradisiaca. Dopo un periodo difficile mi mandarono ancora a suonare lì, a Civitanova Marche, coi miei pezzi punk in cui sfottevo il Papa e il Presidente della Repubblica. Una volta si poteva fare». Chiedilo a lui, sì, ma non prima che abbia smesso di suonare, non prima che abbia fatto saltare tutti in piedi, anche se stasera è un po’ più freddo, anche se l’estate é finita. Sono solo canzonette, ma qualcuno dovrà pur cantarle.
Alla fine, Bennato chiede al pubblico di alzarsi in piedi e saltare
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