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Export, Macerata limita i danni:
-5,9% nel primo semestre 2025

DATI - Segno meno per la provincia, ma numeri meno negativi rispetto a Fermo e Ascoli. Il presidente di Confartigianato Imprese Enzo Mengoni: Da un lato le cifre evidenziano le difficoltà, dall’altro indicano possibili vie di rilancio, ovvero spingere su agroalimentare e arredo, innovare la moda e aprirsi a nuovi mercati»

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Enzo Mengoni, presidente di Confartgianato

Macerata limita i danni, ma l’export in provincia fa comunque registrare il segno meno nel primo semestre del 2025. I dati parlano di un -2,3% per i settori in cui c’è una maggiore concentrazione di micro e piccole imprese, corrispondente a 12,6 milioni di euro in meno incassati. Anche qui la moda risulta penalizzata (abbigliamento -13,5%, pelle -7,1%, tessile -15,0%), ma si registrano performance in controtendenza per legno e sughero (+50%) e prodotti alimentari (+11,0%). L’export totale provinciale segna una flessione del 5,9%.

Macerata fa meglio sia di Ascoli (-19,5% generale, -8,5% per le pmi) che di Fermo (-11,4% generale, -12,2% per le pmi) e si difende anche rispetto al data regionale delle Marche. Qui nei soli settori a maggiore concentrazione di pmi, la flessione è del 7,2% (-175,1 milioni di euro). Il calo più pesante riguarda i prodotti farmaceutici (-23,5%), i macchinari (-18,3%) e articoli in pelle e calzature (-10,2%). L’export totale segna una flessione del -3,3%.

Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo ha analizza i dati con il presidente Enzo Mengoni. «Da un lato i dati segnalano difficoltà, dall’altro indicano possibili vie di rilancio – dice Mengoni – spingere su agroalimentare e arredo, innovare la moda e aprirsi a nuovi mercati: solo così i nostri territori potranno riallinearsi alla media nazionale e tornare a crescere. Serve quindi diversificare i mercati, riducendo la dipendenza da Paesi oggi in contrazione (Cina, Regno Unito e Stati Uniti, anche a causa dei dazi) e guardando con più decisione verso aree in espansione come i Paesi del Golfo o la Svizzera. Vanno poi valorizzati i settori che già tengono, come agroalimentare, legno-arredo e mobili, puntando su qualità, design e sostenibilità. La moda, e in particolare il calzaturiero, deve riposizionarsi: meno quantità e più valore, con produzioni più snelle, collezioni meno legate alla stagionalità, maggiore tracciabilità e materiali innovativi. La chiave sta propri  in qualità, design e velocità di risposta».



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