di Marco Ribechi
I Wardruna regalano un concerto mistico al Montelago Celtic Festival, la festa sulla montagna accontenta ogni pubblico. Sono arrivati da ogni parte d’Italia gli spettatori del festival celtico più famoso d’Italia che mai come quest’anno è dominato da una piacevole atmosfera di condivisione e armonia. Nei primi due giorni dell’evento il popolo di Montelago è già numerosissimo con un camping affollato, ma ordinato e un’area camper quasi al colmo delle sue possibilità. Tantissimi gli stand e le attività già avviate con laboratori di ogni tipo volti all’artigianalità tradizionale calata però nel contesto di oggi. A farla da padrone però sono i concerti della notte, davvero di primissimo livello con ospiti internazionali da differenti parti del mondo, dalla Norvegia al Giappone passando per Irlanda, Francia e Regno Unito. Il main stage dei primi due giorni però è stato dominato dalla musica metal declinata in diverse forme, sdoganata lo scorso anno con lo spettacolare concerto dei Blind Guardian (leggi l’articolo) che ha dimostrato come il pubblico apprezzi e appoggi questa scelta della direzione artistica.
Ieri però i Wardruna, progetto musicale capitanato da Einar Selvik, noto anche come Kvitrafn con un passato da batterista nella storica band black metal Gorgoroth, ha davvero spostato l’atmosfera su un misticismo nordico che non capita facilmente di ascoltare live. I Wardruna infatti hanno un sound che sarebbe una forzatura definire metal ma che, per tematiche, ricerca musicale e atmosfera è allo stesso tempo difficile da dividere da quel genere che ha portato la Scandinavia, e soprattutto la Norvegia, a vette artistiche elevatissime capaci di riscrivere una parte del rock mondiale. La loro musica, utilizzata anche nella fortunata serie Vikings, vuole essere un suono ancestrale senza tempo, ben collocato però spazialmente nella tradizione norrena dei vichinghi e della magia delle rune, con brani legati alla natura e alla spiritualità pagana.
Il nome della band significa infatti colui che custodisce i segreti, svelati attraverso canti atavici, strumenti musicali che richiamano suoni universali come bukkehorn, morharpe, percussioni di ogni tipo utilizzati per dar vita ad un rituale di fusione con le forze dell’universo ctonio. Un concerto da ascoltare in un silenzio mistico e in concentrazione assoluta perché capace di parlare alla parte più profonda della spiritualità umana, come in un rituale sciamanico, senza la mediazione di sovrastrutture religiose canonizzate. Questo aspetto è forse mancato nelle zone periferiche della marea di persone che hanno partecipato all’appuntamento, dove in troppi non hanno compreso appieno il tipo di musica che veniva proposta né il comportamento ideale per fruirne appieno.
In ogni caso il concerto di Selvik e compagni è stato estremamente carico di energia e, soprattutto, suonato alla perfezione con un sound al limite della registrazione in studio, anche grazie a un minuzioso set di circa 40 minuti e un palco che esso stesso richiamava i quattro elementi con un approccio però nordico e quindi glaciale e possente. «Ė un onore poter suonare in questo splendido luogo – dice Selvik al termine del concerto – sotto il chiarore di questa luna. Tra di noi c’è un legame mistico di scambio di energie, per recuperare la dimensione senza tempo a cui apparteniamo e che cerchiamo di ricreare attraverso la nostra musica. Abbiamo vissuto insieme una notte speciale che credo dovremmo ripetere in futuro».
Se la parentesi dei Wardruna ha donato un appiglio mistico al festival la festa è invece stata celebrata dai gruppi che si sono esibiti prima e dopo di loro. I friulani Corte di Lunas che fondono l’anima folk con un rock che strizza quasi l’occhio al prog di matrice inglese, attraverso viaggi onirici che esplodono in danze liberatorie. A notte fonda invece a dare sfogo alla carica inespressa durante il concerto dei Wardruna ci hanno pensato i francesi Groove Factory che, con una formazione composta da due fisarmoniche e un moog hanno letteralmente ribaltato il Mortimer Pub con un pubblico scatenato e pressatissimo che si è lanciato in danze al limite dell’equilibrio umano.
Nella prima notte dell’8 agosto invece è risuonato il grido di battaglia “I nani, i nani” che ha inaugurato il concerto della band power metal dei Wind Rose (leggi l’articolo). Uno spettacolo sicuramente non raffinato come quello dei Wardruna ma che ha senza dubbio raggiunto anch’esso l’obiettivo preposto: scatenare un pubblico desideroso di divertirsi attraverso l’epopea dei nani di matrice tolkeniana. Il frontman Francesco Cavalieri, vero mattatore e aizzatore di folle, vestito in armatura nanica, ha spinto al massimo il dwarf metal di cui sono praticamente capostipiti. Un concerto tiratissimo, fatto soprattutto di cori che ben rendono l’idea di un esercito di nani minatori che scende in battaglia polverizzando ogni ostacolo. Spettacolare la “galea” improvvisata dagli spettatori che, seduti a migliaia in terra, hanno mimato la ciurma di una nave da combattimento intenta a sfidare le onde dell’oceano. I loro pezzi non hanno dato sosta ai presenti lasciando un pubblico totalmente privo di energie ma estremamente soddisfatto.
Sempre nella stessa notte anche il supergruppo dei Kan, una chicca per gli appassionati della musica irlandese e scozzese con quattro membri che provengono da altrettante realtà musicali molto conosciute e affermate. Una reunion esclusiva per i festival di Glasgow e Montelago che ha seguito lo show dei nostrani Ogam accompagnati dal grande e celeberrimo maestro di cornamuse Davy Spillane, artista che ha collaborato con moltissimi musicisti della scena mondiale. «Un sogno che si avvera» per Maurizio Serafini e Luciano Monceri, membri degli Ogam e fondatori del festival celtico di Montelago. Da segnalare anche il gruppo giapponese degli Harmonica Cream che ha dato un assaggio della loro trascinante musica nel Mortimer Pub, in attesa del grande concerto sul main stage che li vedrà impegnati sabato notte.
Insomma se i servizi, le conferenze della Tenda Tolkien, il reparto food e molto altro quest’anno sono davvero al top lo stesso si può dire anche per la proposta musicale e artistica che è difficile da ritrovare così raffinata in altri festival italiani e letteralmente impossibile nelle Marche. L’appuntamento terminerà sabato con la consueta notte celtica, il vero leitmotiv che accomuna tutte le edizioni del festival fin dalle origini. Prima di allora sull’altopiano di Taverne di Serravalle c’è ancora molto da vivere e gustare.
Ma per carità.....
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Nelle foto non riesco a vedere Castelli, stava male? Non mi fate preoccupare fatemi sapere.
Fusi con le forze dell’universo ctonio lì ci si deve sentire in comunione con le patate rosse IGP.