Quadri di Ciarrocchi e cataloghi del 1950
della storica villa Paolini:
«Vorrei donarli alla città»

CIVITANOVA - Prima dell'abbattimento, Paolo Paolini apre le porte della dimora di famiglia. Tra i beni personali anche due opere dell'artista i e i cataloghi delle prime 3 mostre della calzatura che si tennero in città: «Vorrei prestare questi materiali per offrirli in esposizione al pubblico, mi piacerebbe che non rimanessero in un cassetto»

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Paolo Paolini con alle spalle il quadro di Ciarrocchi e in mano l’opera di dimensioni più contenute sempre del pittore civitanovese

di Laura Boccanera

Ci sono i quadri di Ciarrocchi e libri d’arte antica e contemporanea, il marmo rosso della scalinata centrale e l’odore dei pini marittimi che entra dalle finestre. Entrare a Villa Paolini è come mettere piede in un’antica casa signorile fuori dal tempo. Tutto attorno, tra il camino e il salone da ricevimento, ci sono scatoloni e materiali imballati: «Non faccia caso al disordine».

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Paolini, figlio di Aldo Paolini, vicepresidente dell’ente che organizzava la mostra della calzatura, con il primo catalogo del 1950

Ad accoglierci è Paolo Paolini, il proprietario di una delle ultime ville rimaste a Civitanova e che presto verrà abbattuta per fare spazio a nuove residenze. A costruire quella villa negli anni ’50 è stato suo padre, Aldo Paolini, ex responsabile dell’esattoria (quando ancora Civitanova Alta e Civitanova porto erano due comuni divisi) e oggi suo figlio sta sistemando le cose rimaste prima di trasferirsi. La proprietà infatti è stata ceduta, ma all’interno la villa custodisce ancora il fascino inalterato della villa signorile, con materiali di pregio e il sapore delle cose ricercate. Ed è proprio facendo spazio ed imballando alcuni oggetti che Paolo Paolini ha ritrovato alcuni libri e quadri che vorrebbe offrire in custodia al pubblico per la loro futura esposizione e valorizzazione.

Fra le opere di maggiore pregio ci sono due quadri di Arnoldo Ciarrocchi, amico del padre Aldo, una realizzata in giovane età e con sul retro un disegno a matita e sul fronte la rappresentazione di un vitello, esempio figurativo della sperimentazione ancora acerba dell’artista. E l’altra è un’opera di grandi dimensioni, un paesaggio che raffigura la provinciale delle Vergini con vista su Civitanova. «Sono due opere che conservavo in questa casa e che vorrei potessero avere un pubblico più ampio. Per questo vorrei che venissero prese in custodia dall’amministrazione per un’esposizione all’interno della pinacoteca cittadina. La prima, il vitello, è un’opera giovanile di Ciarrocchi e che recentemente ho scoperto trae ispirazione da un’artista napoletano che ho ammirato in una mostra. La seconda è un’opera di grandi dimensioni che fu commissionata da mio padre. Quando Ciarrocchi la terminò disse: “guarda che è proprio bello”».

Ma ad essere saltati fuori da un cassetto ci sono anche tre libricini che rappresentano una testimonianza della storia economica e industriale di Civitanova: i cataloghi della prima mostra calzatura della città. L’Ente autonomo calzatura marchigiana venne infatti istituito a Civitanova nel 1950, come “I^ Decade della Calzatura Nazionale”, ossia come “Mostra-mercato per calzature, pelli, cuoi, macchine, gomma, forme ed articoli affini”.

Paolo-Paolini-2-300x400La prima mostra della calzatura si era tenuta nel Teatro “Rossini” ed aveva fin da subito riscosso un discreto successo a livello nazionale, contando circa un centinaio di espositori. Molti venivano da Vigevano, allora patria indiscussa della calzatura e dei macchinari. Il presidente era Gaetano Caradonna, mentre vice presidente ed organizzatore proprio Aldo Paolini. Lo scopo principale che si prefiggeva la mostra-mercato era quello di far conoscere ai consumatori italiani ed esteri un centro di attività produttiva di rilevante importanza nel ramo delle calzature come quello marchigiano. Nella scheda di presentazione viene motivata la scelta di Civitanova in quanto zona centrale rispetto a quel grappolo di paesini in cui si stava formando il distretto calzaturiero, per la presenza della ferrovia e per gli alberghi e delle spiagge.

La fiera infatti si svolgeva in estate, a luglio e dal documento emerge come in zona esistessero già nel 1950 circa 700 laboratori artigianali. Un documento che dà il senso di quel fervore economico e anche culturale che la città viveva nel dopoguerra. Tanto che dal secondo anno alla fiera si abbinò una mostra d’arte che portò in città le opere di alcuni degli artisti che hanno segnato la storia dell’arte, dando la misura di quanto fosse importante per gli imprenditori del tempo non solo l’aspetto affaristico, ma la restituzione di una centralità, anche culturale. E fu così che a Civitanova arrivarono opere in mostra di Renato Guttuso, Pericle Fazzini, Mimmo Rotella, Filippo De Pisis, Antonio Donghi, Wladimiro Tulli, Elio Fantuzzi.

«Vorrei poter prestare questi materiali per offrirli in esposizione al pubblico, ad un archivio, ad un museo, mi piacerebbe che non rimanessero però in un cassetto – prosegue Paolo Paolini – ma che fossero oggetto di ricerche e di valorizzazione della storia. Anche recentemente in una celebrazione della mostra della calzatura il nome di mio padre è stato completamente dimenticato. La mostra della calzatura è stata centralissima per lo sviluppo di Civitanova e sarebbe bello tramandare questa storia alle nuove generazioni. Proverò a contattare il sindaco per capire se c’è interesse per questo tipo di progetto».



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