Aula gremita di studenti delle scuole superiori oggi all’incontro online con Edith Bruck all’Università di Macerata. Gli studenti del liceo artistico Cantalamessa e del liceo scientifico Galilei hanno potuto dialogare con la scrittrice e poetessa, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti durante la Seconda guerra mondiale, in collegamento dalla sua casa a Roma.
L’iniziativa ha chiuso i due giorni di convegno internazionale proposto dall’ateneo per esplorare le varie esperienze artistiche dell’autrice, a cura delle docenti Michela Meschini di Unimc e Gabriella Romani di Seton Hall University con il patrocinio della Commissione Pari Opportunità della Regione Marche, dell’assessorato alla Cultura di Macerata e dell’Alberto Institute della Seton Hall University (New Jersey).
Nel 2019 l’Unimc aveva conferito a Edith Bruck la laurea honoris causa in Filologia moderna, culmine di un legame che si è esplicitato in seminari e incontri con giovani universitari e non. Un impegno per contrastare il rischio di mistificazione e negazionismo che tanto avevano impaurito Primo Levi, suo amico, “il testimone più ascoltato, amato stimato letto”.
«Nella scuola – ha ribadito oggi Bruck – dovrebbero occuparsi molto di più del secolo scorso. Ho paura che, dopo di noi, rimarrà poco. Ma spero in quello che i ragazzi mi scrivono, mandano, disegnano. Giurano che ricorderanno al posto nostro, ci danno la speranza che non morirà tutto con noi. Mi scrivono lettere splendide che pubblicherò prossimamente. Da 62 anni porto avanti questo lavoro faticoso. Ho fatto quello che si può fare e ora tocca a voi, perché questo mondo mi sembra che stia andando indietro. Oggi dietro la porta abbiamo la guerra. Come è possibile che l’uomo non impari mai da propri misfatti? Forse l’uomo è eternamente insoddisfatto e autodistruttivo. Dobbiamo cercare la pace in noi stessi e fare pace con noi stessi per far pace con gli altri. Oggi io sono in pace con me stessa e con gli altri. Forse io ho avuto troppo, sono molto fortunata».
Tanti i ricordi condivisi da Bruck con il giovane pubblico: racconti asciutti di devastante essenzialità nel ricostruire l’orrore vissuto, che neanche il cinema può ricostruire. «E’ impossibile portare la Shoah sullo schermo – ha detto quando le è stato chiesto quali film vedere per comprendere il genocidio ebraico -. Consiglio, piuttosto, i documentari originali girati subito dopo la guerra, come quelli di Hitchcock. Noi stiamo censurando la verità, anche nel cinema. I film vogliono sempre trasmettere segnali di speranza. Il repertorio, dopo che l’ho visto, mi ha distrutta. Ma dobbiamo vedere quei documentari. Non è possibile ricostruire sullo schermo quelle mostruosità. Non bisognerebbe fare film sulla Shoah».
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“Non bisognerebbe fare film sulla Shoah”. Se ciò vuol dire che non bisognerebbe fare film sulla Shoah perché nessun film, anche il più crudo e realistico, riuscirebbe a mostrare fino in fondo certe atrocità, allora non bisognerebbe fare film neanche su altri orrori del passato e quindi non bisognerebbe fare film che cercano di testimoniare certi atroci eventi. Di film sulla Shoah ne sono stati fatti molti, lasciando comunque nella memoria collettiva qualcosa di certo, e probabilmente se ne faranno altri, mentre bisognerebbe, secondo me, anche fare qualche film in più sui Gulag comunisti, poiché a me sembra che soprattutto di quell’orrore rischiamo rimanga ben poco. gv