E’ morto ieri Gaetano Gifuni, ex segretario generale del Quirinale con i presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi e, in precedenza, Segretario generale del Senato per 17 anni. Aveva 86 anni.
di Maurizio Verdenelli
Il suo palazzo bianco subito dopo il portale di porta Foggia a Lucera appariva costantemente chiuso: la vita e l’attività di Gaetano Gifuni, segretario generale di due Presidenti della Repubblica, era infatti tutta a Roma dove ieri è deceduto all’età di 86 anni. Ma quel bell’edificio antico, perfettamente ‘in ordine’, ricordava a tutti coloro che entravano nella città di Federico II, di questo importante concittadino che illustrava con la sua carriera al vertice dello Stato tutta Lucera. La quale, da parte sua, appariva come tutte le città del Sud, lontana, molto lontana dal Palazzo. A Gifuni, i cronisti con i quali aveva un rapporto di cordiale amicizia (tenuto conto in ogni caso dei rispettivi ruoli, quasi sempre non.. coincidenti) avevano attribuito un ‘nickname’, affettuoso: ‘Parolina’. Lo spunto era il fatidico quesito che il Segretario Generale, talvolta proprio per chiarire alla stampa alcuni ‘passaggi’ importanti che sarebbero potuto sembrare criptici , poneva al Capo dello Stato: “Presidè, permette una parolina?”.
Quella mattina, però, al quartier generale, da pochissimo realizzato in via Gentile da Fabriano ad Ancona, da parte del dottor Gifuni non ci fu bisogno di chiedere nulla ad Oscar Luigi Scalfaro che qualche secondo prima si era infilato velocissimo nell’ascensore dopo avermi ‘rivelato’, con una formula oscura che traeva origine dal latino per finire nella nomenclatura sanitaria. Il Segretario sapeva tutto da tempo e dei tormenti, finora ad allora taciuti, dell’Inquilino del Quirinale. Il Presidente era dunque venuto, la mattina del 24 settembre 1994 ad Ancona -nel capoluogo, proveniente dall’Abruzzo, era atterrato la sera precedente- per celebrare il 50esimo della Liberazione intorno alla quale Valeria Moriconi e Glauco Mauri, nel pomeriggio nell’auditorium dell’ateneo, con un filmato di Ancona bombardata, avrebbero creato un suggestivo evento teatrale. Il 28 marzo, Silvio Berlusconi era diventato capo del Governo e fino ad allora il Presidente aveva tenuto una linea che tra i giornalisti rimbalzava ogni volta, soprattutto tra i più critici per il suo potere mediatico (le tv); “Lasciatelo governare”. Ma quella volta, in assoluto, Scalfaro –si disse ‘fazioso del Parlamento’ cui continuava in primis a riferirsi- pose una forte linea di demarcazione. Quella linea sarebbe stata poi la legge sulla Par Condicio. E scelse Ancona per far filtrare la ‘notizia’. Nel suo intervento ricorse al latino: parlò di ‘par condicio’ per i cittadini nell’apprendere e pure nell’essere attori dell’informazione, dagli schermi tv, s’intende. Insomma video uguale per tutti.
Devo all’on. Valerio Calzolaio, in quell’occasione, molto. Perché mi fece passare al di là del varco –il cordone- che separava noi inviati dei grandi giornali dagli ospiti: parlamentari, consiglieri ed amministratori regionali e locali -in quell’occasione saltò la poltrona del presidente del consiglio regionale che ebbe la cattiva idea di parlare di lotta intestina in riferimento alla Resistenza: a rivelarlo fu il bravo collega Giovanni Sgardi, corrispondente del Messaggero da Ancona. Stando nell’arengo principale, ebbe alla fine della cerimonia l’occasione stringendo la mano a Scalfaro (mi aveva certo scambiato per un eletto del popolo) di chiedergli: “Presidente, sono un fervente studioso del Latino… Par Condicio va forse tradotto in una legge che calmieri il potere delle tv (non aggiunsi: di Berlusconi)?”. Il Capo dello Stato, al cui fianco vigilava con un sorriso Gifuni, trasalì per un attimo: s’accorse chi fossi veramente. Tuttavia prima di sparire, mi disse con una serie infinita di erre: “Non mi riferivo certo ad un disturbo gastro-enterico”. Dissoltosi quasi nell’aria Scalfaro, mi rivolsi a Gaetano Gifuni con un’accorata preghiera negli occhi. E lui, con un sorriso: “Sì, proprio così”. Il cuore mi si allargò: avevo lo scoop della mia vita (o quasi). Quando mi girai per scomparire anch’io alla vista dei colleghi, mi trovai alle spalle Sebastiano Messina (Repubblica) e Vittorio Monti (Corriere della Sera) che mi avevano…inseguito. Cercai di tergiversare, Gaetano Gifuni, no: fu eloquentissimo. Sentii Messina: “Ecco la notizia, allo spettacolo non ci si va neppure questo pomeriggio”. Non lo scorderò mai. Credo d’aver…perdonato molto tempo più tardi il dottor Gifuni, per lo scoop bruciato.
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Ma era nato a Macerata?
“In realtà, la doppia grafia – segnalata dalla domanda dei lettori – è già del latino medievale, quando condicio e conditio (entrambe pronunciate con affricata alveolare finale /-tts-/, da cui, per via dotta, condizione) concorrono nelle scritture (con una sorte analoga ad altre parole latine in -icium, come ad esempio indicium > indizio, passate in epoca tarda ad una pronuncia avanzata dell’affricata).”
Così l’Accademia della Crusca secondo la quale il vecchio Scalfaro pronunciando con tanta enfasi e prosopopea di dotto giurista la “c” di condicio commetteva in realtà un patetico e imbarazzante strafalcione…