Gestione illecita rifiuti pericolosi,
Mauro Canil: “Estranei ai fatti”

INDAGINE - Il presidente del Matelica è indagato insieme ad altre quattro persone. L'inchiesta nasce da una segnalazione alla procura di Torino

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Canil

Il presidente del Matelica Mauro Canil

 

«Noi ci riteniamo assolutamente estranei al fatto e lo dimostreremo nelle sedi opportune». Così il presidente del Matelica calcio, Mauro Canil, indagato dalla Dda di Bologna insieme ad altre quattro persone per gestione illecita di rifiuti pericolosi (leggi l’articolo). In sintesi l’ipotesi degli inquirenti è che venissero rimessi sul mercato senza che fossero lavorati, per creare solventi e diluenti. Una indagine complessa, quella svolta dai carabinieri forestali, che vede coinvolta la Fidea di Canil, e la Rechim di Argenta (provincia di Ferrata). Tra gli indagati compaiono anche tre responsabili della Rechim e l’amministratore di una società di Lodi che secondo gli investigatori acquistava i rifiuti tossici non lavorati. La Rechim è di proprietà della Fidea.

L’indagine parte da lontano, dal 2015, da una segnalazione giunta alla procura di Torino relativa ad un impianto di depurazione di Cuneo dove erano state riscontrate sostanze pericolose, che si potevano ricondurre a rifiuti non trattati. Le indagini hanno poi portato a galla il meccanismo del cambio bolla. La Rechim avrebbe fatto partire camion di rifiuti non lavorati verso società collegate, tra cui la Fidea, che poi li rimettevano sul mercato. Questo genere di operazioni veniva chiamata «Plin» dai responsabili della Rechim. Dalle indagini emerge che avrebbero usato il termine per dire, ad esempio: «Con la ditta abbiamo fatto plin». Da qui il nome dell’operazione dei carabinieri. I militari hanno posto sotto sequestro la Rechim, e nominato un amministratore giudiziario. Alla Fidea sequestrati anche terreni e un’auto di lusso. Sulla vicenda Canil respinge ogni addebito. Il suo legale, l’avvocato Manuel Formica, spiega: «Il mio assistito è convinto di aver fatto i trattamenti necessari e contesterà il sequestro nelle sedi appropriate. Posso dire che alla Rechim sono state svolte delle analisi su campioni che erano stati prelevati tempo addietro e questi campioni sono stati esaminati, addirittura da un laboratorio del politecnico di Milano. Il risultato è stato che gli inquinanti che si supponevano esserci non sono stati rintracciati in maniera tale da portare ad attribuire un particolare codice di pericolo».



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