Donatella Donati
di Donatella Donati
Un altro mondo è possibile per noi, basta crederci, sono le parole con cui Joumana Haddad, scrittrice e giornalista libanese conclude una sua intervista al Corriere della Sera. Non è per nulla strano che dalla voce di questa poetessa che milita per la liberazione non solo delle donne arabe ma delle donne in genere e che mette a repentaglio la sua vita – uno sceicco del Bahrein l’ha minacciata di morte nel suo sermone del venerdì – siano uscite parole che recentemente abbiamo commentato come attribuite all’americano William James. Ci vuole una grande fede nel valore delle proprie idee per combattere le storture, le ingiustizie e le crudeltà del mondo in cui si vive e Joumana lo fa attraverso la parola a cui attribuisce il valore ineccepibile della persuasione e della fierezza. Noi l’abbiamo conosciuta direttamente qui nelle Marche a Porto Recanati e nell’estate di qualche anno fa l’abbiamo interrogata in un’intervista – spettacolo organizzata dal Centro Studi Portorecanatesi e dai promotori del Premio ‘Rodolfo Gentili’ che le è stato assegnato.
Joumana Haddad
Nel corso di due ore, in un italiano perfetto – conosce ben sette lingue – ha risposto alle nostre domande intervallate dalla recitazione di parti del suo libro, ‘Il ritorno di Lilith’, recitazione fatta da Chiara Pietroni e da Diego Dezi, che si sono alternati nella lettura. Lilith è per Joumana il simbolo della libertà femminile. Compare nella cabala ebraica come la prima donna creata da Dio che si rifiuta però di sottomettersi all’uomo e viene cacciata e sostituita da Eva. Indicata sempre per la sua trasgressione come diabolica e aggressiva, è fatta ritornare sulla terra da Joumana per affermare l’indipendenza e la legittimità delle azioni femminili. Ma Joumana non è la sola a parlarne, anche Primo Levi nel viaggio lunghissimo narrato nel suo romanzo ’La tregua’ conosce Lilith attraverso un compagno ebreo che gli parla di lei nel corso di un furioso bombardamento dal quale si salvano rifugiandosi in un grosso tubo. Dopo quell’intervista a Joumana, alla quale è seguito un successivo incontro amichevole, c’era stato tra noi quasi un impegno, quello di promuovere la conoscenza della sua poesia e della fermezza delle sue idee.
Joumana Haddad
Mi è stato possibile parlare con lei solo qualche giorno fa perché il suo numero di cellulare, al quale nessuno per due anni ha risposto, è ritornato libero. Non è nel suo programma un ritorno in Italia ma continua il suo lavoro di giornalista e di direttrice della rivista ‘Corpo’, Jasad in arabo, che è un luogo di libero dibattito in un Libano dove è ancora possibile discutere e mescolare idee e pareri diversi. Non ho approfondito, temendo intercettazioni, la sua situazione attuale nel rapporto con il mondo arabo, ma ricordo molto bene la lucidità e l’imparzialità dei suoi interventi che non risparmiavano valutazioni critiche anche ad alcuni aspetti della cultura occidentale. A chi, interrogandola dalla platea del teatro Adriatico dove si teneva l’intervista, le chiedeva un parere sull’uso del velo ancora molto presente nelle nostre città ha risposto con chiarezza che non sapeva se a fronte di quel velo fossero più civili le esposizioni e l’uso dei corpi femminili fatti dai media italiani. Beirut, ha affermato, potrebbe essere un esempio di multiculturalismo religioso e civile per la sua grande tradizione culturale che fa del Libano un ponte verso l’occidente e lei lavora con i suoi scritti e la sua poesia perché questo messaggio di civiltà e di pace non sia sconfitto dall’ossessione religiosa e dalla violenza degli estremismi. Parlandone con Chiara Pietroni, ci siamo proposte di presentare un progetto per far conoscere a Macerata la poesia di Joumana e trovare il modo di farla ritornare in Italia.
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Ieri l’avvocato di Ashraf Fayadh, il poeta di origine palestinese arrestato nell’agosto 2013 e condannato a morte nel maggio 2014 in Arabia Saudita per apostasia e promozione dell’ateismo, ha reso nota la nuova pena inflitta al suo cliente: otto anni di carcere e 800 frustate, da eseguire 50 alla volta in 16 sessioni settimanali.
In più, Fayadh dovrà presentarsi in televisione, scusarsi, chiedere perdono e dissociarsi dalla sua arte.
Fayadh è l’autore di “Istruzioni all’interno”, una raccolta di poesie pubblicata a Beirut: versi che parlano della lontananza dalla patria, dell’identità che si smarrisce durante l’esilio, di questioni culturali e filosofiche, d’amore.
Fayadh Ashraf è un poeta. Non ha commesso alcun reato ma in Arabia Saudita per le persone come lui ci sono il carcere e la frusta.
Ho l’impressione che la pena di morte sia stata tramutata in pena di morte.
Lilith è stata cacciata, Eva si è fatta cacciare, la terza donna?
La terza donna deve essere stata la prima figlia di Eva, probabile moglie di Caino o di Abele. Dato che Adamo ed Eva sono stati i primi esseri umani, i loro figli non hanno avuto altra scelta che di sposarsi fra loro. Dio non proibì il matrimonio fra consanguinei se non molto più tardi, quando ci furono abbastanza persone da non renderlo più necessario (Levitico 18:6-18).