La bella pagina odierna è dedicata alla medicina popolare. O meglio, alla “medicina delle
nostre donne”, così come la intitolava nel 1892 in un suo “Studio folklorico sulla psicologia delle superstizioni” il Dott. Zeno Zanetti. Il libro veniva pubblicato dalla Società Italiana di Antropologia per i tipi di S. Lapi Tipografo-Editore. La “bella pagina” che abbiamo scelto è tratta dal quinto capitolo del volume, dedicato ai “Mali del corpo”. Una pagina curiosa e a tratti fortemente esilarante, non solo per i rimedi proposti, quanto per il modo di enunciarli e registrarli:
MALI DEL CORPO
Il ventre, presso di noi, viene generalmente chiamato “corpo” anche dalle persone non appartenenti al popolo; il popolo e gli abitanti del contado lo chiamano per lo più panza, trippa, e lasciano da parte qualunque altro nome designato ad indicare le diverse regioni di esso. Così mentre i francesi hanno “beude, bedon” per indicare il quadrante superiore dell’emisfero ventrale, ed hanno “petit-ventre” per indicare la parte sottombellicale (ndr.: E. Brissaud, Espressions populaires relatives a la médécine, Parigi, 1988), noi non abbiamo alcun termine speciale: e solo, facendo punto di partenza l’ombellico che viene chiamato blico, omicione, bollame del corpo, indichiamo semplicemente la parte “sopra” e “sotto” l’ombellico. Le parti laterali del ventre sono dette i “fianchi“. Il contenuto del ventre è costituito dai budelli, dagli interiori (intestini) di cui il popolo fa tre sole divisioni. I budellucci, o budelli propriamente detti corrispondono all’intestino tenue; il budello grosso o budello per eccellenza, all’intestino crasso, e il budello culare al retto. Il retto termina poi col buco (del c…) o sesto che, in gergo furbesco, è detto pure ghieghene.
L’infiammazione ai budelli corrisponde alla enterite, è accompagnata da febbre, ed è prodotta, il più di sovente, da una riempitura (indigestione), ovvero da freddo cioè da una frescata. L’enterite produce, di consueto, i dolori di corpo che se insorgono con violenza, costituiscono la colica, e se sono accompagnati da vomito, annunziano il torcibudelli (volvulo o miserere). I dolori possono essere prodotti da vento racchiuso, e allora si ha la colica ventosa che diminuisce d’intensità se il malato può fare molti venti, molte scorregge (ndr.: come per i dolori stomacali, così per i rumori ventrali, il popolo ha diversi appellativi che variano a seconda della forza con cui è emesso il rumore. Si ha quindi la scorreggia, il peto, la loffa), precedute da bollori di corpo mediante i quali il ventre urla, si lagna. Crede ancora il nostro popolo che la colica ventosa possa prodursi per essere stati in finestra, a bocca aperta, mentre soffiava il vento.
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