In occasione della giornata mondiale contro l’Aids, quando in ogni paese dell’orbe terracqueo si sono avute iniziative e manifestazioni a favore del preservativo, i giornalisti della Rai hanno ricevuto una circolare aziendale che gli vietava di citare la parola “preservativo”, una parola che in alte sfere si considera segnata dall’impronta di Satana. Questo di attribuire importanza più alle parole che alle cose è uno degli aspetti della morale borghese, perché le parole si odono, fanno rumore, si leggono, si diffondono e mandano echi tentatori, mentre le cose, se uno le fa ma non le dice, restano segrete e poi c’è sempre il confessionale (la vecchia morale di matrice contadina, invece, non era così, forse perché la grama vita dei campi portava a badare molto più alle cose che alle parole anche nella sessualità).
A Macerata la giornata contro l’Aids è ruotata intorno al “Condom Cafè”, un’idea mediatica dell’associazione “Stammibene” che consiste, per i bar che vi hanno aderito (ben trentadue, fra Macerata e Tolentino), nell’offrire, insieme col caffè, un preservativo. Notevole il successo (GUARDA IL VIDEO), visto che i preservativi distribuiti in tal modo hanno raggiunto il numero di cinquemila, quasi tutti fra i giovani e con una forte percentuale di donne.
Anche da noi, dunque, è stata la parola “preservativo” a tener banco con quel “condom” ripetuto nelle vetrine, nei giornali, nelle radio e nelle chiacchiere di strada. Per cui non sono mancati strali polemici. “Una campagna profondamente diseducativa”, è stato detto, “sconveniente, deprecabile, da inorridire, una trappola”. Pareri, intendiamoci, legittimi e degni di rispetto, visto che la nostra convivenza civile si fonda sulla pluralità delle fedi e delle opinioni. Ma questa reazione alla parola – e alla pubblicità della parola – ha qualcosa di simile alla circolare della Rai, nella speranza che non dire la parola nei telegiornali, nei bar e nelle piazze serva a ovattare la drammaticità della cosa, cioè del problema contro cui il preservativo funziona da scudo.
Forse nella Città di Maria si ignora che i rapporti sessuali diciamo precoci e talvolta occasionali fanno ormai parte dei costumi delle generazioni nate negli ultimi trenta o vent’anni? Figuriamoci, questo lo sanno tutti, compresi innumerevoli genitori e nonni che avendo vissuto la loro giovinezza in tempi di austere limitazioni dell’eros rimpiangono di non esser venuti al mondo parecchi anni dopo. Forse si ignora che l’Aids è una bruttissima bestia e l’arma migliore per prevenirla è il preservativo? E che, Aids a parte, è anche un’arma efficace contro le gravidanze indesiderate? Figuriamoci, pure questo appartiene al comune sapere ed ai comuni comportamenti. E immagino che in molte case, quando, la sera, un ragazzo o una ragazza sta per uscire, non manchi l’avvertimento di una madre premurosa: “Non dimenticare la tua protezione”.
Non è la cosa, dunque, a scandalizzare, ma il fatto che se ne parli in pubblico, e se ne pronunci apertamente la parola, e lo si faccia con una punta di confidenziale leggerezza. Sta qui, forse, la ragione della ferma e quasi indignata reazione della Croce Rossa per essere stata erroneamente accomunata al “Condom Café”. Tale benemerita istituzione, infatti, ha tenuto a precisare che il suo progetto di educazione alla sessualità è ben più serio e si chiama “Abc”, dove la lettera “A” significa “Abstinence” (astinenza), la “B” significa “Be faithful” (fedeltà al partner) e la “C” significa “Condom” (preservativo, detto in inglese). Ora non v’è dubbio che il progetto della Croce Rossa meriti il massimo apprezzamento, anche se, per quanto riguarda la “A”, è forse un tantino utopistico. Meno plausibile, però, quella stizzita precisazione, quel puntualizzato dissociarsi dal “Condom Cafè”. Le due iniziative sono certamente diverse, sia nell’approccio al problema sia nello stile sia nel modo di farsi conoscere e di avvicinarsi alla gente. Ma in entrambe c’è lui, il preservativo. E non è identico, in entrambe, l’uso che se ne fa? E non è identico, in entrambe, lo scopo che ci si prefigge? Sì, ma ancora una volta a pesare, offendere e dividere è proprio il clamore della parola, sulla quale si pensa – come alla Rai – che sarebbe più decoroso far calare il velo della riservatezza se non del silenzio.
Dicevo della sottile ipocrisia di contestare le parole e, sotto sotto, praticare le cose. Ma attenzione. Sapeste come cambiano, nel corso dei tempi, i significati delle parole! E come si trasformano perfino nel loro contrario! Se oggigiorno la parola “preservativo” la si fa salire su dall’inferno accusandola di opporsi al bene e spingere al male, una volta la si faceva discendere dall’alto dei cieli e le si attribuiva la somma virtù di opporsi al male e spingere al bene. Scriveva il trecentesco Domenico Cavalca, frate domenicano: “Preservativo è il matrimonio, che preserva e guarda l’uomo debole che non cada in peccato di fornicazione”. E il teologo seicentesco Paolo Sarpi: “Cristo ha istituito l’Eucaristia ordinando che fosse ricevuta come preservativo dai peccati mortali”. E un tal Romoli consigliava: “Due fichi secchi, una noce e un poco di sale, anco questo è un preservativo molto eccellente per il tempo della peste”. Il mio, naturalmente, è solo un gioco un po’ spregiudicato. Ma vedete il relativismo delle parole? Meglio, credetemi, lasciar libere le parole e impegnarsi a viso aperto sulle cose.
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Caro Giancarlo, trovo molto più ipocrita e sconveniente l’ottusa reticenza della RAI che le critiche di alcuni ambienti cattolici, ai quali fai cenno del tuo articolo.
Questi ultimi, infatti, si collocano in una posizione di carattere più generale della Chiesa, secondo cui il sesso deve nascere, accompagnato dall’amore, all’interno di una relazione affettiva tendenzialmente finalizzata a durare nel tempo, se non per sempre, e che sia protesa a dare un seguito al disegno divino della Creazione. E’ una posizione sostenuta da tempo immemorabile dalla Chiesa, rafforzata dalle profonde ed importanti riflessioni , pure in chiave antiAIDS, del Papa attuale (risalenti anche all’epoca il cui era solo il cardinale Ratzinger) sul c.d. “relativismo etico”.
Il preservativo, e soprattutto il suo uso disinvolto che può portare – come spessissimo avviene – ad un sesso estremamente promiscuo e svincolato dal benchè minimo rapporto affettivo, vanno contro questa linea di pensiero e di fede. Se ne può discutere, e difatti da sempre se ne discute, però non si può negare che questa impostazione abbia una sua dignità ed una sua coerenza, anche in termini logici. Aggiungo che, comunque, una sia pur minima e timida apertura della Chiesa e di Benedetto XVI° al preservativo è emersa di recente, mi sembra di ricordare all’interno del libro-intervista “Luce del mondo”.
Mentre invece la posizione di chiusura della RAI, che è un servizio pubblico pagato dai cittadini, sia cattolici che laici, sia credenti che atei, mi sembra veramente imperdonabile. Una ipocrisia non sottile, ma grossolana.
Secondo me, il servizio publico deve rappresentare, anche in tema di lotta contro l’AIDS, tutte le posizioni e deve illustrare esaurientemente, senza reticenze e senza banalizzazioni, le motivazioni alla base delle varie strategie contro questa terribile malattia.
Per finire, credo che l’iniziativa del Dipartimento Dipendenze Patologiche, al cui interno si colloca il progetto Stammibene, sia stata senz’altro utile, quanto meno a ricordare che l’AIDS non è affatto scomparso e che questa sindrome oggi, residuale per i tossicodipendenti, che hanno quasi del tutto messo fine alla pratica suicida dello scambio delle siringhe, sia un triste frutto della sessualità non protetta, sia omosessuale che eterosessuale.
…oggi si dovrebbe parlare di “Causa-Effetto” e delle vere disarmonie della vita ….ed invece si riduce tutto o quasi al “peccato”……..
Come scritto sopra dall’illuminato avv. Bommarito, la chiesa dice:
‘il sesso deve nascere accompagnato dall’amore, all’interno di una relazione affettiva tendenzialmente finalizzata a durare nel tempo, se non per sempre, e che sia protesa a dare un seguito al disegno divino della Creazione’
Bene, però non ho mai capito il perché delle seguenti questioni:
– i preti, i frati (e le suore) non devono fare sesso
– di conseguenza i preti, i frati(e le suore) non devono provare amore
– i preti, i frati (e le suore) non possono avere una relazione affettiva, e duratura nel tempo
QUINDI:
– i preti, i frati e le suore sono esonerati dal ‘dare un seguito al disegno divino della Creazione’
Questa evidentissima stortura che la chiesa giustifica con milioni di parole, nello stesso modo con cui attribuisce un significato o l’opposto alla parola ‘preservativo’, provoca altrettante evidentissime storture all’interno della chiesa stessa, quali:
– perversione
– pedofilia
– pratiche di sesso come le persone normali, ma nascoste
– relazioni ambigue
Non sarebbe ora che la Chiesa dia il giusto peso, sì alle parole, ma anche ai comportamenti? Non è ora che i preti o le suore siano liberi di provare amore e di sposarsi, rompendo questa terribile imposizione tutt’altro che NATURALE??
Non è ora che la chiesa dica in Africa che il preservativo salva milioni di persone dall’Aids???
In conclusione, per me, ben vengano tutte le iniziative reali e non teoriche, come il Condom cafè.
Devo ringraziare il dott. Liuti per il suo articolo puntuale ed intellettualmente onesto che da voce a molti laici e genitori seriamente preoccupati della disinformazione di stato su cui versano le giovani generazioni. L’oscurantismo che inpera sui giovani nell’ultimo ventennio costruisce solo morte e tragedie famigliari. La famigerata pubblicità fine anni ottanta delle reti rai contro l’aids(quella con l’alone viola) sarebbe inpensabile al giorno d’oggi colpa del clima descritto dal Dott Liuti.
L’unico rammarico è non vedere giovani che lottano per il loro diritto al’informazione.