Ok in Commissione
per il sostegno
alle osterie

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Le misure di Porverò

Via libera da parte della Commissione Affari Istituzionali per la proposta di legge bipartisan  sugli interventi regionali per il sostegno e la promozione di osterie, taverne, locande, botteghe e spacci di campagna storici. La proposta di legge interessa esercizi e locali pubblici che costituiscono testimonianza storica e sociale della tradizione marchigiana e che sono in attività da almeno 40 anni. E’previsto un censimento delle strutture interessate, l’istituzione di uno specifico elenco, la realizzazione di una guida promozionale  e di un logo con la dicitura “Locale storico delle Marche”, la concessione di contributi per la valorizzazione e il recupero del locale. La proposta approderà mercoledì in consiglio regionale.

Intanto Gabor  Bonifazi, autore del libro “L’Osteria dei Pettorossi” ha stilato un primo elenco di quei locali della provincia di Macerata che si sono meritati negli anni l’iscrizione all’elenco regionale.«Potrebbero farne parte due spacci di campagna lungo la strada provinciale che collega Tolentino a San Ginesio, lo spaccio Ciamarra e quello Ciarlantini, l’Osteria di Lorenzina a Valcimarra e Trattoria Valleverde sul lago di Pievefavera, Il Giardinetto, lo Spaccio di Jennà in contrada Cimarella e  Spaccio di Coloso in contrada Madonna del Monte a Macerata, lo Spaccio Testiccioli a Montecavallo, La cantina della Gnuccatora in via Mazzini a Montecosaro, lo Spaccio Pompei nella frazione Piè Casavecchia di Pieve Torina, l’Osteria delle Casette a Potenza Picena, l’Osteria del Gallo in contrada Morico a San Ginesio e ancora la Trattoria di Polverò a Sarnano, la Locanda Carloni, ora Osteria del Lago a Serrapetrona, il Bar Giada (denominazione apparentemente pomposa che trae origine da un acronimo, dalla radice dei nomi delle due socie Giancarla e Giada) in contrada San Lorenzo a Treia, il  Bar Alimentari Cappa nella frazione Villa SantAntonio a Visso».

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Da sinistra Egidio e Alessandro Gabrielli

Quando si parla di osterie non si può trascurare la fojetta, come spiega Bonifazi: «Essa ha origini antiche: secondo la tradizione sarebbe stata istituita come unità di misura del vino da Sisto V, un papa marchigiano ed è stata immortalata in argento da qualche orafo e persino in oro da Bulgari.» Bonifazi ha proposto anche che la fojetta venga inserita nel logo che sarà utilizzato per riconoscere i locali storici .
«Tra i tanti attestati di stima ricevuti per aver pubblicato L’Osteria dei Pettorossi – va avanti Bonifazi- molti vengono da San Severino.
L’ingegnere Marcello Muzzi mi segnalò l’esistenza dell’osteria di Sivè in piazza della stazione, lo storico Raoul Paciaroni cui sono legato da antica amicizia continua a mandare annotazioni, il signor Livio Angeloni ha scritto addirittura una lettera ad un quotidiano per sostenere con esperienze personali la proposta di legge a tutela delle osterie e lo scrittore Alberto Pellegrino ha addirittura recensito il libro nell’ultimo numero di una rivista tanto patinata quanto rara: Le Cento Città. Pertanto vorrei ringraziare gli amici di San Severino e tutti coloro che in vario modo e a vario titolo contribuiscono a mantenere aggiornata la ricerca per una eventuale edizione, con un curioso documento ritrovato all’Archivio di Stato di Macerata dall’insigne storico e architetto Antonio Eleuteri. Una perla che riguarda proprio un’attività manifatturiera di San Severino. Trattasi di una commessa di fojette alla vetreria Aleandri, il padre di Ireneo, che in quel tempo aveva l’opificio in via Cesare Battisti. Ed ecco il testo della circolare emessa dal delegato apostolico di Macerata il 28 settembre 1853:

“Disposizioni relative alla vendita di Vino in dettaglio.

L’abuso riprovevole, che si verifica negli Spacciatori del Vino a minuto, di fraudare i compratori sia nel peso giusto del genere, come nella qualità di esso, prevalendosi della comodità, che presentano le Misure di terra cotta di nascondere il liquido che in esse è contenuto, ha fatto decidere questa Delegazione a ordinare la sostituzione delle misure di vetro campionate e bollate alle già esistenti di terra in tutta la Provincia. Trasmetto quindi a V. S. un conveniente numero di copie dell’analoga Notificazione a stampa, perché si piaccia farla pubblicare, e procurarne l’osservanza.

Vorrà poi codesta Magistratura porsi di concerto col Fabbricatore delle suddette Misure di Vetro Signor Francesco Galassi gerente della Ditta Aleandri in S. Severino, onde stabilire la quantità occorribile a codesto Comune, di cui si formerà deposito nel Capo-Luogo di Governo, avvertendo che egli stesso assumerà l’obbligo di mettere i Bolli di piombo nei Vasi. Questo bollo così messo valerà due bajocchi e mezzo per ogni apposizione; prezzo che si è fissato attesa la molteplicità con qualche risparmio a confronto di quello che si è statuito in altre Delegazioni.

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Le misure di Morico

Si compiacerà altresì V. S. di rimettermi al più presto la nota di tutti gli Spacciatori di Vino, che sono forniti di patente nel suo territorio; non che la indicazione esatta del peso adottato in codesto Municipio; imperciocché  se esistesse qualche disguaglio tra Comune, e Comune, sia avvertito il Bollatore a mettere un segno diverso nel piombo per scansare la frode…”

In calce all’ordinanza viene riportata una distinta con il valore delle Misure di Vetro bollate: Boccale (er Barzilai ndr) baj 09; Mezzo Boccale (tubo) baj 06,5; Foglietta (o fojetta) baj 05,5; Mezza Foglietta (quartino) 04,5.

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FOJETTE - Due carraffe "Quartino" in oro 18 kt, 1971 and 1972. Modellate come una tradizionale caraffa per vino italiana da un quarto di litro. Credito: Archivio Storico Bulgari - Collezione Vintage

Comunque non c’è dato sapere perché le trasparenti misure di vetro fossero andate in disuso.  Infatti nella storia di questa meravigliosa caraffa o bricco a forma di foglia, dalla quale prende il nome un locale di Recanati e che viene esposta come trofeo nelle mensole della Trattoria Polverò di Sarnano e del Circolo del Gallo di Morico, nell’invenzione di questo oggetto di pre-design c’era la necessità di evitare la frode del collarino, disposizione voluta da un grande papa marchigiano: Sisto V. Infatti il 15 luglio 1588, il papa concesse all’ebreo Meier Maggino di Gabriello di fabbricare dei contenitori di vetro, in modo che l’avventore potesse controllare l’esatta misura servita dall’oste. Pertanto fu pubblicato un bando che obbligava gli osti ad usare le nuove misure in sostituzione dei vecchi boccali di ferro o coccio: “chiaro et trasparente, e dar loro altra forma di quello che oggi si costuma, cioè con il collo alquanto longo e stretto… et col sigillo della camera… col quale modo si provveda alle fraudi, che ci commettono dalli Hosti et altri, et alli abusi de vasi di hoggi, perché avendo questi la bocca larghissima, ne segue, per ogni poco che manca della debita misura, assai danni al pubblico.”».



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