A sinistra un’immagine di una piantina di Varrone in un testo storico, a destra la nuova nata grazie all’operazione di recupero
di Marco Ribechi
Pomodori del secolo scorso per una passata degna delle migliori ricette della nonna. Sarà perfetto anche per riscoprire i sapori caserecci di una volta. E’ il pomodoro “Varrone”, varietà quasi estinta nel dopoguerra e ora riportata alla luce da un gruppo di ricercatori. L’idea, ora anche realtà, nasce dal biologo e cultore di storia agroalimentare Sergio Salvi, 48 anni, di Castelraimondo, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e l’Università di Sassari. «Tutti i miei studi partono dal lavoro dell’illustre agronomo e genetista Nazzareno Strampelli, originario di Castelraimondo – spiega Sergio Salvi – fu proprio lui, alla fine degli anni ’10, ad ottenere questa varietà di pomodoro incrociandone una inglese il “Sutton’s Best of All” con varietà italiane resistenti alla peronospora (una malattia delle piante, ndr).
Il grande genetista Nazzareno Strampelli
Il “Varrone” fu sperimentato sia nel nord sia nel sud Italia e fu apprezzato come varietà da conserva fino agli anni Trenta, tanto da essere menzionato persino nella celebre Enciclopedia Treccani. Con l’avvento delle nuove varietà da industria fu dimenticato, soppiantato da varietà nane che consentivano di effettuare la raccolta meccanizzata». Dimenticato in Italia oggi è ritornato nel nostro Paese grazie a dei semi conservati nella grande banca del germoplasma del Vir di San Pietroburgo, istituto creato nei primi decenni del Novecento dall’agronomo, botanico e genetista russo Nikolai Vavilov. Fu lo stesso Strampelli, la cui lungimiranza appare ancor più ammirevole, a inviare i semi in Russia nel 1925 affinché non andassero perduti. Oggi i semi del “Varrone” sono stati riportati in Italia e impiegati in una serie di prove per stabilire la corrispondenza con le caratteristiche della varietà illustrate negli anni ’20 e riportate in uno dei pochissimi studi esistenti dedicati al pomodoro creato dal genetista maceratese.
Sergio Salvi, biologo
«Il recupero del “Varrone” – prosegue Salvi – oltre che un omaggio al suo costitutore, del quale quest’anno cade il centocinquantesimo anniversario della nascita, vuol rappresentare anche un’occasione di rilancio economico per le aziende che vorranno promuovere lo sviluppo di percorsi produttivi basati sulla valorizzazione di una varietà storica. L’ideale sarebbe di poter avviare una filiera produttiva affinché questa varietà non resti solo ad appannaggio dei laboratori». In un futuro non troppo lontano il pomodoro Varrone potrebbe essere ad esempio abbinato ad una pasta di grano duro “Senatore Cappelli”, una varietà di grano anch’essa ottenuta da Strampelli, per poter così gustare un piatto di pasta al pomodoro com’era una volta, ovvero con ingredienti originali di 100 anni fa.
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