Cinquemila cantieri rischiano lo stop:
«Senza la cessione del credito
1,3 miliardi a carico dei cittadini»

SISMA - La manovra finanziaria 2026 mette a rischio migliaia di cantieri nelle aree del cratere. Diego Camillozzi, presidente dell'associazione La terra trema noi no lancia l'allarme: «Castelli ha spiegato che la cifra mostruosa stimata di 1,3 miliardi su una finanziaria di appena 16 ci manderebbe in procedura d'infrazione con l'Europa, allora si è pensato di frazionare l'importo in 10 anni». Il commissario alla Ricostruzione nel corso di un convegno: «Il problema non sono i soldi, è come vengono contabilizzati». Si lavora a soluzioni alternative con Europa e Mef

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Palazzo Trinità dopo il sisma

di Monia Orazi

Circa cinquemila cantieri distribuiti tra Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio rischiano il blocco a causa delle modifiche previste dalla legge di bilancio per il 2026. La criticità riguarda l’eliminazione della cessione del credito per il superbonus 110%, meccanismo ancora ampiamente utilizzato nelle zone del cratere per compensare le spese non coperte dal contributo di ricostruzione.

La nuova normativa prevede che dal prossimo anno la detrazione del 110% sia diluita in dieci anni anziché quattro, e soprattutto che possa essere fruita esclusivamente dai proprietari degli immobili. Il problema è che molti di questi proprietari non hanno sufficiente capienza fiscale per poter utilizzare le detrazioni, rendendo di fatto inutile l’agevolazione.

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Diego Camillozzi, presidente dell’associazione La terra trema noi no

«Si tratta di lavori attualmente coperti dalle imprese attraverso lo sconto in fattura del 110% – spiega Diego Camillozzi, dell’associazione “La terra trema noi no” -. Senza la possibilità di cedere il credito, queste spese da 1,3 miliardi di euro finirebbero a carico dei cittadini, con il rischio concreto di fermare la ricostruzione».

La situazione è particolarmente complessa per gli aggregati edilizi e i condomìni, dove basterebbe un solo proprietario senza capienza fiscale per bloccare l’intero intervento.

«Qualche giorno fa avevamo pubblicato di aver ottenuto questa proroga, ma effettivamente per com’è stata concepita allo stato attuale non è possibile fare la cessione del credito, quindi praticamente non servirebbe a nessuno o quasi», spiega Camillozzi nel suo intervento sui social.

L’attivista riferisce di essersi confrontato in settimana con il collegio dei geometri, Cna, Ance ed altri operatori della costruzione per scambiarsi notizie sugli eventuali sviluppi.

Camillozzi riassume quanto emerso dal convegno: «Il commissario ha spiegato che la cifra mostruosa stimata di 1,3 miliardi su una finanziaria di appena 16 miliardi ci manderebbe in procedura d’infrazione con l’Europa, cosa che l’attuale governo non vuole. Allora si è pensato di frazionare l’importo in 10 anni con importi di 138 milioni l’anno».

«Dal prossimo anno le ditte non potranno più portare in detrazione i crediti da contributi Irpef, quindi non avrebbero capienza fiscale», evidenzia Camillozzi. «Un emendamento è stato fatto anche nell’ipotesi di dare questa possibilità di cessione alle imprese che hanno i cantieri nel cratere, ma la cifra di 138 milioni annui rimarrebbe sempre bassa».

«Comunque a breve, nei prossimi giorni si dovrebbe sapere l’esito della finanziaria e cosa ci aspetterà – conclude Camillozzi nel suo intervento – Noi rimaniamo fiduciosi ma vigili».

L’occasione per fare il punto è arrivata ieri sera durante il convegno tenutosi a Camerino, dove era presente il commissario straordinario per la ricostruzione sisma 2016 Guido Castelli.

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Guido Castelli

Il commissario ha sintetizzato il nodo che rischia di bloccare i cantieri: un problema di contabilità pubblica per cui l’Italia rischia la procedura di infrazione europea, non di risorse disponibili.

Il commissario ha ripercorso la storia recente del superbonus nelle aree del cratere, ricordando come sia sempre stato considerato «il 110 buono rispetto al 110 cattivo, molto più cattivo, che è quello che ci sta costando tantissimo come cittadini italiani».

La svolta è arrivata il 30 marzo 2024, quando il ministro Giorgetti ha posto fine al superbonus generalizzato, consentendo però un plafond di 330 milioni di euro per le aree del cratere, con scadenza 31 dicembre 2026.

Il vero problema riguarda però le centinaia di pratiche depositate prima del 30 marzo 2024, quando entrò in vigore la cosiddetta «ghigliottina». Queste pratiche avevano termine per completare i lavori entro il 31 dicembre 2025, ma da mesi imprese e tecnici segnalano l’impossibilità di rispettare questa scadenza.

«Quando vado a parlare con Giorgetti – ha spiegato Castelli – prima di parlare di proroga mi dice: dimmi quanto costa la proroga». Per questo il commissario ha avviato una ricognizione tra i tecnici per quantificare l’incentivo fiscale legato ai cantieri in corso, con termine fissato al 10 settembre, prima della presentazione della manovra. «È venuto fuori un cifrone, qualcosa come 1,8 miliardi di euro».

Castelli ha stimato che almeno 500 milioni di questo importo sarebbero comunque stati smaltiti secondo le regole originarie, portando il fabbisogno effettivo a 1,3 miliardi. «Ho tolto 500 milioni dal monte complessivo stimato dai tecnici e sono andato a trattare», ha dichiarato.

La proroga ottenuta, però, presenta una criticità fondamentale. «Non fa riferimento allo sconto in fattura né alla cessione del credito d’imposta per negoziare questo bonus, ma rimanda alla detrazione fiscale diretta», ha spiegato il commissario. In pratica, serve una capienza fiscale personale molto elevata per assorbire detrazioni da 100, 200, 300 o persino 400mila euro diluite in dieci anni. Una condizione che molti proprietari nelle aree del cratere non possiedono.

Il vero ostacolo, ha chiarito Castelli, è di natura tecnica e riguarda le regole di contabilità europea. «La cessione del credito, per regole contabili, viene contabilizzata nell’anno in cui si forma l’obbligazione, ovvero il 2026. Siccome abbiamo una manovra in cui ci dividiamo per 100 milioni di euro di tassazioni su varie poste, un miliardo e 300 milioni di credito fiscale nel 2026 semplicemente non esiste».

Il meccanismo tecnico è complesso: Istat e ministero dell’Economia stanno chiedendo all’Europa di considerare solamente i 138 milioni annui e non l’intero importo, che per regole contabili ricadrebbe tutto nell’anno 2026. «Stiamo lavorando su tecniche di gestione di questa posta contabile per far sì che possa mantenersi la dilazionazione – ha spiegato Castelli – Abbiamo questi soldi, li abbiamo spalmati in dieci anni, stiamo cercando uno strumento che consenta una contabilizzazione decennale e non annuale, one shot nel 2026. Il problema non sono i soldi – ha ribadito con forza il commissario – è come vengono contabilizzati nelle finanze dello Stato. Questa è la regolina europea con cui dobbiamo fare i conti».

Sono stati presentati molti emendamenti alla manovra e la maggioranza sta cercando soluzioni. Il ministero dell’Economia ha escluso categoricamente il ripristino della cessione del credito, ma potrebbe rimanere attiva l’opzione dello sconto in fattura, accompagnata da una detrazione decennale per le imprese.

Alla platea del convegno camerinese, Castelli ha accennato all’esistenza di un piano alternativo, senza però rivelarne i contenuti. «Stiamo chiaramente pensando a un piano B di cui non vi anticiperò nulla, neanche sotto tortura. Ma stiamo assicurando che domineremo questa regolina tecnica».

Il commissario ha garantito che «tutte le persone che stanno lavorando su questi cantieri, tutte le imprese coinvolte, potranno comunque portare a termine i lavori», anche se la soluzione definitiva si conoscerà solo negli ultimi giorni dell’iter parlamentare della manovra.

«Non c’è minuto nella mia esistenza in cui questo tema non sia la prima preoccupazione», ha dichiarato Castelli, sottolineando come stia lavorando incessantemente per trovare soluzioni tecniche che consentano di sbloccare la situazione. «Come andrà a finire lo sapremo fra 10, 20 giorni, perché questa sarà proprio dell’ultimo minuto». Il riferimento è all’approvazione definitiva della legge di bilancio, prevista entro fine anno, quando dovranno essere definiti gli emendamenti che consentiranno, o meno, di salvare i 5mila cantieri del cratere sismico dall’impasse del superbonus.

Nel frattempo, ha ricordato il commissario, per chi non potrà accedere al 110% resta operativa l’ordinanza 22 del 2023, lo strumento alternativo messo a punto per la ricostruzione post-sisma. «Funziona, è sempre migliorabile, ma funziona. È l’ordinanza che servirà per fare il post-110%», ha concluso Castelli.



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