Si uccide a 15 anni, caso archiviato.
I genitori faranno ricorso:
«Istituire il reato di bullismo»

SENIGALLIA - Nella morte di Leonardo Calcina per la procura dei minori non c’è stata alcuna istigazione al suicidio. La famiglia chiederà un risarcimento all'istituzione scolastica. L’avvocato Pia Perricci: «Abbiamo saputo per puro caso dell’archiviazione, a maggio, senza neppure avvertire i genitori che, a più riprese, avevano chiesto nelle loro denunce di essere informati. Papà e mamma di Leo hanno scritto una lettera che Paolo Baldini porterà, in bici, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla premier Giorgia Meloni

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La conferenza stampa di questa mattina

di Sabrina Marinelli 

Caso archiviato per la morte di Leonardo Calcina, il 15enne di Montignano che si è tolto la vita il 13 ottobre 2024. Per la procura dei minori non c’è stata alcuna istigazione. Ha chiesto l’archiviazione, confermata dal Gip.  La famiglia non ci sta e annuncia un ricorso oltre a un’azione risarcitoria nei confronti della scuola, che verrà richiesta direttamente al Ministero competente. Nel frattempo, è stata organizzata anche un’iniziativa di sensibilizzazione che vedrà Paolo Baldini andare in bicicletta da Montignano a Roma, tra il 22 e il 24 novembre, per consegnare al presidente Mattarella, alla premier Meloni e ai Ministri Nordio e Valditara una lettera scritta da Victoria e Francesco, i genitori di Leo in cui chiedono che venga istituito il reato di bullismo. E’ quanto emerso nel corso della conferenza stampa che si è tenuta stamattina al centro sociale di Marzocca.

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L’avvocato Pia Perricci

«Abbiamo saputo per puro caso dell’archiviazione avvenuta a maggio scorso, senza che venissero avvisati i genitori di Leo che, a più riprese, avevano chiesto nelle loro denunce di essere informati – spiega l’avvocato Pia Perricci, legale della famiglia -. Questa archiviazione ci ha lasciato alquanto sbigottiti e tramortiti, per la freddezza con la quale è arrivata. Presenterò immediatamente un reclamo affinché ci sia data l’opportunità di fare opposizione. Sono scaduti i termini per impugnare il provvedimento dal momento che non siamo avvisati in tempo. Un procedimento penale, però, deve iniziare».

Solo venerdì il legale ha avuto accesso al fascicolo. «Il pubblico ministero ha scritto che non vi è assolutamente un’istigazione al suicidio e non si ravvisano neanche gli estremi del 612 bis cioè degli atti persecutori – prosegue – perché tale fattispecie prevede il perdurare di uno stato d’ansia e paura, di cui dice non vi sia alcuna traccia.  Ora mi domando se la morte non sia un evento dettato da uno stato di ansia. I  carabinieri, relazionando alla procura, hanno scritto che era chiaro che Leo fosse vittima di bullismo e l’hanno fatto sulla base delle testimonianze raccolte dai ragazzi che frequentavano quella scuola. Abbiamo praticamente due visioni: da una parte i docenti che dicono che in quella classe non volava una mosca. Una classe idilliaca, poi abbiamo la versione di alcuni ragazzi. Dicono che Leo continuamente veniva sottoposto a vocine che lo prendevano in giro per il suo cognome probabilmente perché finiva per la A».

L’avvocato aggiunge ulteriori dettagli: «Una ragazza aveva ripetuto ai carabinieri le parole che i genitori di Leo avevano messo in denuncia e che lei non poteva sapere. C’erano dei ragazzi che dicevano a Leo “succhiami … “. Cos’altro ci deve essere per far sì che ci sia quantomeno un disegno di atti persecutori?».

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Le magliette dedicate a Leonardo

Nulla è emerso dalla perizia sul cellulare del giovane studente del Panzini. «Dalle dichiarazioni di alcuni ragazzi scopriamo che c’è un messaggio WhatsApp che girava – prosegue l’avvocato -, ovviamente questo messaggio, acquisito dai carabinieri, non era arrivato a Leo però lui lo sapeva. Una voce femminile lo prendeva in giro dicendo che era un “cesso” e altro ancora. Non sono insulti questi? Non sono atti persecutori insieme al resto? Di questo messaggio nell’archiviazione non vi è traccia. C’è, però qualcosa e i genitori lo scopriranno adesso perché non gliel’ho detto. La procura ha indagato sulle vicissitudini della famiglia e su una situazione, a dir poco paradossale. Leo un giorno viene accompagnato in ospedale dai genitori perché aveva delle perdite di sangue. Parte immediatamente una segnalazione nei confronti di Francesco, perché in quel momento stava con il padre, dove addirittura ipotizzavano non si sa che cosa per poi venir fuori, dagli accertamenti, che aveva una malattia allo stomaco. Era accaduto nel 2020 e loro hanno avvisato tribunale dei minori, assistenti sociali e tutto quello che girava intorno, per una semplice malattia».

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Il volto di Leo nelle magliette

All’alberghiero Panzini erano state disposte anche delle ispezioni dal ministro Valditara. «Risultano situazioni contrarie a quello che dicono i docenti quindi in un caso del genere mi sarei aspettata delle indagini più approfondite – insiste il legale -. Noi sicuramente faremo un’azione di risarcimento danni nei confronti della scuola, quindi del Ministro della pubblica istruzione perchè è stato accertato che, durante le lezioni, Leo veniva preso in giro e che all’interno della scuola girava questo messaggio WhatsApp vocale. La scuola e i docenti non hanno preso alcuna iniziativa a tutela di Leo che era un ragazzo in quel momento debole». Il legale ricorda infine il vuoto normativo per casi come questo. «La magistratura si deve arrampicare su delle fattispecie di reato che non esistono.

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Paolo Baldini

Pretendiamo che venga istituzionalizzata una materia all’interno di tutte le scuole, come avviene all’estero, per insegnare ai ragazzi come fare a relazionarsi in maniera giusta e corretta, secondo quella che è la sensibilità di ognuno e pretendiamo che venga istituito il reato di bullismo».

I genitori della giovane vittima hanno scritto una lettera indirizzata a Mattarella, Meloni, Nordio e Valditara. L’hanno affidata a Paolo Baldini (la cui figlia era amica coetanea di Leo ndr) che, partendo da Montignano in bicicletta il 22 novembre la porterà a Roma per consegnarla a ciascuno di loro. «Partirò il 22 – racconta il padre di un’amica di Leonardo – la prima tappa sarà fino a Foligno, poi il 23 ripatirò per raggiungere Orte e infine il 24 arriverò a Roma. Spero di trovare nelle piazze dove farò tappa persone che facciamo sentire la loro vicinanza. Chiunque vorrà potrà seguirmi anche solo in un tratto».

Il contenuto della lettera l’ha letto in conferenza la mamma Victoria. «Nostro figlio si è suicidato il 13 ottobre 2024, apparentemente senza motivo, senza una spiegazione o almeno così vogliono farci credere. Un motivo c’era, una spiegazione anche, una sola parola: bullismo. Una parola nera e dura come la morte, che toglie la voglia di vivere, che ha distrutto nostro figlio nell’assenza delle istituzioni, nei silenzi del Governo che, ad oggi, non ha ancora istituzionalizzato e regolamentato il bullismo. Quanti altri Leonardo ci devono ancora essere affinché, con coraggio e devozione, voi prendiate una penna fra le mani al fine di regolamentare il reato di bullismo? Nostro figlio veniva costantemente bullizzato durante l’orario scolastico, lo hanno detto i compagni di classe ma i docenti dicono di non aver visto né sentito nulla.

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Francesco Calcina

Per la procura non è istigazione al suicidio perché mancherebbe il perdurare dello stato d’ansia ma un ragazzo che si ammazza lo fa perché non riesce più a gestire l’ansia. Purtroppo fino a quando le istituzioni non avranno il coraggio di affrontare il problema, i bulli resteranno impuniti, i nostri figli continueranno a morire senza dignità, tolta dall’indifferenza di chi si gira dall’altra parte, di chi fa finta di non vedere e sentire, di uno Stato che abbandona i suoi figli. Leo è figlio di tutti, perché ciò che è successo a lui può succedere a chiunque, fino a quando il cancro del bullismo non verrà sradicato definitivamente».

«Dopo che se n’è andato Leo se ne sono andati per lo stesso motivo tanti altri ragazzi – insiste Victoria – come mai non c’è ancora una legge?  Io ancora credo nella giustizia».

Il padre Francesco Calcina aggiunge: «sembra passare il messaggio che sono cose che capitano. No, non sono cose che devono capitare. Per un evento del genere qualcuno, almeno in parte, deve essere responsabilizzato. Per noi sono stati 13 mesi di sopravvivenza».

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