Monia e Giuseppe, amore in Psichiatria:
«Volevo farla finita, con lui un nuovo inizio
Non bisogna avere paura di chiedere aiuto»

MACERATA - La donna a Natale 2023 aveva tentato il suicidio. Ricoverata nel reparto di Salute mentale dell'ospedale, ha conosciuto Giuseppe, uno degli infermieri. Ora stanno insieme da quasi due anni e pensano al matrimonio. «Il ricovero in Psichiatria è un’esperienza che molti temono o giudicano, ma per me è stato l’inizio della rinascita. Non ci si deve vergognare se si ha bisogno di un sostegno»

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Monia e Giuseppe nella nostra redazione

di Marco Pagliariccio

Anche quando hai toccato il fondo, quando la vita ti sta sfuggendo di mano, a volte può germogliare qualcosa di meraviglioso: l’amore, puro, tenero, inatteso. La storia di Monia e Giuseppe, entrambi maceratesi ed entrambi 51enni, nasce dove non dovrebbe o potrebbe nascere: nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Macerata. Commessa in un supermercato lei, infermiere del reparto lui: è proprio nel momento più buio della vita di lei che il seme dell’amore trova la forza di germogliare e venire alla luce.

«Era Natale del 2023, stavo vivendo un periodo molto complicato a causa di una separazione difficile, con in mezzo tre figli – ricorda Monia – è stato uno dei momenti più difficile della mia vita, ero in un punto in cui non riuscivo più a vedere una via d’uscita, situazione che probabilmente è stata anche acuita dal fatto che fossimo in un periodo di festa, quando la solitudine familiare si sente molto di più». La situazione precipita il 27 dicembre.

«Praticamente ho preso tutti i farmaci, tutte le pastiglie che ho trovato in casa e le ho ingoiate, volevo farla finita – continua la donna – ho telefonato a una collega e le ho confidato cosa avevo fatto, lei ha chiamato i soccorsi e una volta a casa, anche se non ho mai perso conoscenza, mi hanno preso e portato in ospedale. Ricoverata in Medicina d’urgenza, dopo la lavanda gastrica il medico mi ha consigliato di andare in Psichiatria. È un’esperienza che molti temono o giudicano, ma per me è stato l’inizio della rinascita. È lì che ho iniziato a guardare dentro me stessa e a capire che avevo ancora tanto da ricostruire».

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Stefano Nassini, primario del reparto di Salute mentale dell’ospedale di Macerata

Monia resta nel reparto di Salute mentale dell’ospedale di Macerata, guidato da Stefano Nassini, per una ventina di giorni e qui conosce Giuseppe. «Ho stretto amicizia con altre tre donne, più o meno mie coetanee, e abbiamo iniziato a raccontarci le nostre storie – dice Monia – e gli infermieri ci stavano vicino: chi ci regalava un caffè, chi una merendina, si è instaurato un bellissimo clima. Sembrava più un albergo che un reparto psichiatrico. Siamo entrati in confidenza anche con loro e Giuseppe mi dice una volta: “un domani, se vorrai, potremmo andare a vedere un film insieme”. La cosa è rimasta lì, pensavo fosse una carineria data dalla situazione».

«In realtà era quello, sul serio», precisa Giuseppe, anche lui con una separazione conflittuale alle spalle, che accompagna nel racconto a cuore aperto della compagna. «Fin da subito si è mostrato una persona di grande umanità – prosegue la donna – non si è mai permesso nessun approccio personale, mai un gesto fuori posto. Ma la sua presenza era diversa: calma, attenta, empatica. Mi ha fatto sentire “vista” ma non giudicata. Ed era proprio ciò di cui avevo bisogno in quel momento».

Monia viene dimessa, torna a casa e qualche sera dopo si concede una serata da sola al cinema, al multisala di Tolentino. E il destino decide di metterci lo zampino. «Chi ti incontro? Proprio Giuseppe – svela la 51enne – il bar del cinema era chiuso e così ci spostiamo in un locale vicino chiacchierando davanti a un caffè. È stato naturale, come se la vita avesse voluto dare a entrambi una seconda possibilità. Da lì è nato un legame vero, costruito lentamente, con rispetto e fiducia. Non abbiamo cercato l’amore: è arrivato da solo, quando entrambi avevamo imparato a guardarci con sincerità».

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Oggi Monia è tornata a una vita più serena, con Giuseppe, con il suo lavoro, con i suoi interessi. E spera che il suo percorso possa accendere una luce per chi finisce in quel buio da cui lei è riuscita a riemergere. «Non bisogna avere paura di chiedere aiuto, né vergognarsi di aver bisogno di un sostegno – rimarca la donna – entrare in psichiatria non significa essere deboli, ma avere il coraggio di affrontare la propria parte più fragile. E a volte, proprio lì dove tutto sembra finire, la vita ti sorprende e ti regala un nuovo inizio. Cioè che più fa paura, e questo lo vedo anche in tanti giovani d’oggi, è l’essere trasparenti: raccontare la propria storia, le proprie paure, i propri dolori, e non avere nessuno che si interessi per te. Il retaggio culturale che abbiamo purtroppo è duro da sradicare: quante volte ho sentito bollare le mie richieste di aiuto come “cose stupide”. C’è sempre stata una grande diffidenza verso i problemi di salute mentale e continua ad essere vista come un problema più che come una soluzione. Ma molti lo capiscono solo quando poi ci passano».

Un nuovo inizio quello di Monia e Giuseppe che arriva per che presto, chissà, potrebbe portare a un altro passo in avanti. «Vogliamo sposarci, anche se non sappiamo quando potremo perché dobbiamo risolvere le nostre precedenti separazioni. Giuseppe è stato e continua a essere il mio porto sicuro. Con lui ho imparato che l’amore non è solo passione, ma anche presenza, comprensione, complicità quotidiana. È la dimostrazione che anche nei luoghi di dolore, se ci si incontra con verità, può nascere qualcosa di meraviglioso».



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