Una volontaria con una bambina di Morogoro
Un impianto di depurazione dell’acqua potabile e un impianto fotovoltaico per dare elettricità: è il risultato della missione in Tanzania di 16 volontari con il supporto dell’associazione Mgs Ser.Mi.Go Don Ennio Borgogna e della Casa Salesiana di Macerata.
Nelle ultime due settimane di agosto il gruppo di volontari, in gran parte studenti universitari, è partito di nuovo alla volta di Morogoro dove sono stati accolti dalla missione delle Figlie di Maria Ausiliatrice guidata da sister Cecilia Cardinal.
Durante l’anno l’associazione ha lavorato per garantire l’autonomia della missione, sostenendo progetti come l’installazione di un impianto di depurazione dell’acqua potabile e di un impianto fotovoltaico, che assicura elettricità.
L’impianto fotovoltaico realizzato
Inoltre, grazie al contributo di un team di ingegneri volontari supportati dall’Università Politecnica delle Marche, è in fase di studio la realizzazione di una scuola secondaria tecnica, pensata per offrire formazione a chi non può permettersi ulteriori studi.
L’impianto di depurazione dell’acqua
Le testimonianze dei giovani raccontano con forza l’esperienza vissuta. «Accompagnati dalla comunità di suore Fma – racconta Alessandra, neo laureata in Psicologia -, formata quest’anno da sister Cecilia, sister Anisia e sister Lucy e felici di rincontrarla di nuovo abbiamo potuto vedere dal vivo i sostegni a loro mandati, in particolare per l’impianto di depurazione dell’acqua e quello fotovoltaico. Sono partita per la seconda volta perché, in modo un po’ egoistico, desideravo risentire, forse questa è l’unica cosa che avevo chiara e che ho chiara tuttora».
Alessandra descrive l’Africa come un continente magico ma allo stesso tempo complesso «che ti aiuta a sentire, questo l’ho provato sia la prima sia la seconda volta. Quando sei lì, all’inizio con un po’ di fatica, inizi piano piano ad abbandonare le cose che non sono necessarie. L’unica cosa importante era ed è vivere ed essere lì. La verità, l’Africa e chi la vive porta verità e ti fa sentire un po’ meglio tutto ciò che abitualmente nella corsa e nella fretta del quotidiano anestetizziamo».
Alessandra, neo laureata in Psicologia
E’ un’Alessandra più ricca quella tornata a casa dopo la missione: «Torno un pochino più alleggerita dalle preoccupazioni soffocanti ma riempita dalla vita vera, quella vita che lentamente si dirige verso la felicità e l’eternità. Torno con molte più domande dell’anno scorso e con la certezza di volerle custodire per raccontare a chi l’Africa non l’ha mai vista gli occhi e le vite di chi l’Africa la vive».
Alice studentessa di Filosofia
«Nella pratica abbiamo effettuato attività di animazione nelle scuole pubbliche e nell’oratorio della missione – prosegue Michele, studente universitario di Macerata -. Sono partito cercando di non crearmi alcuna aspettativa, dentro di me c’erano però tanti desideri. Il desiderio di conoscere, di scoprire, di incontrare. Non solo questi desideri si sono esauditi, ma sento che quanto ho vissuto ha lasciato in me un segno profondo. Mi rendo conto però che qualsiasi cosa potrei raccontare non restituirebbe la pienezza di ciò che ho sentito.
Michele studente di Lettere
Non saprei come ridire la gioia provata nei sorrisi che mi hanno accolto, la sincerità negli occhi che mi guardavano, il calore delle mani che ho stretto, il dolore nel guardare le vite più dure, l’inadeguatezza davanti a persone che nel non avere nulla, ti donano molto di più di quanto tu potrai mai ricambiare. Non posso che essere profondamente grato con chi mi ha permesso di vivere tutto questo, il Sermigo e soprattutto la comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Morogoro».
Il gruppo dei volontari con gli animatori locali
A parlare è anche Alice, studentessa universitaria, originaria di Urbisaglia: «Per condividere non è sufficiente una bocca, che resterebbe, e resterà, infatti, inadeguata. Dare un proprio volto all’Africa è difficile. Che si abbiano a disposizione: pupille, da allenare a dilatarsi, inseguendo la polvere rossa mentre corre sotto i piedi a perdita d’occhio; un equilibrio, pronto a smarrire sé stesso di fronte al viso raggiante di un bambino che a stomaco vuoto rivela correndo fame solo della vita lieve di cui sanno i giochi insieme; pelle, da stratificare di ciò che le è estraneo. Non basta un copro per contenere l’amore che, insolente, senza domandare consensi, si muove agile tra i gesti quotidiani della gente, e si avventa, assale, invade, senza rimedio.
Sister Cecilia Cardinal
Un’insidia dilagante, persistente: non c’è rifugio dalla meraviglia disarmante di un’umanità che si muove attraverso le miserie dei propri giorni celebrando la vita»
Il viaggio è stato anche l’occasione per consegnare ai più bisognosi il materiale raccolto dai tanti benefattori.
(redazione CM)
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