Padre Giovanni Petrelli con Papa Francesco
Da Saronno non aveva resistito, lui treiese doc, all’eterno fascino della Disfida al Bracciale. E padre Giovanni Petrelli, 76 anni, dei “Figli dell’Immacolata Concezione” ha vinto due volte. La Disfida con il suo quartiere, l’Onglavina, e soprattutto sul fronte della salute.
Qualche giorno fa, all’improvviso, mentre si trova a Treia per la Disfida ha sentito due fitte al petto. Una telefonata all’amico di sempre, Valentino Palmucci, e tramite lui immediata la visita da parte del medico Francesco Pellone.
Il giorno dopo il ricovero al reparto di Cardiologia dell’ospedale, diretto dal primario Mario Luzi. Accertamenti, coronarografia, esclusione di problemi seri, ma monitoraggio periodico.
Poi il ritorno a Treia e la gioia per la vittoria dell’Onglavina per padre Petrelli – che racconta come Luigi Monti, un falegname nato 200 anni fa a Bovisio diventato infermiere, creò nel 1857 quella Congregazione di S. Spirito che a Roma gestisce la celebre “Clinica della pelle” cui fanno riferimento i Figli dell’Immacolata Concezione.
Poi la gratitudine per chi tanto bene l’ha curato. «Con l’eccellente cardiologo Claudio Palpacelli, devoto al ricordo di un mio grande amico don Giuseppe Branchesi, desidero ringraziare – dice Petrelli – tutta l’equipe medica del reparto di Cardiologia dell’ospedale di Macerata per la professionalità, competenza e umanità di tutti gli operatori che assistono con pazienza gli ammalati infondendo in loro quella serenità di cui hanno bisogno. Umanità nei rapporti con l’ammalato quasi che gli operatori fossero persone di famiglia. Anche di notte ogni volta che venivano chiamati accorrevano e con pazienza cercando di accontentare il malato. E non c’è esagerazione: ho girato diversi ospedali, ma a Macerata ho trovato persone sensibili e simpatiche con cui potersi intrattenere».
Mi auguro che non vi occorra quel reparto come accaduto a me in pieno Covid ma i Doc Pellone, Luzi e Capponi tutti e 3 sperimentati da me sono un'eccellenza in quel reparto insieme a tutti gli altri medici, infermieri e os. Un mese di degenza senza poter vedere un familiare e senza covid, come non ricordare le due infermiere, loro sanno a chi mi riferisco, una che mi ha raso la barba e l'altra che mi veniva sempre a trovare all'uscita/entrata dei suoi turni aiutandomi a tirar fuori la biancheria/ vestiti dalla mia valigia quando le forze erano a 0. Certe cose non si possono dimenticare
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