Un momento di Montelago
di Leonardo Giorgi
Davanti a uno stand che vende senza sosta bicchieroni di cappelletti in brodo, quattro musicisti, senza essersi mai visti prima, improvvisano un concerto folk e fanno ballare decine di persone nei paraggi.
Poco più in là, un gruppetto di ragazzi intona il tema principale di Jurassic Park, stupiti ed entusiasti alla visione di un uomo vestito da dinosauro che, esaltato, si prodiga in una qualche stentato passo di danza.
Accanto a loro, da qualche istante, le “persone più alte” del festival hanno deciso di riunirsi tutte in un punto; è così che, tra le più di 10mila persone presenti ogni giorno, si forma un capannello di una decina di spilungoni che viaggiano tra i 190 e i 200 centimetri di stazza.
Tutto questo capita nell’arco di cinque minuti, in un solo piccolo spazio degli sconfinati ettari del Montelago celtic festival, arrivato ieri all’ultima serata della 22esima edizione.
Ogni anno a Serravalle per quattro giorni si intrecciano migliaia di storie, momenti, parole, esperienze e canzoni, in quello che è un festival capace di restare per un centinaio di ore all’anno completamente fuori dal mondo e dal tempo.
Una vita parallela, fatta di comunità e collaborazione, che parte una volta varcato il cancello d’ingresso (una visione, quest’anno, concessa in pratica solo a chi aveva prenotato il biglietto con largo anticipo, considerato il rapido sold out). Sensazioni difficili da mettere a parole finché non si vede, effettivamente, cosa succede al di là di quel cancello.
Il rettore
Ci prova a farlo Michele Serafini, direttore artistico dal 2019, che commenta così l’edizione appena conclusa: «Montelago non è solo un festival, è un’esperienza trasformativa. Ogni anno cerchiamo di costruire un mondo temporaneo che sappia parlare a tutti, senza barriere, unendo musica, narrazione, gioco e comunità. Anche stavolta abbiamo visto persone prendersi cura degli spazi, collaborare, partecipare con intelligenza e gioia. Questo è il vero miracolo di Montelago: un luogo dove la libertà non è confusione, ma responsabilità condivisa, dove la festa è anche rito e la cultura una forma di resistenza alla banalità. Il 2025 è stata una conferma: per Montelago non sono importanti i numeri, ma il cuore di chi lo vive».
Il cuore del festival, neanche a dirlo, è la sequenza senza fine (o quasi) di concerti che si sono tenuti tra i cinque palchi ufficiali, a cominciare dai maestosi Wardruna che hanno rapito l’altopiano con un concerto magnetico, al tempo stesso rituale e travolgente, che resterà a lungo nella memoria collettiva del festival (leggi l’articolo). E ancora, l’energia epica dei Wind rose ha fatto tremare i Sibillini, mentre il maestro Davy Spillane ha incantato il pubblico al tramonto con le sue cornamuse evocative e il raffinato set degli Ogam.
Applauditissimi anche i giapponesi Harmonica creams, per la prima volta in Italia, capaci di fondere l’estetica celtica con blues ed elettronica. Erano i più attesi e hanno conquistato l’ultima notte del festival. E ancora Kan, Groove factory, Elephant sessions, Peatbog Faeries, Kathryn Tickell & The darkening, Corte di lunas, Kalandra, e uno European celtic contest che ha visto esibirsi giovani talenti da tutto il continente.
Sold-out la tenda Tolkien, dove la storica madrina Loredana Lipperini ha guidato un programma ben variegato: tra i momenti più intensi, l’incontro con Luigi Serafini e Laura Imai Messina, oppure la presentazione di Viola Di Grado che ha stregato il pubblico per profondità e visione. Apprezzata anche la rassegna cinematografica Moviement, che ha acceso le notti di Montelago con visioni sul viaggio e il nomadismo interiore. Il Riddle pit si è confermato punto di riferimento per le community del gioco, con oltre 50 eventi tra sessioni di ruolo, tornei (molto partecipato il contest legato al gioco di carte Magic the gathering) e workshop narrativi.
Senza dimenticare le cerimonie celtiche all’Accampamento storico, luogo di bellezza e memoria viva, dove in quattro giorni si sono celebrati oltre 70 riti, tra nozze e battesimi simbolici. Brulicanti di attività e presenze anche le aree dedicate ai workshop – più di 60 quelli proposti tra danza, musica, artigianato e osservazione del cielo – e il Balfolk stage, che ha ospitato una vera maratona di balli e concerti sotto le stelle.
Lo spirito sportivo ha trovato casa nella rinnovata Arena avalon, che ha accolto i giochi celtici, il rugby, le esibizioni Strongman e nuove sfide con un pubblico calorosissimo. In crescita la partecipazione delle famiglie, con il Family village e la tenda Kids sempre animata da laboratori e giochi esperienziali pensati per i più piccoli. Il tutto, aspettando la prossima edizione: c’è chi non vede l’ora di tornare e chi, semplicemente, ancora non c’è stato.
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Grande e bellissima manifestazione, dopo bisogna anche vedere cosa intendono i giovani, ma anche i meno giovani, per libertà, oltre alla ‘non confusione’, come qui si afferma!!! gv
Molto più potente dell’utopia di Woodstock.