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“Santamaria dagli occhi bianchi”,
il ritratto di una generazione

IL LIBRO di Rosanna Vittori, insegnante di filosofia di Porto Sant'Elpidio, racconta la storia di una donna che ha rinunciato alla scuola per i campi, di una istituzione, la famiglia, assai diversa da oggi e di una regione, le Marche, dove d'un tratto i contadini divennero artigiani, le aree interne si spopolarono e la costa cominciò a riempirsi di gente nuova

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Rossana-Vittori

Rossana Vittori

La storia di “Santamaria dagli occhi bianchi” è una lancia che trapassa le nebbie della nostra memoria addormentata. Buca il tempo e attraversa potentemente tutti i momenti di una famiglia di mezzadri a cui la sorte non ha risparmiato dolori e difficoltà. La racconta Rosanna Vittori, insegnante di filosofia di Porto Sant’Elpidio. Di questo territorio ha osservato e vissuto in prima persona la trasformazione, sia in qualità di amministratrice pubblica -ruolo che ha svolto per diversi mandati- che come volontaria nel terzo settore. Con questo scritto e alla sua prima pubblicazione. «La sua narrazione appassionata e sincera  – si legge in una nota di presentazione – rende facile da subito immedesimarsi in una vicenda fatta di lavoro e voglia di riscatto, tragedie e piccoli miracoli, montagne e poderi pianeggianti. Nel libro “Santamaria dagli occhi bianchi”, edito da Edup, si può cogliere il ritratto di un’intera generazione di donne e di uomini alle cui sofferenze dobbiamo tutti il benessere di cui, nonostante tutto, ancora godiamo».
Dentro la storia di una donna che ha dovuto rinunciare alla scuola per lavorare nei campi, ce ne sono tante altre che, specialmente in questi tempi incerti, meritano di essere ricordate e portate all’attenzione dei più giovani. C’è quella, per esempio, di una regione, le Marche, dove d’un tratto i contadini divennero artigiani, le aree interne si spopolarono e la costa cominciò a riempirsi di gente nuova. E soprattutto nacque uno dei più importanti distretti calzaturieri a livello mondiale, con la maggior parte delle abitazioni trasformate in case-fabbriche in cui l’odore del cuoio e del mastice si mescolava a quello dei prodotti dell’orto.
Come pure c’è la storia di un’istituzione, la famiglia, che al tempo di nonna Maria era assai diversa da oggi. Quella della protagonista, e della nipote che ne racconta la “tigna” di vivere, è stata segnata da lutti e mancati ritorni (da una guerra che la povera gente combatteva senza capirne le ragioni). Da allontanamenti e ricongiungimenti, da merletti e latte appena munto, dalla caparbietà di gente vissuta in un tempo dove imparare a fare la propria firma poteva essere la più grande delle conquiste.
«Non c’è tempo migliore di quello che stiamo vivendo – si legge in una nota – per leggere una storia come questa. In essa è contenuto il segreto di una capacità di adattamento e resilienza sviluppata, più o meno consapevolmente, per non soccombere e guadagnarsi col sudore della fronte il proprio posto nel mondo. Oltre che godibile, il libro di Rosanna Vittori, insegnante con alle spalle un’importante esperienza come amministratrice pubblica, costituisce l’occasione per domandarsi se non sia il caso, di fronte ai disastri di questa nostra epoca, di recuperare valori e sentimenti che in un passato non lontano ci hanno permesso di restare in piedi nonostante guerre, miseria e bocche da sfamare».

 



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