I testimoni
Oltre 150 persone all’oratorio della parrocchia Santa Madre di Dio di Macerata, dove oratorio e Associazione della Polizia hanno organizzato l’incontro con la testimonianza di chi ha perso un figlio, di chi ha perso tutto con il terremoto, di chi aveva i famigliari in Ucraina, di chi era stato tra la vita e la morte per il Covid. Presenti la consigliera regionale Anna Menghi, l’assessore alla Sicurezza Paolo Renna, i consiglieri Antonella Fornaro, Alesandro Bini e Maurizio Del Gobbo, il comandante della Guardia di Finanza, Fernando Falco, il vicario del questore e il capo di gabinetto, Rocco Carrozzo e Edoardo Polce.
Filippo Saltamartini
«Con lucidità – racconta l’avvocato Giancarlo Pietrella, che si è salvato dal Covid – ho chiesto al Signore se fosse giunta la mia ora e grande conforto ho ricevuto nel vedere due volti conosciuti, don Carlos che mi ha dato l’estrema unzione, e il medico rianimatore Emanuele Iacobone, che procedeva con la tracheotomia, fili, aggeggi vari, sballottamenti. Mi sono risvegliato dopo un mese, avevo perso 18 chili».
«Due sentimenti: angoscia e paura in quei terribili secondi – dice Giuseppe Salvucci, terremotato -. Riesci ad uscire di casa, sei salvo, l’angoscia finisce, resta la paura, la prima cosa correre al mio paese, San Ginesio, dove ci sono gli affetti, le amicizie, ritrovarsi nella piazza del paese, vedere che tutti sono salvi, abbracciarsi con tanta forza e trovare una fratellanza che pensavi non più esistesse. Vedere la tua casa e il tuo paese distrutto ti fa ripensare a quando da bambino costruivi un castello sulla sabbia poi veniva un’onda che lo distruggeva, tu piangevi, ma poi ti facevi forza e ricominciavi e così quale tecnico del comune ho ripreso con slancio il lavoro».
Halyna, cittadina Ucraina, da tempo in Italia, apprende del pericolo che corrono i suoi famigliari, supera la paura iniziale, e si prodiga con la Caritas ad aiutare i suoi connazionali giunti nella penisola. Le fa eco l’ispettore di Polizia Landina Recanatesi, che evidenzia come il Ministero dell’Interno abbia diramato una direttiva per facilitare il soggiorno dei cittadini ucraini e come gli operatori di polizia si siano coinvolti in questa situazione, prestando la loro opera anche al di fuori del servizio.
Commovente la testimonianza di Laura, la madre di Leonardo Caucci della Squadra Mobile, che ha trovato la morte con il collega Gianluca Angelozzi in un incidente stradale il 3 febbraio 1997 mentre stava effettuando un’attività antidroga. «Non riuscivo a capire cosa fosse accaduto. Solo quando, come un’automa, mi hanno portata all’ospedale per il riconoscimento me ne sono resa conto. Nei momenti più bui mi rivolgo a lui, prego tanto e proprio la preghiera mi ha dato la forza di continuare, lo sogno e lui ha sempre parole di conforto per me».
Un saluto è stato rivolto a Gabriella e Franco Vincenzetti, genitori di Paolo, anch’egli poliziotto morto in un incidente fuori servizio. Quindi l’avvocato Giuseppe Bommarito ha ricordato la sua drammatica storia per l’improvvisa, inattesa morte del figlio.
Il pubblico ha seguito con coinvolgimento queste testimonianze e le riflessioni fatte per le singole tematiche dal funzionario Onu in teatri di guerra Andrea Angeli, dal segretario regionale dell’Anci (l’associazione dei comuni italiani) Marcello Bedeschi e dall’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini che si è trovato a dover gestire la pandemia nonostante la carenza di personale.
Edoardo Menichelli
«La sicurezza si ottiene con la solidarietà, non solo nel momento dell’emergenza, ma in ogni momento: non è concepibile che facciamo fatica a bussare alla porta del nostro vicino – onclude il cardinale Edoardo Menichelli -. È necessario metter al centro la persona, non importa se la vita sia o meno breve, va vissuto il presente, con generosità, creatività, con solidarietà. Dobbiamo perseguire la cultura della provvisorietà, nel senso che non sono proprietario del tempo. Alla provvisorietà devono aggiungersi due concetti previdenza e precarietà che camminano in parallelo, con una struttura del nostro io che non si affidi esclusivamente alla realizzazione dei desideri terreni, ma che abbia come guida l’anima. Non affidiamoci ad un bottone, che premendo accoglie la mia richiesta, ad una medicina che mi fa passare il male, ad un’assicurazione che mi libera da ogni impiccio, alla ricerca del colpevole se qualcosa non va, ma prendiamo la vita non come proprietà, ma come dono da custodire, abituiamoci alla debolezza della consapevolezza che siamo in un tempo determinato. Come i ragazzini che ai primi amori si scambiano messaggini per trasmettere i propri sentimenti, così siamo coscienti che abbiamo un Padre a cui rivolgerci, a questo mistero che è la vita, diamo sapienza e troviamo la forza di portare le nostre croci, che spesso sono frutto dello sbagliato uso della nostra libertà».
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