Scuole, l’allarme della Cgil:
«Mancano gli insegnanti di sostegno»

CONTINUA il trend negativo nella nostra provincia, con un paradosso: gli 880 posti per la specializzazione concessi a Scienze della Formazione a Macerata. Antonio Renga del sindacato: «L'Italia ha una tra le migliori leggi a tutela della disabilità ma non ci sono abbastanza prof»

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Antonio Renga (Cgil) mostra la tabella dell’Usr

 

di Monia Orazi

Ad un mese dall’inizio dell’anno scolastico mancano ancora professori nelle scuole della provincia di Macerata. In particolare continua la carenza storica di insegnanti di sostegno, le cui cattedre non sono coperte da docenti titolari. Un paradosso proprio per Macerata, dove la sede della facoltà di Scienze della Formazione è tra quelle che ha ottenuto più posti in Italia per il corso di specializzazione in sostegno, pari ad 880 in tutto, terza in Italia e preceduta solo dall’università suor Orsola Benincasa di Napoli e dall’università della Calabria. Un quadro confermato dai numeri, a Macerata nel 216 erano disponibili solo 280 posti per il tirocinio formativo attivo per gli insegnanti di sostegno, nel 2019 ci sono 180 posti per la scuola dell’infanzia, 300 per la primaria, duecento ciascuno per la secondaria di primo grado e le superiori. In queste ore le scuole stanno ancora convocando aspiranti docenti dalle graduatorie di istituto o di classe di concorso, che si trovano in terza fascia e non hanno frequentato corsi di specializzazione ma che da anni lavorano come insegnanti precari e spesso mai stabilizzati, per coprire i posti vacanti ed assicurare il servizio educativo agli alunni.

IL SINDACATO – «E’ un trend storico la carenza di insegnanti di sostegno – spiega Antonio Renga della Flc-Cgil Macerata – deriva dalla scelta dei ministri precedenti di istituire pochi corsi di specializzazione riguardo al sostegno. Sino alla riforma della cosiddetta “Buona scuola” si otteneva la specializzazione frequentando la Siss (Scuola di specializzazione per l’insegnamento superiore, n.d.r) poi il Tfa, con il costo del corso compreso tra i tremila ed i cinquemila euro, con costi alti di organizzazione per le università, scaricati sugli studenti, altro che diritto allo studio. L’Italia ha una tra le migliori leggi a tutela della disabilità ed è previsto un buon numero di insegnanti di sostegno, ma non ci sono abbastanza insegnanti, per questo le scuole per coprire posti vacanti, attingono alle graduatorie di istituto, senza trovarli, poi a volte a quelle di altri istituti senza esito ed attingono poi alle graduatorie delle diverse classi di concorso. Il problema è che l’alunno si ritrova un docente che non ha la specializzazione per il sostegno, ma di fronte al rischio di non offrire il servizio, si utilizza questo metodo».

I CAMBI – Una buona riforma in tal senso era stata fatta durante il governo guidato da Paolo Gentiloni. «Si accedeva con la laurea ed il concorso di ruolo e ventiquattro crediti formativi universitari – specifica Renga – una volta superato il concorso si accedeva al Fit, il percorso triennale di formazione, con inserimento graduale nella funzione docente, i cui costi erano a carico del ministero e non più a spese dell’aspirante docente. Il problema è che questo iter non è mai partito e con il precedente ministro Marco Bussetti è di nuovo cambiato tutto, sono stati stabiliti 20mila posti di specializzazione in tre anni, di cui 800 a Macerata, più posti di tutti gli atenei della Lombardia messi insieme, con una prova preselettiva ed orale ed il costo del corso di specializzazione a carico del futuro insegnante, per una cifra di 3mila e 300 euro ciascuno a Scienze della Formazione. Nel giro di pochi anni, i posti di insegnanti di sostegno dovrebbero essere coperti e questo è un vantaggio per gli alunni disabili, cancellando la situazione attuale di carenza di insegnanti dovuta ai posti di specializzazione centellinati negli anni scorsi».

LE RICHIESTE – A Macerata dunque ci sono oltre ottocento “studenti” che hanno l’obbligo di frequentare la specializzazione, in gran parte persone già entrate nel mondo del lavoro.  «Non tutti possono permettersi di sborsare questa cifra – continua Renga – il diritto allo studio non è garantito, il percorso migliore sarebbe quello ideato da Gentiloni, per quanto riguarda le superiori la nuova riforma ha anche cancellato la differenza per aree. Sui posti a tempo determinato lo Stato risparmia perché i contratti sono sino al trenta giugno e due mesi non sono retribuiti. Come sindacato continuiamo a chiedere corsi di specializzazione, si scaricano i costi di organizzazione, alti per l’università che riceve sempre lo stesso fondo di finanziamento ed ha invece avuto un aumento delle spese, sull’ultima ruota che sono gli studenti».



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