di Ugo Bellesi
Spesso l’uomo della strada (come si diceva una volta) si domanda come mai negli ultimi tempi crescano così vertiginosamente l’avversione verso i partiti, il discredito per le istituzioni, la voglia di non andare a votare, le accuse verso la burocrazia, il rancore verso quanti sono forti soltanto contro i deboli. Mentre l’uomo della strada una risposta non la trova, qualsiasi terremotato ve ne potrà fornire mille: la “deportazione” della gente subito dopo il sisma in località lontanissime, le casette costruite in ritardo e adatte più al mare che alla montagna, le macerie che ancora intasano le strade di tanti centri, le zone rosse che ancora impediscono di rientrare nelle proprie città, la persecuzione contro le soluzioni di emergenza (roulotte, camper, casette di legno, capanne ecc.) di chi non ha voluto abbandonare la propria terra, gli allevamenti lasciati sotto la neve nell’inverno del 2016 e in questi mesi rimasti senza i contributo regionali per l’acquisto dei foraggi…
Ma ciò che ha fatto traboccare il vaso è stata quella che tutti i sindaci hanno considerato una “carognata”. Si tratta della intimazione rivolta dal commissario alla ricostruzione Paola De Micheli ai primi cittadini di “destinare i premi dell’assicurazione sul sisma per pagare la ricostruzione della prima opera pubblica della propria cittadina”. Ciò significa che il Comune più previdente di altri, e che quindi ha pagato la polizza assicurativa contro il terremoto, quando riceverà dalla assicurazione il risarcimento, quella somma andrà ad integrare la spesa per la ricostruzione della prima opera pubblica in programma nella sua città. Quindi chi non ha fatto l’assicurazione avrà tutta la spesa per la ricostruzione dell’opera pubblica a carico dello Stato. E’ un chiaro segnale per invitare i Comuni a non fare più le assicurazioni contro i terremoti. La De Micheli ha reagito alle critiche dei sindaci, che si sono sentiti giustamente “espropriati”, dicendo che lo stesso criterio è stato adottato anche per i privati cittadini e che tutto era stato chiarito con la Regione. Il che significa che anche per i privati si tratta sempre di un “esproprio”. Infatti può esserci la coppia di anziani che non intende ricostruire il suo casolare distrutto ma preferisce destinare la somma avuta dall’assicurazione per pagare la retta in una casa di riposo. Chi potrà costringere quei coniugi a restaurare la casa, che resterà disabitata, e quindi lasciarli senza neppure un euro per la retta nella casa di riposo? Non è assurdo?
La De Micheli dichiara anche di aver parlato di questo problema in Regione. E’ chiaro che le avranno risposto, imitando Dario Fo, “Oh che bel che bel l’è …”, forse con la speranza che, col risparmio sulle spese della ricostruzione, si potrà realizzare qualche altro documentario per sostenere la ripresa del turismo nel Pesarese, danneggiato dal fatto che alcuni turisti, nell’estate 2016, avevano disdetto le prenotazioni per timore del terremoto… che non aveva colpito il Pesarese. Perché invece di interpellare la Regione non si è pensato di parlare del problema con i sindaci spiegando esplicitamente le ragioni per cui si prendeva questo provvedimento? Precisando anche che, siccome sono una quarantina i Comuni marchigiani colpiti dal sisma i quali avevano fatto l’assicurazione, si aveva una disponibilità di oltre 50 milioni di euro che “avrebbero fatto comodo” per incrementare la somma messa a disposizione dallo Stato per la ricostruzione delle opere pubbliche. Hai visto mai? Forse qualche sindaco si sarebbe potuto convincere a rinunciare al risarcimento. E invece si è preferito imporre tutto dall’alto con l’ordinanza n.43. Ed è stato proprio questo “dictat” che ha fatto arrabbiare i sindaci i quali hanno subito annunciato ricorso al Tar. Infatti con questo provvedimento si calpesta per l’ennesima volta la tanto decantata autonomia locale.
«In pratica – ci spiega un sindaco del Pd– è come se chi avesse fatto l’assicurazione contro i furti poi fosse obbligato a riacquistare gli stessi oggetti che gli sono stati rubati. Nell’assicurazione per il terremoto il risarcimento è dell’amministrazione comunale e quindi deve essere il consiglio comunale a decidere come investire quella somma! Questa ordinanza porterà 50 milioni nelle casse dello Stato ma chi può dire quanto ci costerà in termini di voti e di votanti?» Ma quello che si teme soprattutto, da parte degli enti locali, è che questo “dictat” possa costituire un precedente. Nel senso che lo Stato potrà sempre decidere come spendere i risarcimenti delle assicurazioni fatte dai Comuni. Così se un’auto dei vigili urbani va distrutta in un incidente stradale, il risarcimento dell’assicurazione potrebbe essere destinato, anziché ad avere un’altra auto nuova, all’acquisto di pattini e biciclette per i vigili, in modo che, in mezzo al traffico, potranno essere più veloci a raggiungere le varie zone della città. Poi, magari a qualche alto funzionario, potrebbe venire in mente di suggerire il recupero anche delle somme provenienti dall’assicurazione sulla vita dei dipendenti pubblici, quando questi arriveranno a miglior vita.
Ovviamente stiamo scherzando proprio per dimostrare quanto sia assurda (anche se probabilmente potrà essere pure legale, ma ne dubitiamo) la decisione di appropriarsi da parte dello Stato delle somme ricavate dal risarcimento assicurativo per i danni del terremoto. Tanto più perché la polizza assicurativa è stata pagata dal Comune con i soldi dei cittadini. Ma a pensarci bene non dovrebbe essere lo Stato a pagare le polizze assicurative per tutti gli edifici pubblici? Allora sì che avrebbe diritto di riprendersi tutti i risarcimenti che vuole. Invece essendo stata l’amministrazione comunale a fare l’assicurazione sul terremoto è chiaro che, nella previsione del risarcimento, il sindaco, la giunta e il consiglio comunale avranno già programmato come investire quella somma e certamente non per fare la piscina, o una pista ciclabile e tanto meno uno spot pubblicitario. Ma sicuramente per sostenere la ripresa economica del territorio, per aiutare le famiglie in maggiori difficoltà, o per risolvere i mille altri problemi di cui soffrono tutti i Comuni d’Italia, i quali, come è noto, sono anche “gli esattori per conto dello Stato”.
Quindi si tratta di un provvedimento assurdo in danno dei Comuni ma soprattutto in danno dei privati. Si pensi se può essere espropriato del risarcimento chi ha un figlio o una madre gravemente malati. Si ritiene che sia disponibile a privarsi di quella risorsa, che può essere indispensabile per ricorrere alle cure più costose, pur di restaurare la casa? Ma quella somma può essere più preziosa per mille altre esigenze molto più impellenti rispetto alla casa, come può essere ad esempio la necessità di far terminare gli studi ad un figlio in una lontana Università. Ma queste esigenze forse non contano nulla per le istituzioni, per i partiti, per i funzionari ben pagati che hanno altro da pensare. E invece basterebbe soltanto che si ricordassero che i terremotati non sono cose, sono persone che hanno dimostrato una grande dignità prima e dopo il terremoto, che hanno affrontato tanti sacrifici, a volte immensi, e per questo meritano il rispetto di tutti. E il risarcimento delle assicurazioni per i danni del terremoto non deve essere considerato un salvadanaio da cui attingere a piacere. E poi ci si meraviglia se qualche milione di persone non andrà a votare? Ci si sorprende perché c’è il discredito verso le istituzioni? Ci si stupisce se i partiti hanno sempre minor seguito? Ci si rammarica perché si è perso il senso dello Stato? Si guarda con stupore quanti cambiano canale quando in Tv ci sono i politici?
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