di Mario Monachesi
Superstizioni e pregiudizi non hanno quasi mai abbandonato il cammino dell’uomo. Per quanti ne esistano-resistano oggi (e ne esistono e ne resistono, statene certi), un tempo essi erano senz’altro in un numero abbondantemente superiore, ed alcuni anche di un pittoresco davvero geniale. Proviamo a scorrerne alcuni.
Una volta se un bambino moriva a pochi giorni dalla nascita, il tragico evento veniva addebitato al fatto che il parto della mamma era avvenuto in concomitanza con quello di una balena. Quando un neonato veniva alla luce “co’ lu mandu”, cioè avvolto nel sacco placentare, si diceva che nella vita avrebbe avuto grande fortuna. A nessun bambino si doveva fare solletico sotto le piante dei piedi perché si diceva che “je se sveja li vermini”, cioè che gli si sarebbero fatti venire i vermi. Spesso, nei pranzi matrimoniali, o di cresime e comunioni, si giocava a spezzare un piccolo ossetto di pollo (ricavato dal petto) a forma di forchetta. A seconda di come si rompeva, il nascituro della coppia, per cui il gioco veniva fatto, sarebbe stata femmina o maschio.
Incontrare una donna gobba era segno di disgrazia, l’ululare a lungo del cane indicava lo stesso presagio, indossare invece un indumento a rovescio voleva dire doni in arrivo o anche arrivo di parenti. Lo sbatter spontaneo dell’occhio destro veniva considerato segno di disgrazia, il batter di quello sinistro, di fortuna. Il prurito del palmo della mano destra significava soldi, quello del palmo sinistro pagamenti. Sognare uva portava lacrime, sognare pane o grano indicava invece abbondanza e benessere. Non esisteva partita di briscola, in cui i giocatori non usassero toccare le tre carte ricevute con quella posta in mezzo, perché si riteneva che portasse fortuna. Altra usanza era quella di non accendere con un solo cerino tre sigarette, perché si diceva che sarebbe morta la persona più giovane. La foglia che cadendo si posava sulla testa di qualcuno, era segno di fortuna. Pestare una cacca è anche oggi segno di fortuna. Altra fortuna era abbinata alle macchie bianche sulle unghie. Uno starnuto di mattina era buon segno, di sera invece indicava prossima pena.
Quando ad una persona andava tutto storto si chiedeva se avesse “pisciato” in chiesa, questa domanda aveva origine dalla credenza che se durante il battesimo il bambino faceva la pipì, appunto in chiesa, nella vita sarebbe stato sfortunato. Se una persona, dopo una nottata di sogni, non ne ricordava neanche uno, si sosteneva perché appena sveglio si era toccato la testa. Parlando di qualcuno che aveva un brutto male, era buona norma non toccarsi la stessa parte colpita perché si riteneva che, il male, avesse in breve aggredito anche li. In campagna si usava, nel primo giorno di semina, pranzare con i ceci: ciò era di buon augurio affinché i chicchi di grano fossero venuti grossi come ceci. Sempre in campagna i matrimoni avvenivano di giovedì ma la sposa faceva l’ingresso nella nuova casa solo la domenica: questi tre giorni di lontananza servivano per tener lontano dal talamo qualsiasi malanno. Se però durante i tre giorni accadeva qualche disgrazia, le più oscure previsioni gravavano sulla loro vita coniugale. La morte di qualche animale della stalla invece significava la morte del primogenito. Se, il giorno del convivio nuziale, nella stalla fosse nata una bestia, il primogenito della nuova famiglia sarebbe stato un maschio.
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