Nicola Maria Martino colora la Gabamc:
“Macerata città che ammiro e amo”

L'artista, nel giorno del suo compleanno, ha inaugurato l'esposizione nella galleria dell'Accademia di Belle Arti. Momenti di commozione per il ricordo del suo maestro e amico Sante Monachesi

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Da sinistra: Antonello Tolve, Paola Taddei, Federica Curzi, Nicola Maria Martino, Giuseppe Sylos Labini e Marianne Wild

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Nicola Maria Martino

 

di Maurizio Verdenelli

(Foto di Lucrezia Benfatto)

“Agrà vincerà”. E nel segno di Monachesi, l’anti-Guttuso per antonomasia, anche lacrime. Non trattiene una forte commozione, l’allievo prediletto del maestro maceratese, il maestro Nicola Maria Martino, questa sera, alla fatidica domanda. “Che ricordi ha ancora di Sante?” gli chiede infatti Roberto Properzi (Etv) e l’assistente ‘storico’ di Monachesi all’Accademia di Roma allontana per una manciata di secondi il microfono e ‘si chiude’, nascondendo il viso, in uno degli angoli della Galleria Gaba, in piazza Vittorio Veneto, dove è stata allestita la sua mostra: L’Evento del Ritorno. E’ un lungo momento di intensa suggestione. Non se ne accorge circondata da amici ed artisti Donatella Monachesi, la figlia del grande Sante, fondatore del movimento Agrà, firmato dallo stesso Martino. L’atelier (chiusura prevista il 4 dicembre) conclude l’uno-due nel segno di Monachesi cui gli stessi curatori Antonello Tolve e Marianne Wild avevano dedicato tra aprile e maggio la prima esposizione: Futuragrà. Oggi Nicola Maria Martino – nato nella garganica Lesina, in provincia di Foggia – compie 70 anni e migliore occasione di celebrazione pure artistica non poteva esserci. “Ero un studente dell’Accademia di Roma negli anni ’68-‘69 e frequentavo l’affollato corso di Decorazione di Monachesi. C’erano trecento iscritti, era la cattedra di maggior successo fra tutte er accademie italiane. Gli studenti venivano da Siria, Egitto, Libano, Gran Bretagna e da mezza Europa. La fama di Sante era immensa”.

mostra-nicola-maria-martino-gabamc_foto-lb-4Com’è riuscito ad entrare nelle simpatie del maestro, sempre un po’, seppure simpaticamente, scorbutico?

“Per alcune performances anti-Guttuso, che qui non sto a dettagliare. Dirò solo che gonfiavo provocatoriamente palloncini …particolari. Poi nel ’72, divento assistente di Monachesi, per sua scelta. Non ci ho dormito la notte per l’emozione e l’onore che mi faceva il maestro più celebre riconosciuto dal mondo dell’arte. Rimasi al suo fianco, nella cattedra, fino al 74”.

Ricordi?

“Tanti. Nelle Marche, con lui, si veniva a fare grandi scorpacciate di ottimo pesce in un ristorante di Porto San Giorgio”.

Quale?

“Non ricordo più. Ho però memoria di un enorme dipinto cui cooperativamente avevano contribuito artisti di fama: a cominciare dallo stesso Sante e da Guttuso. Il cui antagonismo era più da considerare un gossip a beneficio della ‘cornice’ nella quale la critica li contestualizzava e li ammirava come le due più importanti firme dell’arte italiana del dopoguerra. Aldilà dunque delle battute nelle quali il mio ‘professore’ era davvero insuperabile: così lui chiamava il grande Renato…’Il Tribuno Illustrato’ storpiando al maschile la testata del periodico allora molto popolare”.

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A destra Donatella Monachesi

Un aneddoto?

“Alcuni non si possono proprio dire –dice il maestro sbirciando da lontano la signora Donatella- Uno tuttavia lo voglio raccontare. Entrando dunque un giorno in accademia il bidello mi chiama: Monachesi. Mi meraviglio molto, poi vengo a sapere che il maestro aveva operato questo scambio di nomi (adottando, seppure molto temporaneamente il mio) perché fossi io, sotto mentite spoglie, a dover dire ad una certa modella che il nostro corso non aveva in quel momento più interesse a ritratti dal vivo. A Sante dispiaceva deludere le attese dei giovani”.

Macerata le piace?

“Una bellissima città del Centritalia che io ammiro ed amo”.

Ha visto l’orologio meccanico sulla torre civica?

“Non ho avuto modo, finora”

Al vernissage, questa sera, anche una presenza illustre: il professor Giuseppe Sylos-Labini, direttore dell’Accademia di Bari e presidente della conferenza dei direttori delle Accademie italiane. “Sono stata sua assistente per un anno: è stata un’esperienza meravigliosa” dice la direttrice, prof. Paola Taddei, consueto elegante e piramidale tacco 15, pantaloni neri stretti, giacca dello stesso colore impreziosito da una dalia nera (avrebbe fatto la felicità di dante Ferretti, scenografo di ‘The black Dahlia’, regista Brian De Palma). “Questa bella mostra rappresenta l’inizio delle attività didattiche” annuncia la Black Lady di Abamc, ed un po’ s’emoziona perché annuncia Sylos Labini come direttore di Macerata, con immediata (e sorridente) richiesta di rettifica da parte dello stesso professore. La mostra è davvero bella. “C’è il mito, il mare, la poetica del colore”, dice Martino. E l’aerea, sottile scultura delle tre bici, ognuna con un colore della bandiera? “Il senso del viaggio, come la barca, l’aeroplano (stavolta The Aviator non c’entra ndr) stanno a sottolineare l’attraversamento del colore”. E’ stato un incipit riuscito. In rappresentanza del sindaco e della vicesindaca, entrambi all’estero, in rappresentanza del Comune l’ex vice con fascia tricolore, Federica Curzi parlando di atmosfera artistica newyorkese per la città di Monachesi. Il quale, nascosto forse in un angolo della Gaba, sicuramente alla sua maniera un po’ avrà ironizzato (ahi, la movida, voluta a tutti i costi!) ma internamente compiaciuto sia per la sua città mai dimenticata nell’esilio dorato di Mentana, sia per le lacrime improvvise uscite dal cuore e dagli occhi del suo bravissimo allievo settantenne.

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