Colpo di scena alla mostra sul Rubens a Matelica, il dipinto che ha già occupato la scena all’interno della chiesa di Sant’Agostino, in realtà rappresenta non il duca Ferdinando, come creduto sinora, ma Rodolfo I D’Asburgo, difensore del dogma dell’Eucaristia. A certificarlo a tre giorni dall’apertura dell’esposizione il Corpus Rubenianum, che studia l’opera straordinaria del pittore fiammingo, che dal 1640, anno della morte, ad oggi, non smette di entusiasmare gli estimatori. «Era catalogata nella collezione come Carità del duca Ferdinando poi quando abbiamo iniziato a studiarlo abbiamo mandato tutto al Corpus Rubenianum, che un paio di giorni fa ci ha detto abbiamo trovato i documenti – racconta il sindaco Alessandro Delpriori, storico dell’arte – che il primo committente dell’opera, il marchese Don Diego Lèganes, era discendente diretto di Rodolfo I D’Asburgo, la carità è un topos che veniva raccontato spesso nei dipinti nobili, viene regalato a Filippo IV di Spagna, l’imperatore cattolico, il difensore della cristianità e Rodolfo I D’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, anche lui difensore della fede».
Questo capolavoro perduto, sotto i colori offuscati dal tempo, da due colle una settecentesca e l’altra del secolo scorso, cosparso di nicotina, è passato da Filippo IV di Spagna, alla famiglia Churchill, a Vittorio Frascione, che lo acquistò nel 1965 ad un’asta di Christie, dopo che il figlio del grande statista lo mise in vendita insieme all’immensa collezione di famiglia. A riportarlo allo splendore originale il restauro finanziato dalla famiglia proprietaria, i Frascione di Firenze. Un’occasione unica di ammirare da vicino un’opera del grande pittore fiammingo, esposta al pubblico per la prima volta, con l’inaugurazione ufficiale domani mattina alle ore 11, nella chiesa di Sant’Agostino e l’apertura al pubblico a partire dal 28 giugno. Il tocco del grande maestro della pittura barocca, si vede da dettagli straordinari, spiega Delpriori: «La composizione generale è straordinaria, va su tanti piani espressivi diversi, da una parte c’è il duca Rodolfo che traina il cavallo e sopra questo c’è un sacerdote che sembra immobile, quasi fosse un ritratto classico.
Dietro c’è il gioco, dopo la parte sacrale e la difesa del Santissimo, con il sacrestano che non sa stare a cavallo, tutto storto, ha la mano sulla lanterna perché si è aperto lo sportello, la fiammella della candela si muove perché entra l’aria, ed in fondo il gioco finisce con il cane, che si ferma e fa pipì alzando la sinistra. C’è l’ironia tipica del Barocco, che è ironico, teatrale, questo è un corteo teatrale che sta andando».
La “firma” del pittore sono le pennellate di colore, uniche nel genere, racconta entusiasta il sindaco: «Colpi di pennello straordinari, il giallo delle nuvole vicino alla roccia, sono fatte senza mai staccare il pennello dalla tela, con dei colpi di una materia finissima. Bellissimo anche il colletto dello scudiero del duca Ferdinando, ha una linea bianca fatta con un pennello fino, che dà il senso della profondità della stoffa, questo è Rubens, la genialità di colpi di colori assestati bene che costruiscono l’immagine generale, poi il paesaggio bellissimo con lo sfondato fiammingo, la casettina fiamminga del Seicento, con questa luce orizzontale che dà il senso del crepuscolo. Il Rubens tardo è proprio così». L’opera, di tre metri per due, è racchiusa in una sorta di scatola nera, illuminata da luci al led “fredde”, l’esposizione pensata dall’architetto comunale Francesco Troncanetti, è stata preparata dai dipendenti comunali con materiali di recupero, completa il tutto un pezzo unico del museo Poltrona Frau, legato al mondo del sigaro. Del dipinto esiste un’altra versione, visibile tuttora al museo del Prado. Secondo gli studiosi di Rubens (Corpus Rubenianum) il primo fu realizzato e donato a Filippo IV, poi il committente marchese Lèganes ne commissionò un altro a Rubens, pronto nei primi mesi del 1637, quello attualmente in esposizione a Matelica.
«Durante il restauro sono venuti fuori dei pentimenti, in alto c’erano delle piante coperte, segno che l’artista ha cambiato l’idea di paesaggio, di una sperimentazione che lui fa» osserva Delpriori. «Apriamo l’estate con una meravigliosa e clamorosa esposizione che sta riscuotendo grande attenzione nazionale ed internazionale – conclude Cinzia Pennesi assessore alla cultura – è un’occasione di collegamento con Churchill, che abbiamo scoperto è stato anche nelle Marche».
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