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Ha truffato 4 parroci, condannato

MACERATA - Sentenza per Vincenzo Di Maso che doveva rispondere anche di sostituzione di persona. Era imputato anche in un analogo procedimento per cui è stata dichiarata la prescrizione. Il procuratore Giorgio ha presentato appello

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L'avvocato Giancarlo Nascimbeni

L’avvocato Giancarlo Nascimbeni

Accusato di aver truffato quattro parroci, è stato condannato a un anno  e 400 euro di multa. I fatti risalgono al 2010 e l’imputato Vincenzo Di Maso, 32enne di San Giovanni Rotondo, oltre al reato di truffa nei confronti di 4 parroci di cui 2 si sono costituiti parte civile, doveva rispondere anche del reato di sostituzione di persona essendosi presentato ai sacerdoti, più volte, anche sotto falso nome.
La sentenza, emessa oggi dal giudice Vittoria Lupi del tribunale di Macerata,  condanna Di Maso, difeso dall’avvocato Domenico Biasco, anche al rimborso delle spese e al risarcimento dei danni subiti da don Gianni Pellarini, parroco di Obaro (Udine) al quale dovrà versare 5.300 euro e don Quarto Paladini, parroco di Mogliano, al quale dovrà liquidare 2.500 euro.  La completa definizione del danno è rinviata alla sede civile. Vittime della truffa, non si sono costituiti parti civili don Antonino Cappellari di Muris di Ragogna e don Bruno Marconi di Monte San Giusto.

Vincenzo Di Maso in un altro procediment, era imputato, questa volta con la compagna Patrizia Rita Coco, 31 anni, per un episodio di truffa avvenuto a più riprese dal 2004 al 2007, per un ammontare di 63mila euro  in un analogo procedimento in cui parte civile è don Natale Branchesi, parroco ad Appignano (leggi l’articolo).  Lo scorso settembre il tribunale di Macerata aveva  dichiarato prescritti gli episodi più lontani nel tempo che venivano contestati al processo e da cui è poi dipesa anche la non procedibilità per quelli più recenti. Il procuratore Giovanni Giorgio ha accolto la sollecitazione avanzata dagli avvocati Simone Longhi e Giancarlo Nascimbeni e ha presentato appello alla sentenza del tribunale di Macerata che aveva dichiarato l’improcedibilità per tardività della querela ritenendo non contestata l’aggravante che avrebbe determinato la procedibilità d’ufficio del fatto commesso in danno di un ministro del culto cattolico.

 



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