Truffa ai danni di due dipendenti
Condannati padre e figlio

Due muratori moldavi li avevano denunciati per truffa dopo che i gestori di un'azienda edile, fingendo di pagare i loro stipendi arretrati, aveva invece acceso dei finanziamenti a loro carico

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di Alessandra Pierini

Avevano finto di accendere un mutuo nella filiale di un importante istituto bancario per pagare gli stipendi dei dipendenti, ma in realtà li avevano truffati dopo aver rimandato per mesi il pagamento degli stipendi arretrati. Sono stati condannati i due maceratesi V.L. e W.L., padre e figlio, che avevano già in attivo diverse pendenze penali.  I truffati sono due muratori moldavi B.N., difeso dall’avvocato Anna Maria Augello  e P.P., tutelato dal legale Laura Forresi, entrambi residenti a Macerata dove  vivono con le rispettive famiglie. Tutto è iniziato nel novembre del 2004: i due operai lavoravano per un’azienda che operava nell’edilizia i cui gestori erano appunto V.L. e W.L. Collezionati quattro mesi di stipendi non pagati, i due dipendenti si licenziarono per giusta causa continuando poi però a pretendere quei soldi che mai erano stati riconosciuti dai due titolari e i documenti necessari per il rinnovo del permesso di soggiorno (buste paga e Cud). Finalmente nell’aprile 2005 è arrivata quella che subito è sembrata essere una svolta positiva della vicenda ma si è poi rivelata la peggiore evoluzione. I due titolari hanno contattato i due muratori moldavi e li ha informati che avrebbe chiesto un prestito bancario per pagare gli stipendi, chiedendo però che i due dipendenti si presentassero in banca insieme a loro, senza dire niente, ma solo per attestare che i soldi eranno destinati a loro.
Nel mese di aprile, ogni venerdì, V.L. e W.L. hanno accompagnato, separatamente i loro dipendenti in una filiale del noto istituto. La scena si è ripetuta più volte. Padre e figlio si accordavano con il direttore mentre gli operai rimanevano in sala d’attesa poi facevano entrare i dipendenti e li invitavano a firmare delle carte, dopodichè agli operai venivano consegnati dallo sportello della banca 6.000 euro in contanti. All’uscita dalla banca si facevano i conti: uno dei due moldavi doveva avere 2.600 euro e ha restituito il resto ai titolari, così come l’altro che vantava un credito di 5.400 euro. I fogli firmati erano un contratto di finanziamento acceso a nome dei due moldavi che da lì a qualche mese si sarebbero visti recapitare a casa la prima lettera della banca che chiedeva il saldo della prima rata per la restituzione del debito. I due operai, però ignari di tutto e contenti di aver finalmente recuperato quei soldi che credevano ormai persi, andarono anche a festeggiare e offrirono da bere persino ai loro amici. Convinti della buona fede dei titolari firmarono anche le buste paga, certificando così di aver ricevuto i soldi per scoprire poi la tristissima sorpresa. A distanza di anni e dopo numerose udienze, ieri il giudice ha condannato padre e figlio, oltre alla reclusione, anche al pagamento delle spese legali e al risarcimento dei danni subiti dai due moldavi.



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