di Giancarlo Liuti
Visto che i giorni di sacrosanto silenzio elettorale impongono di non citare partiti e candidati, mi sono occupato di un altro argomento: la medicina. E, venuto a contatto con un clinico di chiara fama, gli ho chiesto una diagnosi sugli eventi ospedalieri e ambulatoriali che sono emersi in questi mesi di accanitissima lotta per la conquista del voto. Patologie di vario genere hanno infatti colpito a destra e a manca facendo sorgere apprensioni circa la salute dei protagonisti e dei loro sostenitori. Nessun paragone, intendiamoci, con le epidemie d’isteria (“Stato di eccitazione esagerata e incontrollata, spesso fanatica e collettiva”, ha spiegato il mio interlocutore) che sono scoppiate a Milano e a Napoli, la qual cosa mi ha confortato sulla tenuta delle difese immunitarie di noi maceratesi. Ma, insomma, una serie di malattie s’è manifestata qua e là pure da noi. L’altra sera, ad esempio, piazza Mazzini era in attesa del comizio che avrebbe dovuto tenere uno dei massimi esponenti politici nazionali (sì, proprio massimo), il quale ha però dovuto dare forfait per un improvviso attacco di labirintite che l’aveva colto in quel di Civitanova.
Cos’è la labirintite? Risposta: “E’ un disturbo infiammatorio dell’orecchio interno – per l’appunto il labirinto – che provoca vertigini, nausea e copiosa sudorazione. Essa aggredisce un insieme di terminazioni nervose composto da tre canali semicircolari”. Dunque, mi sono detto, non dovrebbe avere alcun nesso di causa ed effetto con una campagna elettorale. Ma poi, a pensarci bene, una pur vaga ipotesi di rapporto mi è stata suggerita proprio dalla parola “labirinto”, che, oltre a indicare un organo dell’orecchio, significa luogo con passaggi talmente intrecciati che è difficile orientarsi e da cui è difficile uscire. Non sarà un riferimento alla complessità di una strategia di alleanze nella quale la gente comune ha trovato difficoltà a orientarsi e alcuni volevano uscirne ma non ne sono stati capaci? E i “tre canali semicircolari infiammati“ non sono forse i tre partiti di quest’intesa?
Assai più diffusa – benché, adesso, in attenuazione – è la “sintomatologia da colite spastica, colopatia funzionale o colon irritabile” (così ha detto lui, ma io la traduco in volgare: mal di pancia) che per più di un mese ha imperversato dovunque causando, mi ha spiegato, “spasmi dolorosi, flatulenze, meteorismi, stipsi e dissenterie”. Già, ho concluso: vittime di tali inconvenienti sono stati soprattutto gli elettori di un certo schieramento, ai quali restò faticoso digerire quell’improvvisa e imprevista chiamata in campo. E il contagio ha raggiunto pure l’altro schieramento, con conati di vomito tra nazionalisti, secessionisti e supposti traditori.
Una ulteriore malattia è stata l’agorafobia, che, m’ha insegnato, è il “disturbo d’ansia con o senza attacchi di panico e si manifesta con la paura dei luoghi affollati”. Quali luoghi? Ad esempio, ho pensato, i “faccia a faccia” televisivi, le conferenze stampa, i comizi di piazza. “Possibile”, ha detto lui, “e chi ne ha sofferto?”. Mi è sembrato uno dei candidati alla presidenza, ho detto. Che alla fine ha tratto coraggio dalla lettura, in pubblico, di certi foglietti passatigli da qualcuno più esperto. E l’agorafobia gli è passata.
Infine l’afonia, che, come chiarisce il mio luminare, “consiste nell’incapacità totale o parziale di emettere suoni, ossia nella perdita totale o parziale della voce”. E quali ne sono le possibili cause? “Anche gli sforzi prolungati cui cantanti, attori e venditori ambulanti sottopongono le loro corde vocali”. Pure i politici? “Certo, se appartengono alla categoria degli urlatori”. Allora – ho pensato – un’accentuata forma di afonia deve aver colpito lo schieramento che per aver troppo sforzato la voce in vista del primo turno (“Le Marche sono governate dalla mafia!”, “Siete voi gli assassini di Forlani!”, “Avete avuto un gay presidente del consiglio!”) ha poi dovuto affrontare il ballottaggio con toni assai meno vigorosi, nei quali m’è parso di cogliere i sintomi di un invalidante calo di voce dovuto all’avere eccessivamente gridato.
A questo punto l’illustre clinico mi ha chiesto: “Mi scusi, ma perché lei non fa nomi e cognomi?”. “Non posso, sono in silenzio elettorale”. Però gli ho rimandato la palla: “Lei a favore di chi vota? Me lo dica tacendo, lo indichi su un volantino”. Il professore ha assunto un’espressione solenne e ha dichiarato: “Secondo il giuramento di Ippocrate, la scienza medica non può far altro che votare a favore della salute e contro la malattia”. “Ho capito, maestro. Sta in silenzio elettorale pure lei”.
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Vabbè, buttiamola a ridere…ma mica tanto. Quando l’ironia non è offensiva si sposa bene con l’acume intellettuale. Chissà se l’illustre interlocutore clinico è rimasto nel vago anche sulla fine delle cavie da laboratorio? Tutto si poteva immaginare ma non che Macerata potesse diventare addirittura una cavia, dopo essere stata “Città della pace”, “città di Maria”, città “delle vergini”, città dei “Corneti” “città dei pistacoppi” “Città dei cento consorti” “città dei duecento divorziati”….
Mi auguro che queste elezioni provinciali segnino il ritorno della giustizia: siamo stati delle vittime prima di una sentenza poi di un’alleanza senza ideali e senza programmi che è unita solo dal desiderio delle poltrone! D’alema e Casini insieme, neanche in Parlamento si parlano ma Macerata riesce a fare questo miracolo, devo dire che la realtà da noi supera di gran lunga ogni tipo di fantasia..
Anch’io ho avuto a che fare con un illustre clinico che otre alle patologie strettamente fisiche si occupa anche delle ben più subdole malattie pscio-comportamentali. E tra queste quella che mi ha sottolinetao essere presente, senza andare a scomodare le “alte sfere romane” , nei politici nostrani è la:
– Sindrome Paraculite. Nota anche in froma popolare come la malattia del parrucchiere.
Permettetemi una metafora al fine di illustrarne la pricipale manifestazione: trattasi della “caduta del Gatto”, Una delle capacità di cui è dotato questo nobile animale che dimostra nelle cadute, anche da altezze considerevoli, è quella di riuscire sempre ad orientarsi durante la caduta in modo da cadre sempre sulle quattro zampe e quindi ad attutire notevolmente l’impatto. Da qui anche il detto “cadere in piedi”. Nel nostro caso però il copito dalla sindrome non riguarda la capacità di orintare le zampe ma bensì quella di orientare le terga. Sempre pronto cioè a porgere le parti molli ricevendone per questo un compenso. Certo c’è un rischio e anche grave, diciamo che è una più che probabile conseguenza ed è quella di rimanre inesorabilmente Uccellto.
Durata dell’accozaglia 18 mesi.
-una risata vi seppellirà-