di Gabor Bonifazi
Una villa fatiscente con parco romantico ridotto a jungla, per occultare cosmografia e miserie umane. Dai fasti ottocenteschi del vivere in villa a ricovero di malati di mente, di polmoni e di idee. Una villa maledetta che ha portato indistintamente sfortuna ai venditori e ai compratori di enti pubblici e privati. Un luogo dove s’è scatenato l’immaginario collettivo e fantastiche destinazioni: dall’Università della musica e della danza degli anni Ottanta alla recente Scuola Normale made in Macerata. Comunque quando finiranno gli annunci in stile “fantasia al potere” Villa Lauri non ci sarà più. Nonostante ciò la dimora del conte Tommaso Lauri rimane un monumento all’incuria del tempo, simbolo dell’indifferenza dei cittadini e dell’incapacità degli amministratori.
Di Villa Lauri resta la descrizione fatta da Margaret Collier, una romantica donna inglese che ebbe modo di visitarla nella seconda metà dell’Ottocento: “… in notevole contrasto con il nostro alloggio era il lusso che vedemmo un po’ fuori Macerata, di un ricco vecchio scapolo. Aveva i purosangue inglesi e aveva importato mucche da latte dal Nord dell’Italia. Aveva importato alberi, cespugli e fiori da ogni parte del globo, piantati con cura, in modo che fra il ricco fogliame si vedevano deliziosi scorci del mare e degli Appennini. C’era un viale riparato per i giorni di vento, un pergolato ombroso per i giorni di sole, una torre da cui ammirare il panorama e le finestre della torre erano dipinte con rappresentazioni di tutte le stagioni dell’anno e le ore del giorno. Le pitture dell’estate, del chiaro di luna e del paesaggio sotto la neve, erano particolarmente ben fatte.
Una sala di lettura per l’estate costruita nel giardino portava sull’esterno un’iscrizione che mi chiese di leggere: “Uncle Tom’s Cabin”.
Il conte era stato in Inghilterra ad importar cavalli e la mia lingua non gli era del tutto sconosciuta.
«E’ il titolo di un famoso romanzo vero?» egli domandò.
«Sì, ma forse quando Lei adottò il suo nome non sapeva che lo zio Tom era un negro».
«Era un negro? Bene, siccome mi chiamo Tommaso, mi parve un titolo adatto a questa cella».
(continua)
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davvero un peccato abbandonare una villa cosi’ bella…
Architetto ricordo che circa 20 anni fa il consiglio di circoscrizione s.croce organizzo’ una mostra su villa lauri per sollecitare il restauro e l’apertura al pubblico del parco. Fecero anche una raccolta di firme.Allora la villa era della provincia,presidente Sileoni. L’iniziativa servi’ solo a far fare la manutenzione del parco. Ora la villa è dell’università.Il parco viene aperto un paio di mesi d’estate grazie ad un gruppo di volontari, ma la manutenzione è assolutamente carente.
Perchè non andate a intervistare il Rettore Sani o chi per lui e chiedete quali sono le sue intenzioni per questo splendido Gioiello di Macerata?
Non lasciatevi abbindolare dalle sue parole, dal fatto che bisogna “valorizzare le opere e gli immobili”, dall’idea malsana di creare un centro per le eccellenze (quali e dove?) che poi a ben vedere non è nemmeno minimamente fruibile dagli studenti.
Sto scherzo volete che non sia costato all’Università almeno almeno 7-8 Mln di Euro?
Andate a chiedere cosa ne sta facendo, se per caso le sue idee sono brillanti o se ha buttato dalla finestra tutti sti milioni di soldi.
Se i ragazzi iniziassero a pensare a cosa sta facendo Sani dei nostri soldi, penso che qualcuno potrebbe non dormire sonni tranquilli.
Complimenti per l’interessse della settempedana (?) Cristina Ciccarelli, per la memoria di sorgeilsole e soprattutto per le considerazioni di Andrea Accattoli. Comunque avete letto soltanto la prima parte della storia e della cronaca recente di Villa Lauri: un edificio all’incuria.