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“In Afghanistan rischiai la vita
Ma sono pronto a tornare”

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enricomercuri

di  Matteo Zallocco
Enrico Mercuri, 31 anni, rappresenta tutti quei militari che rischiano la vita in missione. Il maresciallo di Montecassiano il 13 febbraio scorso è rimasto ferito ad una gamba a Kabul, nel corso di un attentato. Quella in Afghanistan era la sua prima missione all’estero. Era partito a dicembre dalla sua caserma, il reggimento alpini paracadutisti di Bolzano. Mercuri fa parte di una unità d’elite dell’Esercito, i cui componenti sono chiamati Ranger nelle missioni internazionali. Stava consegnando cibo e medicinali alle popolazioni del distretto di Uzeebin, a 60 chilometri da Kabul quando un commando di talebani, armato di mitra, ha sparato sui militari italiani, ferendo Mercuri e colpendo a morte il suo compagno Giovanni Pezzulo.
Come andò precisamente quel giorno?
“Sapevamo di essere in una zona molto turbolenta e fortemente a rischio, Sorobi è una località importante che collega Kabul a Jalalabad e al Pakistan e quindi coinvolge tutto il flusso migratorio. Intorno alle 15 ora afgana (circa le 12.30 italiane) subimmo un’imboscata ben congegnata mentre stavamo distribuendo viveri e vestiario ai bambini del posto. A me andò bene perchè il colpo di kalasnikov o mitragliatrice mi prese la tibia e il perone della gamba destra. Purtroppo Giovanni Pezzulo, con cui lavoravo assieme da due mesi, perse la vita”.
Come è stato il rientro in Italia?
“Rimasi un giorno e mezzo a Kabul, dove fui operato dai francesi, per poi essere trasferito a Roma dove restai per tre settimane. Il ritorno è stato caratterizzato dal dolore per la perdita di un uomo come Pezzulo e dalle piccole vicessitudini derivanti dalla mia ferita. Per il resto ho ricevuto un’accoglienza straordinaria da tutti i rappresentanti delle forze armate e della nazione intera. Devo in particolare ringraziare il Comando militare di Ancona che in tutti questi mesi mi ha prestato assistenza, consentendomi di effettuare i tanti controlli a Roma”.
La ferita come va?
“Va bene, ho ancora un po’ di ferraia addosso ma cammino normalmente e tra qualche mese spero di poter ritornare in servizio”.
Quando ha intrapreso la carriera militare?
“Nel 2002, direttamente col concorso per marescialli. Ho iniziato nella Scuola allievi sottoufficiali di Viterbo per poi essere assegnato al Terzo Reggimento Alpini di Pinerolo dove rimasi per sei mesi. In seguito ho passato le selezioni per il corso “forze speciali” e sono stato assegnato al Quinto Reggimento Alpini Ranger di Bolzano. A dicembre del 2007 partii per la mia prima missione all’estero, in Afghanistan”.
Come ha vissuto questa partenza?
“Una volta entrati nei Ranger si dà implicitamente la disponibilità di passare la maggior parte dei mesi dell’anno all’estero, quindi è stato normale, anche se in Afghanistan i pericoli sono indubbiamente maggiori visto che negli ultimi due anni è stato il teatro con il più alto rischio tra tutti quelli dove sono presenti le truppe italiane”.
Cosa significa andare in missione in Afghanistan? Che ambiente ha trovato?
“Proprio per gli alti rischi le pressioni sono alte sotto il profilo fisico e psicologico. A maggior ragione nella zona di Sorobi , in cui le imboscate sono facilitate da un territorio sui 2000 metri d’altezza con tante gole dove nascondersi. Dal punto di vista umano ho avuto un rapporto appagante con la maggior parte della gente, noi d’altronde eravamo lì per portare sicurezza e aiuto cercando di rispettare al massimo i loro usi e costumi”.
Ora come sta trascorrendo il tempo?
“Mi dedico allo studio, ho ripreso l’Università  qui a Macerata e mi sono rimasti due esami per  la laurea in Scienze Politiche. Aspetto il rientro a Bolzano e ovviamente sarò a disposizione per altre  missioni all’estero e questo, molto probabilmente, significherà tornare in Afghanistan “.



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