di Luca Patrassi
Se a Macerata, assicura una lapide celebrativa, c’è la prima chiesa dedicata nel mondo a San Filippo Neri, a Treia da ieri sera c’è il primo centro formativo – la Lube Academy – dedicato a san Carlo Acutis. Probabilmente una prima intitolazione assoluta, quella appunto della Lube Academy, per Acutis. nato a Londra, vissuto a Milano, lunghi periodi trascorsi ad Assisi, dove respirò la spiritualità di San Francesco. Colpito da una forma di leucemia fulminante, la visse come prova da offrire per il Papa e per la Chiesa: i suoi resti mortali sono ad Assisi, nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Ieri sera una messa celebrata dal vescovo di Macerata Nazzareno Marconi alla Lube Academy. All’ingresso del centro un pannello ricorda chi era Carlo Acutis, «un ragazzo come voi: amava giocare a calcio, guardare cartoni, uscire con gli amici. Vedeva negli altri sempre qualcosa di bello, sapeva ascoltare e trovare il lato positivo delle cose», campeggia anche una sua frase: «Non abbiate paura di distinguervi. Tutti nascono come originali, ma molto muoiono come fotocopie. Non io».
A fare gli onori di casa l’amministratore delegato e il presidente del gruppo industriale, rispettivamente Fabio Giulianelli e Luciano Sileoni, tra i presenti il governatore della Regione Marche Francesco Acquaroli, il consigliere della Quadrilatero Antonio Pettinari, il direttore della Cardiologia della Ast di Macerata Mario Luzi, il dirigente dell’Ambito sociale territoriale Francesco Prioglio, il coach e il medico sociale della Lube volley rispettivamente Giampaolo Medei e Mariano Avio, consiglieri regionali e candidati tra cui Filippo Saltamartini, Anna Menghi, Angelica Sabbatini, Gianni Giuli. C’erano anche decine dei giovanissimi atleti che frequentano la Lube. Messa guidata dal vescovo Nazzareno Marconi e concelebrata dal parroco don Francisco e dai frati minori del Santissimo Croficisso.
«Carlo veniva con la famiglia ad Assisi – ha detto nell’omelia il vescovo -, ci passava l’estate e le vacanze, era appassionato di Francesco. Allora io ero rettore del seminario che aveva un bel campo sportivo dove lui e i ragazzi venivano a giocare, sentivo il gran casino che facevano. Quando è venuta fuori la storia di Carlo Acutis ne ho parlato con chi era lì e mi dicevano che, quando si trattava di giocare a pallone, dava calci sugli stinchi come tutti. Per me è stato il primo segno di una santità vera, i santi servono a farci vedere che persone come noi che sono passate per le stesse strade hanno vissuto una vita come va vissuta e hanno trasmesso la bellezza e la gioia della vita. Voleva vincere, ma sapeva essere buono in maniera particolare. Inizialmente la tomba di Carlo era nel cimitero, dal 2006 in poi la tomba di questo ragazzino cominciava ad avere appiccicati gli orsacchiotti, le cose che lasciano i ragazzini, iniziava a circolare l’idea che fosse stato un ragazzino speciale. Il vescovo di Assisi che raccolse le testimonianze su Carlo mi disse che i santi fanno tante cose buone senza dirlo. Fare il bene ogni giorno le cose di ogni giorno. Se preghiamo con fede il Signore trova il modo di parlare con noi, Carlo non era strano, era un cristiano. Mi è piaciuto il pannello che avete messo all’ingresso, credo che se uno lo legge riceve dei messaggi. Anche noi dobbiamo fare un pezzettino di bene con convinzione ogni giorno».
Infine il vescovo ha fatto l’elogio della sanità maceratese per averla conosciuta da paziente un mese fa per un intervento di eliminazione dei calcoli: «Ho aspettato, come tutti, il mio turno e l’attesa non è stata lunga. Si sono accorti chi ero quando ero sul tavolo operatorio. Mi hanno operato bene, assistito con amore e ho visto come tutto il personale svolga il lavoro con attenzione e con professionalità. questa è stata la mia esperienza».
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