di Giulia Sancricca (foto Massimo Zanconi)
Il valore delle storie, dei ricordi, delle parole, dell’arte. Edoardo Leo con “Ti racconto una storia” ha portato tutto questo ieri sera allo Sferisterio di Macerata per un altro degli appuntamenti di Sferisterio Live+. Un reading-spettacolo, con le musiche di Jonis Bascir, che mette insieme appunti, suggestioni, letture e pensieri che l’attore e regista Edoardo Leo ha raccolto dall’inizio della sua carriera ad oggi. «Uno spettacolo nato dieci anni fa – ha detto l’attore e regista – e che nel tempo si è nutrito di attualità».
Appunti, ritagli, ricordi e risate, in una scenografia che mette insieme lavagne, libri e un leggio con ai piedi un paio di scarpe da donna rosse. Uno spettacolo che ha fatto sorridere e riflettere, raccontando spaccati di vita umana e unendo parole e musica. «Il primo applauso è bellissimo – le prime parole di Leo sul palco dello Sferisterio, accolto da un pubblico calorosissimo che per le due ore di spettacolo ha interagito con l’artista – uno non ha fatto niente e se lo prende. È meraviglioso». Poi la puntualizzazione sull’uso dei telefoni che strappa le prime risate: «Per quanto mi riguarda potete riprendere tutto lo spettacolo – avvisa – ma sappiate una cosa: questo video non lo rivedrete mai, come i saggi dei vostri figli e dei vostri nipoti, in cui passate ore a riprendere e poi vi accorgete che avete ripreso un altro bambino».
Come tutti gli artisti ospiti dello Sferisterio, l’omaggio all’arena: «Sono felice di essere qui perché avevo un conto in sospeso con questo posto: sono stato qui cinque anni fa, dopo il covid, in questo che è uno dei teatri più belli del mondo. In quel periodo c’erano distanziamento e mascherine e sono uscito da qui con un po’ di frustrazione, allora ho promesso a me stesso che sarei tornato per uno spettacolo ed eccomi qua».
La serata prende il via in un crescendo di risate ed emozioni: tutto ruota attorno alla bellezza di raccontare storie. «Racconto questa storia perché da quando sono adolescente – ha esordito – già prima di pensare di fare questo lavoro, sono sempre stato rapito da coloro che sanno raccontare le storie. Il mio primo eroe della narrazione è stato mio nonno, era straordinario. Un contadino della provincia di Viterbo, ignorante professionista, aveva il dono di raccontare storie». Poi cita Marquez e Baricco, andando a pescare i ricordi: «Siamo disperatamente attaccati all’idea che la nostra vita sia andata come ce la ricordiamo, che i ricordi siano chiusi in un cassetto, ma non funziona così: i ricordi sono in movimento, non sono archeologia ma sceneggiatura, li reinventiamo continuamente, è il modo in cui riusciamo a muovere la nostra vita. Passiamo metà della vita a vivere e metà a raccontare».
È un botta e risposta con il pubblico sugli aneddoti quotidiani: «Per me il teatro si fa così – dice, e scende dal palco arrivando in platea – posso uscire da qui o devo pagare il casello? – chiede – quando scendo tra il pubblico il maestro Jonis suona la canzone tipica della città in cui siamo». E parte Macerata Posse. «I Vincisgrassi sono nati qua» dice Bascir e Leo replica: «Complimenti, una canzone raffinata».
Il racconto prosegue con il potere delle barzellette: «Parlano dell’umanità, nascono da una battuta piccola su cui viene costruito un mondo intero, passano di città in città, tornano nel luogo dove sono nate, è il racconto orale all’ennesima potenza. Come Pierino». Allora domanda se in sala c’è un bambino che lo conosce e sul palco sale Simone, accolto da un applauso scrosciante. Nessun timore nello stare al fianco del suo attore preferito con cui sta al gioco e racconta anche una barzelletta. Poi Leo gli dice: «Ci conosciamo?» E lui risponde: «No, ma io ho visto tutti i tuoi film». Scattano l’applauso del pubblico e l’abbraccio con l’attore.
L’emozione continua a crescere e Leo sposta l’attenzione sull’arte, sugli artisti, sulla cultura e la commedia: «Esistono migliaia di dialetti in tutto il mondo, ma in tutto il mondo ridiamo allo stesso modo, per questo dobbiamo tenerci cari i nostri comici. Non dimentichiamoci che nella storia sono stati messi da parte: Hitler istituì il tribunale della barzelletta e fece giustiziare i comici perché non li capiva, c’è chi ci ha declassato a menestrelli. Ma fare commedia è fare cultura e la cultura della commedia è l’ultimo raggio di luce prima del buio».
Allora trova il senso della risata e della commedia anche in un periodo difficile come quello che tutto il mondo sta vivendo: «È dura fare questo lavoro con l’attualità che ci viene sbattuta in faccia ogni giorno: con due guerre in corso. Anzi, una invasione e un genocidio in corso, perché è giusto chiamare le cose per nome. Allora spesso mi chiedo come posso essere utile con quello che faccio? Mi sento inerme a volte, ma poi riflettendo si cambia idea». E dal palco arriva il valore delle parole e degli artisti: «Quando viviamo un momento tragico e ci capita di leggere una poesia, anche sui social, ci rendiamo conto che persone che non ci conoscono e che sono vissute centinaia di anni fa hanno le parole per descrivere quello che proviamo. E questo capita anche con i momenti di felicità, con le canzoni che parlano della nostra gioia e dei nostri amori. Allora capiamo che le parole non sono solo parole: sono cura, medicina per l’anima. A questo serve l’arte: a darci le parole».
I ricordi dell’inizio tornano a fine spettacolo: »Ce ne sono alcuni che ci restano impressi per sempre – dice – io ricordo benissimo quando ho sentito per la prima volta la canzone della mia vita. Pioveva ed ero in macchina con mio zio: se mi aiutate facciamo piovere allo Sferisterio”» Le donne sfregano le mani, gli uomini schioccano le dita e accade la magia. «Ecco, pioveva così, quando ho sentito “Nebraska” di Bruce Springsteen. Io quel giorno ho capito che l’altra musica era aria, invece questa era ossigeno. Lì c’era una storia da raccontare. E se guardo il mio lavoro, io non credo di aver fatto altro da quel piovoso giorno del 1983. Io so che mi chiamo Edoardo Leo e racconto storie per mestiere».
Un'artista che ha fatto parecchia strada ma nulla a quella che percorrerà in futuro. Mi aspettavo un bello spettacolo ma è stato meglio.
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È stato uno degli spettacoli più belli che ho visto!
Bravissimo!