di Giulia Sancricca (foto di Massimo Zanconi)
Era notte, eppure allo Sferisterio è entrato il sole del Golfo di Napoli. Di questo è capace il teatro quando gli artisti portano sul palco talento e cuore insieme. Lo ha fatto stasera Serena Rossi con SereNata a Napoli: ha portato a Macerata – nel quinto dei dodici appuntamenti della rassegna Sferisterio Live+ – l’anima della città partenopea e la magia non ha potuto far altro che conquistare ed emozionare il pubblico.
Complici la presenza scenica, il temperamento, la verve e l’energia che solo chi il sole della sua terra lo porta dentro può avere. Avvolta in un abito bianco con un mantello impalpabile, Rossi ha cantato e raccontato di Napoli quasi a incarnare Partenope stessa. “Questa sera è a Partenope, la sirena morta di dolore perché non è riuscita a conquistare Ulisse, che faremo una serenata tutti insieme – ha detto -, perché magari si sveglia e ci ripensa che non ne valeva la pena morire. Per Ulisse poi?”. Un esordio che già annuncia una serata fatta di risate e riflessioni, leggerezza e commozione, per raccontare Napoli e i napoletani. “Nuttata e sentimento” del 1908, la prima canzone, cantata negli anni dai più noti artisti napoletani, tra cui anche Massimo Ranieri che a Macerata si è esibito per Sferisterio Live+ la scorsa settimana. Quasi un passaggio di testimone tra campani.
Un atto d’amore quello di Serena Rossi, e la dimostrazione che la musica napoletana non è soltanto tradizione: è la voce che rappresenta il Bel Paese, il battito che racconta emozioni universali. L’artista, che il pubblico ha conosciuto sin da giovanissima nella soap Un Posto al Sole, dove già aveva rivelato doti canore oltre che attoriali, e che negli ultimi tempi viene ricordata – tra gli altri ruoli – con il cappotto rosso di Mina Settembre, nel suo spettacolo dal vivo si è confermata una interprete completa, le cui radici affondano nella terra del Vesuvio.
«Questa è la prima volta che ho uno spettacolo teatrale tutto mio, che ho pensato, sognato. Ci siamo noi e poi c’è lei, Napoli. La nostra Partenope. Una sirena bellissima ma anche pericolosa, perché come ogni sirena che si rispetti lei canta con una voce che attira, non lascia scampo. Forse per questo a Napoli la musica è ovunque. Noi napoletani con Napoli ci sentiamo sempre un po’ in difetto, soprattutto quando ce ne andiamo, come ha fatto Ulisse e come ho fatto io. Allora stasera, con questa serenata, cercherò di farmi perdonare. Ortese diceva che Napoli è una terra di ritornanti. E infatti puoi scappare tutta la vita, ma a Napoli ci torni sempre, come una condanna».
E allora ecco una accorata “Santa Lucia Luntana” e “Lacreme napulitane” di Mario Merola dove le lacrime a Serena scendono davvero per la commozione.
«La verità – dice – è che a noi napoletani piace tutto questo struggimento. È così, a noi piace vivere con eccesso tutto: la tragedia ma anche la gioia. E se le lacrime scendono copiose a Napoli tanto da diventare mare, per le feste non è da meno». Poi, in un vortice di ritmo ed energia, che porta il riso amaro nella festa e l’allegria nella tragedia, il pubblico canta con lei “Dove sta Zazà”. Non manca il lato più scuro della sua città: «Questa città si perde subito nei vicoli bui, dove la luce non arriva – le sue parole -. Qualcosa si muove, striscia, fa morire tutto: si ruba, si prega, si spara, si muore. È colpa del Vesuvio se questa terra trema, se ribolle come il sangue nelle vene, se la rabbia esplode sfrenata».
Lo Sferisterio si emoziona con “Guapparia”. Poi l’invito a «Non giudicare questa umanità sbilenca e malandata, facciamo come Raffaele Viviani che nella sua canzone racconta la storia di Bammenella, una giovane prostituita». Quindi è la storia che irrompe sul palco: settembre 1943, le Quattro giornate di Napoli. «I napoletani riescono a cacciare i nazisti – il racconto dell’artista -, gli alleati quando arrivano trovano una città distrutta, ma liberata e viva. Sono giorni in cui nascono figli, figli dell’amore, della fame; della violenza, ma a Napoli i figli sono figli e sono tutti uguali».
Impossibile non farsi travolgere dalla “Tammurriata Nera”. Subito dopo tocca a “Munastero ‘e Santa Chiara”. «Tra il 1945 e il 1946 sono più di 70mila i bambini che salgono su quello che i napoletani chiamavano il treno della Felicità, diretto al nord, per dare loro un futuro migliore. Una storia raccontata in un film di Comencini dove ci sono anche io. Mia nonna era una di quei bambini».
Dalla storia della sua Napoli a quella della sua famiglia: «La mia è una famiglia di artisti, a casa mia cantano tutti. La canzone Luna Dispettosa l’ha scritta mio nonno per Mario Merola. Sono orgogliosa di avere nel mio albero genealogico Ria Rosa. Femminista ante litteram, parlava di giustizia e libertà di esistere: fu la prima a farlo e a farlo da un palcoscenico».
Una canzone scritta cento anni fa ricorda oggi – con l’energia di Serena Rossi – la libertà rivendicata dalle donne. Pochi minuti per il cambio d’abito (stavolta blu come il mare di Napoli) e un sorso d’acqua e Serena Rossi torna sul palco con tutta l’emozione e il sentimento di “Passione” che strappa un lungo applauso del pubblico e dalla gradinata si leva un grido: “Sei unica”. È il momento di parlare di amore, anzi, «ammore perché a Napoli – sottolinea – si dice con due emme”: un medley a cappella che racchiude i versi più noti di tutte le canzoni d’amore napoletane. “Ma quanti ostacoli ha l’amore? Quello per eccellenza ce l’ho io: l’amante? No! La suocera».
Il pubblico batte le mani a tempo per “Io, mammeta e tu”. Per il finale si torna all’inizio, alla serenata per far svegliare Partenope per dirle che «di morire non vale mai la pena. Né per guerra, né per amore. Forse non ci siamo riusciti a svegliarla, ma se quest’ultima canzone la cantate con me possiamo ancora fare un tentativo».
Le torce degli smartphone illuminano “Reginella”. E quando sembra che Partenope non voglia svegliarsi, il canto della sirena è da pelle d’oca e il pubblico si alza in piedi per una vera e propria ovazione. Un tributo per ringraziare l’artista del dono, fatto di musica e racconti, con cui ha messo Napoli nel cuore degli spettatori. Perché il palcoscenico ha il potere di rivelare davvero il talento e l’anima degli artisti: volti spesso amati della televisione, protagonisti di film e fiction popolari, che però davanti al pubblico si svelano in tutta la loro poliedricità, capaci di sorprendere e di conquistare con il cuore. Serena Rossi è una di loro, e con SereNata ne ha dato la più bella conferma.
Con la SereNata di stasera si chiude il calendario di agosto di Sferisterio Live+, prossimo appuntamento a settembre, venerdì 5, con il sultano della chitarra, Steve Hackett.
Uno degli spettacoli più belli mai vistiuna grandissima artista bravissima.
Serata meravigliosa e lei GRANDE ARTISTA!
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