Il palazzo del Catasto in piazza Mazzini
di Alessandra Pierini
Accademia di belle arti pronta a scegliere il suo nuovo direttore. Un passo fondamentale per l’istituzione che si trova a dover sciogliere una serie di nodi e per la quale, la scelta del nuovo direttore, sarà senz’altro una decisione sull’impronta da dare al futuro.
Rossella Ghezzi, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Macerata
Il 5 settembre si voterà per eleggere chi sostituirà Rosella Ghezzi. A presentare le candidature sono stati Paolo Gobbi, docente di pittura, da 26 anni in Abamc e Piergiorgio Capparucci, già componente del Consiglio di amministrazione, da cui si è dimesso nei primi mesi dell’anno e insegnante di Light Design.
Due figure molto diverse nello sconfinato campo dell’arte ma anche due approcci tutt’altro che simili alle questioni che stanno mettendo alla prova all’accademia e che sono esplose con grande evidenza da inizio anno da oggi.
Il professor Paolo Gobbi
Da una parte c’è il programma di Paolo Gobbi che si focalizza sulla missione storica di Abamc quella di mantenere alta la preparazione culturale, artistica e professionale degli studenti. In particolare Gobbi insiste sugli spazi «fondamentali per l’espletamento della formazione accademica». E’ questo un tema che in Accademia sta a cuore a molti visto che, in questa fase, gli spazi scarseggiano: è stato acquistato il palazzo del Catasto in piazza Mazzini per un milione e 750mila euro ma non ci sono in cassa i 5 milioni che servono perché sia fruibile. Per la sede di via Berardi, ad essere onesti tutt’altro che comoda, la Provincia proprietaria del palazzo sta chiedendo il pagamento dell’affitto. Dai verbali di Cda risultano anche delle trattative in corso per palazzo Torri. Intanto Fondazione Carima avrebbe chiesto la restituzione di palazzo Galeotti mentre dovranno essere lasciati a breve degli spazi in corso Garibaldi. In più ci sono gli ex capannoni Rossini, assegnati dal Comune all’Accademia. Il programma di Gobbi prevede: ricontrattazione con la Provincia per una definitiva assegnazione dello stabile di via Berardi, iter burocratico e reperimento dei fondi per lo stabile di piazza Mazzini, nell’attesa acquisizione di spazi temporanei, insediamento a palazzo Torri e nei capannoni Rossini e mantenimento delle sedi di palazzo Galeotti e via Gramsci.
Il professor Piergiorgio Capparucci
Il programma di Capparucci invece si intitola “Per una Accademia autonoma”. Lo spiega così: «Sta ad intendere un mio desiderio, noi tutti in un processo in divenire, condiviso e la consapevolezza di avere la necessità di essere liberi e indipendenti». Il modus operandi è secondo il programma «accettare il cambiamento e ridisegnare obiettivi e strategie». Forse il candidato, parlando di autonomia, pensa anche all’autonomia del direttore didattico dal direttore amministrativo visto lo sgradevole episodio che lo ha visto protagonista e che è stato verbalizzato a gennaio, quando si parlava di modifiche dello statuto. Capparucci, rivolgendosi a Vera Risso, le ha detto «le decisioni che prende il Cda lei non le distorce come vuole, se lo ficchi bene in testa, si guardi, le i ha stufato anche i muri di questa istituzione» e ancora «se fosse per me la impiccherei, lei non sa lavorare, lei porta solo problemi, non porta soluzioni, lei non sa lavorare, questa è la verità, lei lo fa apposta, non me ne frega proprio niente se lei si offende». Dal verbale seguente emerge poi come Capparucci si è scusato «L’enfasi del mio intervento mi ha portato a pronunciare parole che non sono adeguate per un corretto confronto e non utili al buon andamento dell’organo che mi vede rappresentante e delegato dei docenti dell’Accademia».
E’ in questo clima che la Consulta degli studenti ha deciso di dimettersi: «Questa decisione è stata presa – hanno scritto nelle loro dimissioni a giugno – poiché già da tempo non ci sentiamo parte attiva in questo istituto, e troppo spesso noi rappresentanti, la voce di voi studenti, ci sentiamo messi da parte di fronte all’Istituzione, che ormai di prassi mette in secondo piano molte delle questioni a cui noi abbiamo tentato con ogni forza di dar voce, per poi essere messi in mezzo ad argomenti che sono fuori da ogni nostro e vostro campo di interesse. Insieme abbiamo lavorato tanto per/con voi, sono stati risolti molti problemi e raggiunti tanti traguardi, ma l’attenzione verso gli studenti viene prevaricata da questioni di diversa entità. Abbiamo provato fino all’ultimo a dar voce agli studenti, ma dopo tante vicissitudini siamo arrivati alla conclusione che abbia più risonanza e utilità la nostra dimissione collettiva».
Chi meglio di Gobbi..
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