L’arcivescovo Francesco Giovanni Brugnaro ha partecipato alle operazioni di sgombero
di Monia Orazi
Iniziato questa mattina lo sgombero degli arredi sacri, dipinti seicenteschi e manufatti lignei, custoditi dentro la cattedrale di Santa Maria, il duomo di Camerino. Sotto lo sguardo immobile della secolare statua di Papa Sisto V, non c’è il consueto via vai di studenti universitari in un mattino di primavera, ma di diverse decine di uomini in divisa o gilet con scritte, tutti rigorosamente muniti di casco. Nella piazza trovano posto i mezzi dei vigili del fuoco di Tolentino, il camion dei Carabinieri per il nucleo tutela del patrimonio culturale di Ancona, gli uomini del Mibact con il loro gilet blu, i volontari di Legambiente con quello giallo, i volontari di Macerata soccorso in divisa, un giovane volontario della Protezione civile di Camerino. Per la Curia di Camerino oltre all’arcivescovo monsignor Francesco Giovanni Brugnaro, ci sono il parroco monsignor Franco Gregori, gli addetti ai beni culturali ed all’ufficio tecnico.
Nella chiesa devastata dal sisma, con i due campanili già rinforzati con assi in legno e l’intera struttura messa in sicurezza, all’inizio entrano solo i vigili del fuoco. Oggi sono cinque, tutti di Tolentino, iniziano le operazioni di smontaggio delle pale d’altare, dei dipinti sacri che vanno dal Seicento all’ottocento, il recupero degli arredi sacri dalla cappellina invernale in cui all’interno c’è un crollo parziale, i bracci dei candelabri, parti di lampadari. Nella chiesa che simboleggia il ministero della cattedra vescovile di cui Camerino è sede, ci sono centinaia e centinaia di oggetti, l’operazione di recupero durerà diversi giorni. I vigili, coordinati dal capo distaccamento di Tolentino Elvio Tedeschi, da circa due mesi fanno parte di una squadra voluta dal comandante provinciale Achille Cipriani, dotata di mezzi specializzati e personale preparato secondo le tecniche Saf, specializzato nei “recuperi impossibili”, da edifici semi-crollati, con interni pericolanti, utilizzando tecniche meticolose, in modo da non rischiare la vita o il danneggiamento dei manufatti. La logistica dei sopralluoghi e dei recuperi è coordinata dall’ingegner Stefano Tasso del comando vigili di Macerata, insieme alla Soprintendenza ed all’unità di crisi regionale per i beni culturali, ed ai carabinieri Ntpc.
La statua di Papa Sisto
Il recupero avviene in modo coordinato, ciascuno nel proprio ruolo, come in una perfetta catena di montaggio che ormai da ottobre funziona a pieno ritmo. Prima entrano i vigili, effettuano lo smontaggio delle opere d’arte, alla presenza di un tecnico del Mibact e dei carabinieri i quali poi portano le opere sino alla porta d’ingresso e le consegnano ai volontari. Le gigantesche pale d’altare hanno trovato posto sotto il cortile del palazzo arcivescovile per proteggerle dal sole primaverile. Entrano poi in azione i tecnici del Mibact che le catalogano, dettando alle giovani volontarie di Legambiente data, autore e caratteristiche di conservazione. Le opere sono poi stese a terra, sopra un tappeto turchese di moquette ed imballate con ogni cura. Tra le prime ad essere tirate fuori il gigantesco crocifisso ligneo e preziose tele del Cardellini. Ad ognuna viene assegnato un numero, il venti è per il busto argenteo di Sant’Ansovino, contenente una preziosa reliquia del Santo compatrono di Camerino, un manufatto settecentesco opera di un orafo romano.
“Ieri eravamo a Firenze per l’inaugurazione della mostra nella zona centrale degli Uffizi (leggi l’articolo), con trenta opere di vario genere, campane, dipinti, sculture lignee, oreficerie, prese dai luoghi sacri colpiti dal terremoto, espressione di quel vasto patrimonio di beni culturali, espressione della fede, di cui la nostra arcidiocesi è ricca – ha detto l’arcivescovo Brugnaro che ha aiutato personalmente a portare fuori alcuni oggetti sacri – ben tredici provengono dal nostro territorio, in queste opere ho rivisto i volti della nostra gente. Il ricavato servirà a finanziare restauri e ristrutturazioni, dei manufatti artistici che la gente ha a cuore tornino nel territorio”. Pierluigi Moriconi, dipendente camerte del Mibact, entra nel dettaglio dell’operazione di recupero: “Stamane sono iniziate le operazioni di recupero, concordate con l’arcivescovo Brugnaro, l’unità di crisi regionale Mibact con la dottoressa Giorgia Muratori, la Soprintendenza regionale con l’architetto Carlo Birrozzi, il comando Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri con il maggiore Carmelo Grasso, il comando dei vigili del fuoco, i volontari di Legambiente e Macerata Soccorso. Abbiamo già recuperato il crocefisso ligneo, le tele del Cantarini ed altri preziosi oggetti, messi in sicurezza nel deposito della Curia. Si lavora incessantemente da mesi, il grosso dei beni culturali dell’arcidiocesi è stato messo in sicurezza, con tutti i componenti di questa squadra, vigili, carabinieri, tecnici e volontari collaboriamo con grande sintonia, il loro lavoro è prezioso. Sinora sono state salvate oltre settemila ottocento opere”.
Non ci sono solo statue, quadri ed arredi sacri. Il patrimonio archivistico delle oltre duecento parrocchie dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino conta due chilometri e mezzo di materiale, di cui sinora ne è stato messo in sicurezza la metà. “E’ un lavoro egualmente prezioso e faticoso quello della messa in sicurezza dei beni archivistici, importantissimo per la nostra storia – rimarca l’arcivescovo Brugnaro – il personale lavora sodo e con profonda dedizione, ma è sempre poco rispetto alla mole di lavoro da fare, speriamo anche che la primavera ci agevoli in quest’ora”. Per il momento si è grosso modo a due terzi del lavoro fatto, terminato il recupero dei beni culturali a Visso, Ussita, Pieve Torina, Pievebovigliana di Valfornace, Castelraimondo. Resta da finire a Castelsantangelo, Apiro ed altri luoghi. A Nocelleto di Castelsantangelo, nei giorni scorsi è stato particolarmente difficile recuperare beni dalla chiesa semi crollata. I vigili hanno dovuto segare le porte e calarsi dall’alto, per recuperare le campane. E’ anche grazie al loro lavoro duro e silenzioso, sotto ogni condizione atmosferica, se le generazioni del futuro potranno ammirare di nuovo, magari nei luoghi di provenienza ricostruiti dalla devastazione del sisma, il vastissimo patrimonio secolare d’arte che si trova disperso nelle centinaia di piccoli borghi, delle zone montane ferite dal sisma.
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