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L’addio di Macerata a Graziano Colotti
Don Teodoro: “Formava grandi uomini,
prima alla vita poi al calcio”

IL RICORDO - In chiesa i ragazzi delle giovanili dell’Us Appignanese, la sua ultima squadra. L’addio degli amici, il cordoglio di Gianni Mura, editorialista di ‘Repubblica’. Una vita intensa pur segnata dal lutto della perdita della figlia: dal sindacato al laboratorio di ‘Città dell’Uomo’ ma soprattutto la formazione dei ragazzi grazie allo sport e alla cultura. “Devono diventare grandi uomini non grandi calciatori” amava ripetere

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Funerale Graziano Colotti_Foto LB (2)

Chiesa delle Vergini gremita per l’addio a Graziano Colotti

Graziano Colotti

Graziano Colotti

 

di Maurizio Verdenelli

(foto di Lucrezia Benfatto)

Alle ‘Vergini’ un addio commosso a Graziano Colotti, morto a 63 anni (leggi l’articolo). Sold out i parcheggi del quartiere, affollata la grande chiesa. Centinaia e centinaia di amici, vigili urbani giovani ed anziani (gli ex colleghi) insieme con ufficiali e la dirigente Roberta Pallonari, con ex comandanti del Corpo, il sindaco Romano Carancini, l’assessore allo Sport Alferio Canesin, il candidato sindaco Deborah Pantana, ex amministratori e, in prima fila con i familiari, loro i ‘ragazzi’ di Graziano. Nelle loro tute azzurre gli allievi dell’Us Appignanese, la sua ultima squadra. Per il rito funebre, il celebrante don Teodoro ha scelto la lettura delle ‘Beatitudini’: mitezza e grandezza. Al termine hanno ricordato lo scomparso, Gianfranco Bernabei (suo collaboratore sportivo), i giovani dell’Appignanese e a nome della comunità delle ‘Vergini’ Toto Fusari. Infine la nipote, figlia della sorella Luciana che ha indicato lo zio come “proprio modello di vita” leggendo anche dalla biografia di Gigi Riva il passo del clamoroso ‘no’ di ‘Rombo di Tuono’ alla Juventus. Le offerte dei fedeli sono state destinate all’Ail, l’associazione contro la leucemia, la malattia che a 13 anni consumò, a metà degli anni 80, la vita di Elia Colotti, la figlia.

Quando lo vidi ‘morire’ o meglio quando morì una parte della sua anima, fu circa trent’anni fa. Impeccabile nella divisa di vigile urbano indossata con la classe di un generale (era stato prima, carabiniere) lo incrociai nel piccolo parcheggio della piazzetta ex Aem dove s’affacciava il comando della Polizia municipale. Eravamo stati sempre in contatto a causa delle notizie che emergevano dalla ‘battaglia’ sindacale che lui, segretario provinciale Cgil-Funzione Pubblica conduceva in quegli anni pure talvolta in contrasto (“ma poi andiamo a farci un bicchiere insieme”) con il delegato di reparto, il m.llo Rolando Vissani -sindaco carismatico di Petriolo dov’era prevalso a sorpresa sul predecessore: il celebre l’avv. Domenico Valori, principe del Foro ed ex deputato del Pci. Erano i tempi del sindaco Carlo Cingolani, l’assessore alla viabilità era il socialista Tonino Corsalini, soprannominato l’Ayatollah; il comandante dei Vigili il perugino Romeo Bianchi. Erano, però, giorni quelli che superata ogni disunità interna, i colleghi, tutti, si erano stretti attorno a Graziano: “Il suo lutto –ricorda ora Vissani- era il nostro lutto”. La morte di Elia aveva sconvolto non solo loro, ma l’intera Macerata. Quando dunque incrociai Colotti, ero imbarazzato. Da cronista ero addestrato ad utilizzare, anzi a tesaurizzare (infame mestiere!) ogni disgrazia umana ad esclusivi fini diffusionali: per conseguire cioè il ‘tutto esaurito’ in edicola, battendo la concorrenza. Comprese quell’imbarazzo ed insieme il mio personale ‘naufragio’, Graziano: avvenne nella sintesi del lampo dei suoi occhi. Mi disse per non parlarmene mai più, senza citare neppure in quel momento la figlia: “La mia vita è finita, niente può interessarmi oltre”.

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Il piazzale della chiesa dopo il funerale di Colotti

Fu l’annuncio del congedo alla sua ‘parte pubblica’, la rinuncia alla ‘battaglia’ portata avanti. Elia non c’era più, a che serviva il resto? cosa restava del giorno per un padre ferito a morte? Devo confessare che non ‘ci’ credevo a quell’abbandono all’apparenza distaccato: neppure una lacrima, non un moto di disperazione. All’improvviso però quell’assenza mi afferrò trascinandomi dentro ad un dolore muto, davanti ad un grumo nero che Graziano aveva già ‘seppellito’ dentro. Che lo avrebbe macinato giorno dopo giorno, anno dopo anno nel silenzio, in quella propria consueta riservatezza dove ogni manifestazione di ‘sé’ è negata. Se mai avessi avuto mai un dubbio nell’esperienza terribile di 48 anni da cronista, che cioè la morte di un figlio ti uccide seppur lentamente, la ‘morte’ annunciata del ‘soldato Colotti’ me l’ha ora definitivamente cancellato.
Non si piangeva addosso Colotti. Amava anzi dire: “E che problema c’è?” -ha ricordato Fusari al funerale questa mattina nella chiesa delle Vergini, vinto alla fine dalle lacrime anch’egli. Sorrideva, coinvolgendoti, facendoti vedere avanti. “Si pigliava un sacco d’impegni, ecco perché non era quasi mai puntuale. Era grintoso perché voleva che i suoi ragazzi dessero tutto in campo con dignità ed onore, uscendo a testa alta. Era, diciamocelo, un po’ ‘gnorantuccio ma ci siamo preoccupati vivamente quando progredendo il male non lo è stato più” ha detto ancora l’amico.
Funerale Graziano Colotti_Foto LB (3)Morta la sua bambina, Graziano, ex bravo calciatore alla Oriali, decise di diventare ‘padre di tutti’. Un’adozione, un’affiliazione sul campo. Eccolo alla Maceratese, alla Robur, poi a Tolentino, a San Severino (Settempeda), a Corridonia e tre anni fa ad Appignano. “Ventanni fa aveva fatto alla società questa promessa, ha fatto in tempo a mantenerla. Anche quando stava davvero male, al telefono non faceva mancare la partecipazione, la sua presenza certa a breve. Per lui era importante formare grandi uomini, non grandi calciatori” hanno detto i ragazzi. E don Teodoro, emozionato al pari di tutti: “Ha insegnato loro a vivere prima che a tirare calci ad un pallone”.
“Capisci? c’è qui un problema enorme. Viene dalle famiglie soprattutto, l’aspettativa eccessiva intorno ai figli che loro mandano alla scuola calcio. Cerco di convincerli: non è importante diventare fuoriclasse ma crescere davvero”. Era questo un concetto che nel dialogo tra me e lui s’era sostituito a quello delle diatribe sindacali e che l’appassionava. Così Graziano mi coinvolgeva in dibattiti. Ne ricordo uno, davvero riuscito, agli inizi del duemila, a Tolentino a palazzo Sangallo, con società sportive, allenatori, cronisti sportivi, ragazzi e genitori. Un successo! Un’altra volta fece conoscere nelle scuole tolentinati, presente anche mister Fabrizio Castori (l’allenatore del Carpi in serie A) il libro del direttore del ‘Guerin Sportivo’, Matteo Marani sulla biografia di mister Arpad Weiz morto in un lager nazista: aveva allenato l’Inter, lanciato Peppin Meazza e conquistato lo scudetto con il Bologna. Marani era un grande estimatore di Colotti cui dedicò poi un editoriale. Una stima nutrita per lui pure dall’editorialista di ‘Repubblica’, Gianni Mura: “Era una persona eccellente, mi dispiace davvero tanto” ha detto a Stefano Giustozzi che ieri gli ha annunciato per telefono la morte dell’amico comune.
Funerale Graziano Colotti_Foto LB (1)Alla politica, comunque, Colotti non aveva del tutto rinunciato, entrando di diritto agli inizi degli anni ’90 nel laboratorio che diede vita all’esperienza di ‘Città dell’Uomo’ con Valerio Calzolaio, Paolo Matcovich e Gian Mario Maulo, poi sindaco di Macerata dal ’94 al ’97. Tuttavia la fine prematura di quel ‘laboratorio’, dove sembrava che i partiti avessero fatto finalmente un passo indietro rispetto alla società ‘reale’, gli chiarirono ancora di più che soltanto cultura e sport, in aula e sul campo, possono davvero aiutare a far crescere i giovani e dunque una nuova società al passo con i tempi. Anche e soprattutto a Macerata. Così sempre anche quando quel male terribile ha cominciato a manifestarsi. “E che problema è?”, silenzio, lavorare e pedalare fino alla fine.
L’ultima volta (non lo sapevamo ancora) che io e lui ci siamo visti è stato l’8 ottobre scorso, all’Asilo Ricci, per il quarto festival di Overtime. Al centro l’amico comune Gianni Mura, intervistato da Valerio Calzolaio. Ad accompagnare il famoso giornalista, c’erano Giustozzi, Florindo Mancinelli e lui, Graziano. Ricordo ancora quel lampo, ironico ed affettuoso, dei suoi occhi che avevo imparato a conoscere bene in tanti anni. Ti avvolgevano per interrogarti: “A che punto è la (tua) notte?”. Naturalmente tu comprendevi il vero significato di quel silenzio o di altri frasi, ancora. Non ti trovavi forse davanti ad un uomo eretto, pur piegato da quel male oscuro che aveva cominciato a spezzarlo tanto tempo prima? “Negli ultimi tempi –ricorda Stefano Giustozzi- ci siamo sentiti al telefono o via mail: lui sempre impegnato, pur fiaccato dal male di cui mai parlava, sul fronte della comunità, dei giovani, degli allenatori nelle varie categorie che coordinava, al solito, con autorità paterna. Era un hombre vertical, Graziano!”.
“Mio zio, un hombre vertical” con commossa fierezza ha ripetuto questa mattina la nipote, nell’ultimo addio, dall’altare nel santuario delle ‘Vergini’. Un hombre vertical di cui ‘questa’ Macerata sentirà la mancanza. La sentiranno soprattutto i tanti amici, la folla dei ragazzi addestrati prima di tutto ad essere uomini. Graziano, amico nostro, abbiamo avuto il grande privilegio di conoscerti e di stare ‘dalla tua parte’, grazie per ogni momento che sei stato con noi.

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Tantissimi i messaggi di cordoglio alla notizia della morte di Graziano Colotti  nei commenti su Cronache Maceratesi (leggi l’articolo)

 

 

 



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